Foto di Luciano Di Bacco per Dagospia, 31 ottobre 2019
CAFONAL “BARBAPAPA’” – SCALFARI SCATENATO ALLA PRESENTAZIONE DEL LIBRO DI GNOLI E MERLO SULLA SUA VITA DA ROMANZO: "DE BENEDETTI? HA FATTO BENE A LASCIARE LA PRESIDENZA ONORARIA DI GEDI” – SU VERDELLI: “NON CI CONOSCEVAMO, MA"CI SIAMO INNAMORATI" - PAPA FRANCESCO MI HA DETTO: ‘PREGO PER LEI, LA PREGO DI FARE ALTRETTANTO’. ALLORA GLI SPIEGO: "SANTITÀ, NON SONO CREDENTE". E LUI MI HA RISPOSTO…" - BUTTAFUOCO: “LIBRO PERFETTO PER VINCERE LO STREGA” - ECCO CHI C'ERA ALLA PRESENTAZIONE: FOTO -
Da “Libero quotidiano” «Ha deciso giustamente di andarsene. E una creatura singolare che io ho conosciuto, ci siamo voluti bene e abbiamo collaborato, poi piano piano i nostri destini si sono divisi». Così Eugenio Scalfari, fondatore e storico direttore del quotidiano «Repubblica», a margine della presentazione del libro "Grand Hotel Scalfari", scritto da Antonio Gnoli e Francesco Merlo, commenta la decisione di Carlo De Benedetti di lasciare la presidenza onoraria di Gedi, il gruppo che edita «Repubblica», «La Stampa» e «Secolo XIX».
«Io non voglio dire che aveva tutti i torti, io stavo con i figli, lui litigò anche con loro, poi ha rinunciato - ha aggiunto Scalfari- Ha detto non sono un presidente effettivo e quindi è inutile che io sia presidente onorario». Per il direttore di Repubblica Carlo Verdelli l' addio di De Benedetti è un vero e proprio «lutto».
2 - HOTEL SCALFARI Cecilia Cirinei per “la Repubblica - Edizione Roma”
Alle 18 già non si trovano posti a sedere. Pienone da grande evento ieri pomeriggio al Tempio di Adriano in Piazza di Pietra. È stato presentato alle 18,30 il libro sul fondatore di "Repubblica" Eugenio Scalfari "Grand Hotel Scalfari. Confessioni libertine su un secolo di carta" (edito da Marsilio). A leggere brani del volume l' attore Roberto Herlitzka mentre sul palco, a moderare l' incontro, Simonetta Fiori. Seduti accanto a lei i due autori Antonio Gnoli e Francesco Merlo, Paolo Mieli, storico ed ex direttore del Corriere della Sera, e Carlo Verdelli, attuale direttore di Repubblica. Alle 19,30 Eugenio Scalfari, 95 anni e mezzo (precisa), nato nel 1924, sale sul palco in jeans e pullover. Applausi del suo pubblico, della grande "famiglia" di Repubblica in sala da Raimondo Bultrini a Daniele Mastrogiacomo.
Fra le prime ad arrivare le figlie Donata ed Enrica Scalfari, Alberto Asor Rosa, Irene Bignardi, Michele Ainis, Angelo Guglielmi, Selma Dell' Olio, moglie di Giuliano Ferrara e Jas Gawronski che dice: «Per me Scalfari è "il giornalismo" Ha reso questa professione qualcosa che la gente ammira ». Paolo Mieli racconta: «Ci siamo conosciuti che avevo 18 anni, sono cresciuto alla sua scuola, è stato il mio primo direttore all' Espresso. Ed è un amico da oltre 50 anni. Questo libro va letto come un romanzo». E ancora, Pietrangelo Buttafuoco: «Il libro è così festoso. Penso che sia perfetto per vincere il Premio Strega». Herlitzka comincia a leggere alcuni brani, si parla dell' infanzia, della storia della barba di Eugenio e dei suoi genitori.
Paolo Guzzanti commenta: «Ci siamo rivisti un anno fa dopo tanto tempo. Mi fa piacere che abbia questa soddisfazione trionfale». Selma Dell' Olio sottolinea: «È un' icona del giornalismo. Non si poteva non venire». Il libro è scritto in prima persona. Verdelli dice: «Prima di diventare direttore non lo conoscevo e mi sono augurato di fare colpo su Scalfari. E lui mi ha stupito. Mi ha fatto un gran regalo, un pomeriggio a casa sua». E Scalfari guardando Verdelli precisa: «Non ci conoscevamo, ma direi che "ci siamo innamorati". A volte quando siamo insieme ci viene da piangere o perché abbiamo capito una cosa bella o brutta o entrambe. Questa è la vita e questo commuove ».
