Il Sole 24 Ore, 31 ottobre 2019
La Cina e i computer quantistici
«Siamo ai tempi dei fratelli Wright, il primo aereo ha volato per solo 12 secondi, in pratica non è servito a nessuno. Ma il loro esperimento ha dimostrato la reale certezza che un aereo potesse volare». Sono le parole del Ceo di Google Sundar Pichai in una intervista a MiT Technology Review il giorno dopo la pubblicazione dello studio che avrebbe confermata la supremazia di Big G nella corsa al computer quantistico. Sycamore, la macchina da 54 qubit costruita da Google, ha dimostrato che una sequenza di numeri casuali è realmente casuale. Per semplificare, Google avrebbe chiesto al suo computer di svolgere un’operazione matematica complessa generando numeri a caso. E lei lo ha fatto in soli 3 minuti e 20 secondi. Un calcolo che un supercomputer tradizionale risolverebbe in 10.000 anni. L’esperimento è stato salutato come l’inzio di un’era. Per la prima volta il computer quantistico sembrerebbe qualcosa di reale. Lontano nel tempo ma reale, anzi realizzabile.
Non siamo però un piano inclinato.Gli scienziati da decenni stanno studiando come gestire i quibit. Per sfruttarne le caratteristiche e quindi mantenere quella che è chiamata coerenza quantistica servono temperature bassissime, devono essere isolati in condizioni di laboratorio particolari altrimenti collassano. Come ha spiegato Jim Clarke, direttore del Quantum Hardware research group «gli oggetti quantistici sono estremamente sensibili: basta un campo magnetico piccolissimo per interferire con il loro stato. Qualsiasi tipo di manipolazione è immediatamente percebile». Ecco perché nessuno si sbilancia ancora nel presentare ufficialmente una roadmap con tempistiche inferiori a dieci anni. Ma qualcosa nell’ultimo anno si è mosso accendendo un faro su tutti gli attori che stanno partecipando in modo più o meno segreto a realizzare quella che sarà la più grande rivoluzione nell’informatica dopo il computer a transistor. La strada percorsa finora è stata quella di usare dei superconduttori, dei metalli capaci di lavorare a temperature molto inferiori allo zero. Alcuni osservatori indipendenti hanno sottolineato come da qui ai prossimi dieci anni, i tempi stimati per avere una macchina pronta per il mercato, le novità vere arriveranno da chi studia nuovi stati delle materia superfredda. E non è detto che i primi ad arrivare siano i soliti giganti cino-californiani.
IonQ è una società del Maryland che ha appena raccolto 55 milioni di dollari da Samsung e da un gruppo di venture capitalist. Il suo approccio prevede di codificare i qubit in singoli ioni mantenuti in trappole elettriche e magnetiche. L’unico computer quantistico commerciale è della canadese D-Wave, del gruppo D-Wave Systems. Ci lavorano dal 2000, anno in cui hanno raccolti i primi finanziamenti. Oggi avrebbe rastrellato in totale più di 200 milioni di dollari. Tra gli azionisti il Governo canadese mentre tra i clienti i nomi di Google, Nasa, Los Alamos National Lab, Volkswagen. Il sistema di D-Wave 2000Q dovrebbe raggiungere 500 qubit ma la comunità scientifica nutre più di una perplessità per il metodo adottato.
Chad T. Rigetti è il fondatore di Rigetti Computing, società californiana che a oggi ha raccolto investimenti per 120 milioni di dollari in sette diversi round. Il nome di Rigetti si trova anche in numerosi brevetti sul quantum computing di Ibm (era un ex dipendente). Dietro ha YCombinator, l’acceleratore più famoso della Silicon Valley. Sviluppa dall’hardware al software e il suo approccio punta a codificare degli stati quantistici sotto forma di correnti oscillanti in anelli superconduttori.
Questo come altri scienziati collaborano a più livelli con più centri di ricerca. Come dire c’è un livello di ricerca nella corsa al quantum computing che si parla in modo ordinato. Il Big bang è avvenuto nei prima anni 2000 quando il Darpa non ha avuto più le risorse pubbliche per occuparsi da solo dello sviluppo delle tecnologie già avviate come la ricerca sui superconduttori. Parte di questo sviluppo è passato ai Big della Silicon Valleye ai principali centri di ricerca Usa.
Ad oggi, almemno per quello che sappiamo, in prima fila ci sono Google e Ibm: la prima con il Quantum Artificial Intelligence Lab dedicato alla ricerca e sviluppo quantistico e la seconda con Q System One, il primo sistema commerciale presentato a inzio anno e offerto in modalità cloud. In comune hanno un approccio di studio, lavorano sulle cosiddette giunzioni Josephson composte da due strisce di superconduttori separate da un isolante. Ma esistono anche altri filoni di ricerca, tra cui il più interessante è il topological quantum computing su cui sta scommettendo Microsoft (ma sono molto indietro).
In palio questa volta non c’è solo un mercato che secondo Deloitte varrà 45 miliardi di dollari nel 2022. C’è la sicurezza nazionale. Con una macchina da 500-mille qubit e con tecnologie e tecniche di correzioni di errori che ora non possediamo si può “rompere” la maggiore parte degli algorirmi di crittografia.Vuole dire accedere a una fetta consistente delle informazioni protette che circolano tra privati e imprese. Lo scenario è fantascientifico per gli esperti. In base alla informazioni che oggi possediamo mancano tre-quattro salti tecnologici. Ma per le intelligence nazionali e chi si occupa di cybersecurity è uno scenario da incubo.
Ecco perché non solo nei laboratori privati si lavora a nuova crittografia, basata su tecnologie come la distribuzione di chiavi quantiche in grado di rendere più sicura le trasmissioni di dati. Il quantum computing insomma è materia di interesse pubblico.
L’Europa l’anno scorso ha messo sul piatto un miliardo di dollari e ha riconfermato con la nuova Commissaria designata Ursula von der Leyen il suo impegno su questo campo. Il governo tedesco spenderà nei prossimi due anni 650 milioni di euro per esplorare insieme a Ibm nuovi territori del quantum computing, Ma pare essere la Cina la superpotenza nel campo con un programma di 10 miliardi di dollari per i prossimi cinque anni «Un computer quantistico iperveloce è l’equivalente digitale di una bomba nucleare – si legge nel libro di Raffaele Mauro ‘Quantum Computing’ -. Il vincitore della gara per costruire le prime macchine quantistiche efficienti potrebbe raggiungere un vantaggio geopolitico rilevante».