31 ottobre 2019
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Biografia di Raffaele «Lello» Arena
Raffaele «Lello» Arena, nato a Napoli il 1º novembre 1953 (66 anni). Attore. Cabarettista. Regista. Sceneggiatore. Ha fatto parte, con Massimo Troisi e Enzo Decaro, del trio comico La Smorfia • «Con la loro satira, sapientemente unita alla farsa napoletana della tradizione, i tre hanno conquistato il pubblico teatrale e televisivo» (Treccani) • Ha debuttato come comico in televisione nel 1977 con Non stop di Enzo Trapani e ha partecipato a La sberla (1978) e Luna Park (1979) • Famosissimo lo sketch in cui Troisi faceva la Vergine Maria e lui faceva l’arcangelo Gabriele, che entrava in scena dicendo: «Annunciaziò annunciaziò», in napoletano stretto • Ha recitato in Ricomincio da tre (di e con Massimo Troisi, 1981), in Scusate il ritardo (di e con Massimo Troisi, 1983, David di Donatello come migliore attore non protagonista) e in Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (Mario Monicelli, 1984). Poi, ha diretto e sceneggiato il film Chiari di luna (1988) e, in tivù, ha condotto Il principe azzurro con Raffaela Carrà (1989), Striscia la Notizia con Enzo Iacchetti (1995-96) e Scherzi a parte con Massimo Lopez e Eleonoire Casalegno (1997). Nel 2017 è stato ospite fisso a Che tempo che fa • «Ho incontrato tanti personaggi di grande spessore. Hanno inciso profondamente sulla mia personalità, ma la cosa curiosa è che tutti mi hanno sempre chiesto di essere me stesso» (Mario Basile, la Repubblica, 15/8/2014) • «“Nel mio lavoro ho incontrato geni, non gente ordinaria. A volte gioco con me stesso e mi chiedo se ho lavorato davvero con grandi come Jerry Lewis, Raffella Carrà, Johnny Dorelli, Mario Monicelli, Ugo Tognazzi, Beno Besson, i fratelli Taviani, Alberto Sordi. La risposta è sempre: ‘sì, ci ho lavorato’. Sono grato per questa fortuna […] Massimo? Non lo cito mai. Con lui c’è stato un rapporto profondo, di passione; per me l’idea che Massimo Troisi sia cresciuto all’interno della Smorfia, che abbia scelto per quell’arte sua e quel talento, enorme e oggi davvero irraggiungibile, che il posto buono per crescere fosse quello, mi rende ancora oggi orgoglioso”» (Giulio Baffi, la Repubblica, 31/7/2016) • «Troisi torna spesso nei suoi discorsi. “Anche se non volessi pensarci, sarebbe impossibile: il novanta per cento delle persone che mi ferma, chiede di lui”» (Alessandro Ferrucci, Il Fatto Quotidiano, 21/10/2013).
Vita Lello è figlio di operai comunisti, impiegati alla manifattura tabacchi: «“Mio padre, per un certo periodo, ha rigenerato le sigarette di contrabbando: arrivavano le bionde sequestrate, selezionava le categorie e valutava quelle che potevano rientrare nel circuito legale. Poi lo hanno spostato al ruolo di cuoco della mensa […] Un tipo serissimo. Gli affidarono un budget settimanale per la spesa: iniziò a comprare aragoste, mezza a testa. Tutti sconvolti. Scoprirono che i suoi predecessori rubavano”» (Ferrucci) • La famiglia Arena abita a Napoli, ma stare in città costa troppo. Così, quando Lello ha dodici anni, i genitori decidono di trasferirsi a San Giorgio a Cremano • «Sono appena dieci chilometri di distanza, ma nel primo periodo li ho maledetti, li ho accusati di egoismo, di volermi rovinare la vita, di volermi assassinare, da quello che consideravo il centro, mi portavano in periferia. E invece stavano costruendo il mio futuro, un futuro di passioni, ideali, cinema. Che non sarebbe mai stato possibile se non avessi avuto la possibilità di incontrare