3 - "LE MIE CONFESSIONI DI LIBERTINO OTTIMISTA" Silvia Fumarola per “la Repubblica”
Una vita da romanzo in cui l' infanzia, il rapporto con i genitori, i ricordi lontani sono vivissimi e hanno lasciato il segno. Roberto Herlitzka legge le prime pagine di Grand Hotel Scalfari-Confessioni libertine su un secolo di carta di Antonio Gnoli e Francesco Merlo, edito da Marsilio, e il fondatore di Repubblica è un bambino che osserva il padre mentre si rade.
Le pagine sulla barba («è stata una carta d' identità») raccontano l' uomo e il tempo che passa «sono novantacinque anni e mezzo, anche la barba si è fatta fragile». L' infanzia cattolica («Oggi mia madre sarebbe felice che sono amico di Papa Francesco »), la straordinaria avventura della nascita di Repubblica, le battaglie politiche, gli amori, il rapporto con gli amici e i nemici. «È un capolavoro scritto apparentemente da me, ma io non ho scritto una parola» dice Scalfari alla presentazione del libro, a Roma, in un incontro affollatissimo al Tempio di Adriano moderato da Simonetta Fiori, con gli autori, il direttore di Repubblica Carlo Verdelli e Paolo Mieli. In platea Alberto Asor Rosa, Piero Citati, Irene Bignardi, Paolo Guzzanti presenti tanti giornalisti - di ieri e di oggi - legati a Repubblica.
Scalfari saluta la sala sorridendo: «Ma vi conosco tutti! È come stare a casa mia. Questo libro» dice «mi ha fatto capire cose che erano dentro di me e loro le hanno rese esplicite. È molto speciale. Una specie di Madame Bovary... Gli autori mi hanno fatto una quantità di domande, poi hanno raccolto altre informazioni ma non mi hanno detto che scrivevano un libro. Non ho scritto una riga ma mi sono riconosciuto». La passione per il giornalismo che segna la sua vita (dell' ingegner Carlo De Benedetti, presidente onorario del gruppo Gedi dice:
«Creatura singolare, ha deciso giustamente di andarsene», riferendosi alle recenti dimissioni), Scalfari è raccontato da Gnoli e Merlo che scrivono in prima persona, come se fosse lui l' autore. «Mai mi sarei immaginato che Eugenio affidasse ad altri di scrivere la sua vita» osserva Mieli «è un romanzo in cui due bravissimi giornalisti trattengono quello che a lui sta a cuore. Viene fuori un quadro diverso, in cui il passato è importantissimo. Gli anni recenti lo sono molto meno. Lo hanno colpito più i nemici degli amici: Craxi è citato, Prodi una sola volta».
«Abbiamo cercato il filo rosso che unisce i mille Scalfari - ha spiegato Merlo - . Secondo noi è l' ottimismo, la gioia di vivere che nemmeno il fascismo e la guerra hanno scalfito. Repubblica somiglia al casinò di Sanremo che il padre dirigeva, c' è la commedia umana del fascismo e dell' antifascismo. Con un po' di audacia abbiamo trovato la misura. Scalfari è lo spartito e noi lo abbiamo suonato». Già il titolo, Grand Hotel Scalfari, suggerisce lo scorrere la vita, gli incontri. «Dà l' idea delle storie che entrano in un ambiente e vengono restituite» dice Gnoli «un luogo letterario in cui si intrecciano divertimento, nostalgia, storia, racconto».
Repubblica viene fondata nel 1976, diventa un punto di riferimento per le battaglie sociali, è la grande avventura di un giornale che diventa community. «Quando superammo il Corriere » ricorda Scalfari «ho avuto paura: eravamo attrezzati a fare i cani che inseguono, non le lepri che fuggono ».
«Scalfari come Montanelli e pochissimi altri, è un maestro» dice il direttore di Repubblica, Carlo Verdelli «Quando sono arrivato al giornale, da barbaro, perché non appartengo alla grande famiglia di Repubblica, temevo molto il primo incontro con Scalfari, volevo fare colpo su di lui e mi ha stupito. Abbiamo passato un pomeriggio insieme e lo ricordo come un punto di svolta. Smisi di sentirmi un barbaro e cominciando a lavorare per capire quale giornale fare, sono risalito alle sorgenti per ricongiungermi a quel giornale». Scalfari ricambia: «Se me lo consente dico che ci siamo innamorati, al punto che spesso vado nella sua stanza e a volte, toccando quello che uno di noi pensa, ci viene da piangere. O perché abbiamo capito una cosa bella, o perché abbiamo capito una cosa brutta. E questo ci commuove. Io sono sentimentale ».
Rivela che quando parla con Papa Francesco, il pontefice gli dice: «Prego per lei, la prego di fare altrettanto. Allora gli spiego: "Santità, non sono credente". E lui mi dice: "Pensi a me, è la stessa cosa pensare a una persona volendole bene"».