La Stampa, 31 ottobre 2019
Squillo, il Monopoli della prostituzione
La verità è che di fronte a un gioco volgare e deficiente (nel senso letterale) come «Squillo», una sorta di Monopoli della prostituzione, si dovrebbe usare l’arma del silenzio per non amplificare un fenomeno che insulta donne e intelligenza e che arricchisce chi lo ha pensato e lo produce. La Boschi ha sintetizzato con poche parole il perché non sia censura ma buon senso chiedere che venga ritirato: «Non c’è niente di divertente nella vita di una donna sfruttata e obbligata a vendere il proprio corpo. Non c’è niente di vincente in uomini che schiavizzano quelle donne e alimentano i traffici della criminalità organizzata».
Perché la domanda è quali sono i limiti? In nome della creatività, ma anche del black humour, come lo definisce quel genio che ha avuto l’idea, si può fare qualsiasi cosa? E il pensiero va alla maglietta commercializzata (e ritirata) da Carrefour con un disegno che incitava al femminicidio. Io penso di no, che in nome della libertà di espressione non si possa fare tutto ma proprio tutto, anche se il dibattito è ampio. Anche sui social dove in molti difendono questo «gioco» accusando i giornali di dare false informazioni. Allora vai alla fonte, sul sito della azienda che distribuisce «Squillo» (fino ad oggi vendute 35mila copie) per capire quale può essere il fraintendimento. E leggi: «Qui ogni giocatore ricopre un ruolo (quello di sfruttatore di prostitute) gestendo colpo su colpo le sue ragazze, divise tra escort, battone di strada e giovani promesse, ognuna con una propria particolarità, parcella e ricavato finale in caso di k.o., e... successiva vendita degli organi. Lo scopo è quello di sconfiggere il "pappone" avversario, manovrando le proprie squillo».
Quindi caro Immanuel Casto, questo il nome dell’autore, dove sarebbe il fraintendimento? L’unico fraintendimento può esserci nelle parole di chi, e comprendo anche la Boschi, si indigna per il gioco ma poi poco fa o poco ha fatto per combattere, se non sconfiggere, la piaga della prostituzione e della tratta delle donne. Visto che ancora oggi sfrecciamo con le nostre auto, nelle nostre città, accanto a ragazzine sbattute per strada, costrette a vendere il loro corpo a uomini orrendi. E c’è anche qui chi dice che «è una libera scelta». Per non parlare di quelli che tirano fuori Pretty Woman per edulcorare l’argomento. Quindi è vero, il gioco «Squillo» fa schifo. Ma la vita reale ancora di più.