La Stampa, 1 novembre 2019
In vendita il garage dove nacque la Juventus
All’interno di un palazzo in corso Re Umberto è in vendita un pezzo di storia della città: un garage. Siamo al civico 42: dentro c’è un cortile. In fondo, un basso fabbricato di fine ’800. Lì è nata la Juventus. E oggi quel piccolo edificio è un box auto, in vendita.
Ad aprire la porta del palazzo sono i proprietari: Chiara Borghesio, 45 anni, e il marito, Davide Biasiol, 50. È stato il bisnonno di lei a costruire lo stabile, negli Anni 20 del secolo scorso, comprando direttamente dai fratelli Canfari, fondatori e presidenti del club. «Abbiamo deciso di venderlo, magari a qualcuno che possa restituirgli la sua importanza - raccontano -. Non ha senso tenerlo così».
La storia di quel fabbricato è abbastanza nota. Un gruppo di liceali del D’Azeglio, appassionati dell’allora Football, si ritrovava lì, in quella che ai tempi era l’officina ciclistica dei Canfari. «Ragazzi più grandi, che davano loro un posto dove ritrovarsi, in cui potevano fare quello che fanno tutti i giovani, al riparo dalla strada - dice Davide -. Era la loro tana, le testimonianze dicono che parlavano di quel posto come se avesse un’anima». Ufficializzata la nascita della società del 1897, la prima sede fu proprio l’officina di corso Re Umberto 42. Il resto è storia.
Quella zona, la Crocetta, era la perla della Belle Époque cittadina, e negli edifici più piccoli nascevano officine, come adesso, negli scantinati, aprono le start-up. Steve Jobs ha creato il suo impero in un garage. Ecco, la Juve è nata in quel box. « È stato il mio bisnonno a comprare l’area e a edificarla, costruendo un palazzo intorno all’officina» racconta Chiara. Da lì in poi il box è stato tramandato in famiglia, seguendo le epoche. «Mio nonno Carlo Borghesio, regista di Macario e vincitore della Mille Miglia, lo usava per le auto». Anche il padre di Chiara, Andrea, è stato uno sportivo, campione italiano di motoscafi fuoribordo: «Voleva venderlo il box, ma vista tutta la storia che c’è passata dentro aveva cercato qualcuno che lo potesse valorizzare - continua -. Ed è anche la nostra volontà. Ci piacerebbe trovare qualcuno che possa dargli un significato». Ma c’è anche un altro motivo: «Per me che tifo Toro è difficile tenerlo», scherza Davide.
Moglie e marito, assieme alle figlie, formano un gruppo curioso di sport e colori: «Entrambi eravamo canottieri, lei è stata più volte campionessa nazionale, mentre io sono più avvezzo ai secondi posti». Anche le bimbe sono tifose: «Una è bianconera come la mamma, l’altra ha seguito il papà, e la terza ancora deve decidere», sorride Davide. Che ha pure un suggerimento per i cugini rivali. «Hanno vinto tutto, ma gli manca la Champions League. Ecco, allo stesso modo hanno lo stadio nuovo, ma non la sede dov’è nata la società. Fossi in loro sarei scaramantico, e ci farei un pensierino. Magari le due cose sono collegate».