Massimo» (Ferrucci) • Lello e Troisi, infatti, sono coetanei, si conoscono al teatro della parrocchia • «“Lui aveva una fama leggendaria, perché era iper-attivo politicamente, era dentro a dei comitati, ma frequentavamo istituti diversi, lui geometra, io magistrali”. Da dove arrivava la fama? “Quando andava alle assemblee studentesche chiedeva sempre la parola perché era uno con delle idee già formate. Con un però: il suo stile, la sua mimica facciale e anche un punto di vista strampalato rispetto all’epoca, provocavano ilarità. Quindi esprimeva concetti agguerriti con una platea che rideva sempre. Ne usciva addolorato e ci chiedeva: ‘Ma che vita mi aspietta se la gente ride quando dico cose serie?’”. E poi? “Stavamo mettendo in scena un piccolo spettacolo per la parrocchia di San Giorgio a Cremano, uno degli attori dà forfait. Arriva il regista e fa: ‘Possiamo prendere questo ragazzo, pare faccia ridere molto’. Era Massimo”. Come andò lo spettacolo? “Dirompente. Il suo ruolo era quelle del salumiere che si presenta con un paniere di prodotti: doveva solo elencarli, libero nella sequenza. Macché, si ostinava a rispettare la scaletta, ma non riusciva a memorizzarla, così in scena era un continuo interrompersi e ricominciare, il pubblico con i crampi per le risate. Alla fine mi disse: ‘Scusa, ma è questo il teatro?’ Sì. ‘Ma ti posso venire a trovare qualche volta?’. Certo, sono in via Recanati […] Sparì per mesi, poi un pomeriggio d’estate sentii citofonare: ‘Ti ricordi di me? Posso salire?’. Fu una fortuna”» (Ferrucci) • Massimo e Lello diventano amici: «Amavano le stesse cose, anzi, le stesse persone: Totò e Peppino, ma a volte anche quei due stranieri: Stanlio e Ollio. E si divertivano come matti a rifarli, a imitarli in tutto e per tutto. Da grandi avrebbero fatto gli attori, si erano ripromessi. Si erano nutriti dei testi del Mastriani e delle parodie di Scarpetta, conoscevano la fortuna e la fame disperata dei “posteggiatori” e dei “cecati”, insuperati protagonisti della canzone popolare napoletana di fine Ottocento, avevano studiato sui testi di Ferdinando Russo e Raffaele Viviani. Disse una volta Troisi: “Mescolavamo teatro sperimentale e Eduardo, Fo e Viviani, un bel minestrone… Ma ci è stato utilissimo, per farci le ossa”» (Andreina De Tommasi) • «Il palco vi aiutava con le ragazze? “Per me no, lui era molto appassionato del genere e i guai arrivarono ai tempi della Smorfia”. Quali guai? “Non c’erano cellulari e Massimo non sapeva gestire certe situazioni, andavano smistate anche tre spasimanti”» (Ferrucci) • «Ai due si unì Enzo Decaro che portò in dote il bel canto, la bella presenza, e un ottimo orecchio musicale. I tre debuttarono in un teatrino parrocchiale […] poi cominciarono a tappeto nei localini napoletani, il successo cresceva, il pubblico rideva. Ma avrebbe funzionato la loro comicità fuori, oltre Napoli? Nel 1977 La Smorfia debutta al Teatro La Chanson di Roma, sarebbe dovuta stare per una settimana, dopo tre mesi erano ancora lì, le repliche non bastavano mai. L’eco del loro successo giunge in Rai: Mario Pogliotti, Bruno Voglino e Giancarlo Magalli vanno alla Chanson, si accomodano nelle ultime file (“per sentire il pubblico o per scappare, dipende”) e decidono all’istante che quei tre se li sarebbero portati a Non stop» (Andreina De Tommasi) • «Cosa pensavano [i suoi] della sua carriera? “Mia madre diceva ‘dove ti avvii, come fai?’