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 2019  ottobre 31 Giovedì calendario

Storie di politici al ristorante

Nostalgia canaglia. Franco Fiorito, il Batman di Anagni, portò la politica nell’amatriciana, nel senso proprio del termine: la sporcò di sugo e di pezzetti di guanciale. Più spaghetti, più condimento, più accordi al pecorino romano. E così lasciò al fortunato oste, Pasqualino al Colosseo, 19.501 euro per via delle numerose performance gastronomiche destinate a risolvere i conflitti e dare al Lazio un equilibrio di governo. Lo stress, l’ansia da prestazione, anche i contrasti, condussero Fiorito a far ricorso all’Angolo del vino, dove si mangiava a meraviglia. Ventunomila euro e giustamente mise in conto alle finanze pubbliche.
Ora ricordiamo a fatica Fiorito, gonfio come un pallone, consigliere regionale in forza al centrodestra, un macina voti, un intavolato cronico dalle note spese facili, condannato (due anni e undici mesi) e scomparso dalla scena. Il magna magna, segnapasso dialettale romanesco col quale si accusa e un po’ s’invidia il potere che se ne fotte (e magna) e spende in conto terzi, è una pratica che negli anni si è un pochetto alleggerita. Si spende di meno, con qualche cautela in più. Comunque se magna. Mondo è stato e mondo è, e lo stomaco della Repubblica, che è anche il titolo di un libro eccellente di Filippo Ceccarelli, ha sempre avuto un riguardo speciale.
Secolo scorso. Il centrosinistra nasce da Geppetto al pescatore. È il 1960 e l’accordo si trova anche grazie alle vongole veraci, al branzino in guazzetto, al risotto che Fanfani, Saragat e La Malfa ordinano mentre preparano la svolta.
Saltando gli anni e pure il secolo, la manovra economica dei Cinque Stelle, quando erano compagni di gioco dei leghisti, quella di Quota 100 e Reddito di cittadinanza per intenderci, fu siglata davanti a un filetto di vitella con broccoletti ripassati. Di Maio è fissato con la carne, e la cerca sempre. Conte e Salvini, all’epoca amicissimi, invece si tuffarono su una grigliata di calamari. Mangiarono da Sabatino, ristorante del centro né caro né modico. Avranno pagato con la loro carta di credito, si spera.
Comunque l’atmosfera di ieri non è quella che viviamo adesso. Tutta un’altra storia, e un altro fatturato. Quando più ritroveremo un conto da 26.582 euro che Pierluigi Daccò, il faccendiere milanese che aveva in carico Roberto Formigoni, l’ex governatore della Lombardia dal lifestyle ricercatissimo, dovette sganciare al Sadler, il restaurant super chic milanese, per le puntatine a tavola in cui spesso (troppo spesso secondo i giudici) anche Roberto il Celeste si trovò.
Attovagliati di tutto il mondo, unitevi! Non per dire, ma Bettino Craxi era habitué dei Due Ladroni, forchetta romana di piazza Nicosia. Il suo sodale Gianni De Michelis lasciò un conto al Plaza da pagare di 490 milioni di lire per i soggiorni suoi e di amici. Di questi, 90 di extra. Il pentapartito a quei tempi andava da Fortunato. Mezza Dc e mezzo Psi erano lì sempre. Romano Prodi da premier ci portò Helmut Kohl, il cancelliere tedesco dalla taglia extralarge. Il cerimoniale di Palazzo Chigi raccomandò una sedia robusta e porzioni generose. Ma non bastò. Kohl chiese il bis di ogni piatto e così il pranzo dio lavoro divenne cerimonia nuziale.
Bei tempi, altro che adesso! Ricordate Luigi Lusi, il tesoriere della Margherita che imboscò venti milioni di euro? Magnava eccome. Per esempio alla Rosetta al Pantheon. Spaghetti al caviale da 180 euro, paga il partito.
Questi di oggi sono più frugali. I renziani, in piazza di Pietra, vanno da Spiriti o Salotto 24. Matteo, il loro capo, gode se mangia da Baccano, vicino Fontana di Trevi. Salvini più da Gusto, a piazza Augusto Imperatore. I Cinque Stelle all’Osteria del Sostegno, che nel nome un po’ inquieta. Silvio Berlusconi invece a tavola è stato sempre rigoroso, dietetico, misurato: le famose penne tricolori, la spigola all’acqua pazza, il gelato al limone. Questo chiedeva al suo cuoco Michele. Con Silvio, Forza Italia dimenticò l’aglio che al padre padrone non piaceva, ogni frittura fu bandita e gli eccessi deviati verso altri piaceri.
Sappiamo che Fratelli d’Italia ha un deputato oste, Paolo Tracassini. Suo La Campana, in piazza Nicosia. Sappiamo che Denis Verdini ha il figlio Tommaso gestore di Pastation in piazza di Campo Marzio.
Piace mangiare e bere. Ma, diciamoci la verità, a chi piace pagare?