. Per lei gli attori dovevano essere belli come Cary Grant, non come me”. Poi avrà cambiato idea. “Ricordo un giorno, siamo tutti in casa. I miei davanti al televisore mentre la Rai trasmette un programma registrato con noi della Smorfia. E mia madre: ‘Mo’ questo sta lì, ma quanto dura? ma che è un mestiere?’ Non solo. Una sera vengono al teatro Metropolitan, tremila paganti, e lei: ‘Oggi è così, chissà domani’. Un continuo”. Come reagiva? “Risolse tutto mio padre, quando decise di chiudere la questione con una frase storica: ‘Addolorà, finché non se ne accorgono fallo fa!’”» (Ferrucci) • La scenetta più famosa del trio La Smorfia è La natività, dal loro spettacolo Così è (se vi piace). Lello si vestiva da arcangelo Gabriele, mentre Troisi faceva la Madonna. Poi ci sono anche San Gennaro e l’Arca di Noè • «Arrivarono in Rai centinaia e centinaia di proteste, tutte le associazioni religiose. Siamo finiti in tribunale […] Ma la situazione si risolse in maniera semplice: il giudice ci chiese: “Volevate vilipendere la religione di Stato?” “No, era solo un pezzo comico”. “Va bene, andate” […] La Rai per anni lo ha chiuso nelle teche, temevano altre denunce. L’unico che si è preso la briga di farlo riemergere è stato Renzo Arbore» (a Ferrucci) • Nel 1979 il trio si scioglie, ma Lello rimane legatissimo a Troisi • Continuano a lavorare assieme, sia al cinema, sia alla televisione, finché Troisi, che soffriva di cuore fin da bambino, muore di infarto, il 4 giugno 1994 • «Fiori, lacrime e baci per Massimo, l’antidivo. Diecimila persone scandiscono il nome di Troisi, applaudono il fratello, l’amico mite e gentile che strappava il sorriso. “Massimo, Massimo”: la folla si stringe attorno alla bara di legno chiaro, mentre i familiari la portano a spalla nella chiesa di San Giorgio a Cremano. […] A piedi arriva Lello Arena: la sua carriera, la sua vita sono talmente intrecciate con quelle di Massimo che oggi sente morire dentro una parte di sé. Quando la gente lo riconosce, lancia fiori, lo abbraccia, grida “Lello, Lello”. Scatta un lungo, commovente applauso, Arena si rivolge a chi lo invita con un debole sorriso, entra nella chiesa in cui ci sono Enzo e Luigi, i fratelli di Troisi, e le sorelle Annamaria, Patrizia, Rosaria. […] “Non voglio assolutamente parlare, capite cosa provo in questo momento”, sussurra» (Ottavio Ragone, la Repubblica, 6/6/1994) • Dopo la morte di Troisi, Lello continua la carriera per conto proprio. Lavora molto in televisione: «Striscia andava in onda con la tensione di dire ‘chissà cosa accade questa sera’, la ricerca dello scoop. Rompevamo le palle. Si divertiva? Tanto, con Enzo Iachetti tantissimo. E poi Antonio Ricci era molto propositivo, a caccia di rogne. Un gruppo straordinario, giocavamo il pomeriggio a biliardino, battute, poi scaletta, cena, magari cinema. Una famiglia» (Ferrucci) • Continua a recitare al cinema – tra i suoi film Facciamo paradiso (Mario Monicelli, 1995), Ho ammazzato Berlusconi (Gianluca Rossi, 2008), Meraviglioso Boccaccio (Paolo e Vittorio Taviani, 2015) – e in teatro – Sogno di una notte di mezza estate, Miseria e nobiltà, L’avaro, Il caffè mi rende ancora nervoso • «“Io ho sempre preso porte in faccia”. Anche adesso? “Sì, anche ora che ho 64 anni. Mi succede in continuazione: in teatro, in cinema e in tv. Mi capita di metterci decenni per veder realizzati certi miei progetti. Evidentemente le mie idee non sono subito comprese”» (Katia Ippaso, Il Messaggero, 10/7/2018) • Dal 2019 insegna “Prosa” alla scuola di recitazione del teatro Cilea di Napoli: «Non basta passare una volta in televisione per diventare una star» (Nicola Garofalo, The Cloves Magazine, 6/10/2018).
Vita privata Due matrimoni. Del primo «non si sa nulla, poiché Lello preferisce mantenere la sua vita privata lontana dai riflettori» (Donna Glamour) • Il secondo (dal 2006) con Francesca Taviani, figlia del regista Vittorio Taviani • Un figlio per moglie: Valentina Arena (n. 1986), attrice, e Leonardo Arena (n. 2003) • Alla figlia, dispensa consigli: «“Inizialmente evitavo di seguirla, poi capii l’errore. Ora cerco di esserle di supporto anche per le questioni pratiche”. La trova brava? “A me piace molto, è fuori registro nel senso positivo, ma per le attrici è tutto più complicato, devono essere gradevoli, di talento; devono resistere a tutte le naturali ostilità dell’ambiente dedicate al femminile. Poi quando sono in platea mi gioco sempre un paio di coronarie”. Il piccolo? “A lui per ora ho trasmesso la passione per la magia, lo porto con me alle riunioni dei prestigiatori dove ci scambiamo i segreti del mestiere”» (Ferrucci).
Napoli «È stata la mia casa per tanti anni. Cittadino del mondo, ma da napoletano. Avere casa a Roma fa comodo, ma da quando Napoli si è riappropriata di ruolo e funzione producendo cinema, televisione, teatro, sono tornato “in sede” a lavorare con i napoletani e per i napoletani, producendo anche un indotto commerciale. Pensavo fosse faticoso, invece ho capito che sangue e pelle reagiscono in modo diverso se sto a Napoli» (a Baffi) • «Ora c’è Siani a portare in giro la napoletanità. “È un grande manager. Mi dà l’idea di uno che sa alla perfezione come vanno le cose, come colpire. Non capisco la sua tendenza a chiudersi dentro luoghi comuni”» (Ferrucci).
Commemorazioni «Per ricordare l’attore Massimo Troisi, prematuramente scomparso nel 1994, il suo sodale dei tempi della “Smorfia”, Enzo Decaro ha pensato bene di allestire uno spettacolo di rara tristezza. Significativa e apprezzata l’assenza di Lello Arena» (Aldo Grasso, Corriere della Sera, 07/06/2012) • «Ho avuto alcuni contatti, ma la serata era stata data in prima battuta a Enzo Decaro, poi ad Anna Pavignano, infine a me. Alla prima riunione, mi sono reso conto dell’impostazione sbagliata: Massimo era ai margini» (a Ferrucci) • Lello è stato contrario anche allo sceneggiato sulla loro storia: «La nostra è una vicenda così avventurosa, straordinaria, complicata, nata anche per caso... Leggerla in maniera banale come una storia di ragazzini che da piccoli giocavano a pallone e che poi diventano artisti è sbagliato. Se racconti questo offendi la qualità del guizzo geniale che la vita può avere, a prescindere da noi».
Curiosità È alto 170 centimetri. Pesa 115 chili • «“Pensi, la vestaglia di mia mamma è finita in un museo dei costumi dell’attore”. Come, scusi? “Ci hanno chiesto il costume di Gabriele in Annunciazione e quella esposta è la vestaglia di mamma”» (Ferrucci) • È stato giocatore professionista di rugby in serie D • Ha scritto un libro: I segreti del sacro papiro del sommo Urz. Saggi consigli e preziose avvertenze per evitare che la vita ti rovini la vita • Appassionato di fumetti: «“Ho imparato l’inglese grazie a loro”. E come? “A Napoli, quando ero piccolo, arrivavano quelli statunitensi in lingua originale. Ne compravo in continuazione. Dopo anni vado in Inghilterra e lì non solo scopro di capire la lingua, ma di essere anche in grado di esprimermi, ma con un vocabolario fumettistico. Tutti gli interlocutori mi guardavano con un’aria tra l’interdetto e l’incuriosito”» (Ferrucci). Ha collaborato a scrivere i testi di alcune storie di Topolino e Lupo Alberto • Ha doppiato Pulcinella nel film di animazione Totò Sapore e la magica storia della pizza e il porcellino d’India Rodney in Il dottor Dolittle, un film con gli animali parlanti • In tv guarda Striscia la notizia: «Ci lavorano ancora i miei amici» • Ha polemizzato con Matteo Salvini e ha dichiarato che Troisi, oggi, non sarebbe mai potuto essere leghista • «Non le ha mai pesato questo legame con Troisi? “Per me è una grande gioia anche oggi. Oh, lui era Massimo! Essere secondo? A lui ben venga, forse non è chiaro di chi stiamo parlando”» (Ferrucci).