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 2019  ottobre 31 Giovedì calendario

Dieci mesi per un’ecografia

Per un’ecografia all’addome a Roma il Cup regionale ti dice di metterti in auto sotto il solleone di agosto del prossimo anno e raggiungere in un’ora e 10 Colleferro. Meglio dei palermitani che se vogliono una visita cardiologica o neurologica in tempi brevi dovrebbero imbarcarsi per la lontanissima Lampedusa. Restando in città, per una risonanza magnetica alla testa a Torino ti danno disponibilità per il 4 giugno prossimo. A Milano tra oltre un anno, a Bari a novembre. Ovviamente del 2020. 
E’ l’odissea dei pazientissimi assistiti d’Italia fotografata da La Stampa con il contributo del Tribunale dei diritti del malato monitorando l’attività dei Cup di sette capoluoghi: Roma, Torino, Palermo, Milano, Bari, Reggio Calabria e Cagliari. In ciascuna località si sono tentate prenotazioni per sei prestazioni: visita cardiologica e neurologica, elettrocardiogramma, risonanza magnetica del capo, ecografia all’addome, Tac al torace senza liquido di contrasto. In tutti i casi è stato dato come indice di priorità quello indicato dalla lettera D per le prestazioni differibili, che in base al nuovo Piano sulle liste d’attesa dovrebbero essere erogate entro 30 giorni per gli accertamenti, 60 giorni per le visite. 
«I tempi di attesa biblici rilevati da molte indagini sono falsati dal fatto che si basano solo su segnalazioni di cittadini insoddisfatti». «Molti lamentano tempi d’attesa troppo lunghi perché si rivolgono alla struttura vicino casa anzichè a Cup cittadini o regionali che hanno l’agenda di tutto il territorio». Sono le argomentazioni più frequenti di chi è chiamato a giustificarsi sui tempi d’attesa. Per questo siamo andati a telefonare ad ogni Cup cittadino, con qualche escamotage per aggirare l’obbligo di prescrizione medica per poter procedere alla prenotazione. 
E alla fine c’è pur sempre da mettersi le mani nei capelli. In tre casi su quattro infatti si superano anche abbondantemente i tempi massimi fissati dal Piano anti-liste d’attesa. E poi ci sono i viaggi della speranza per anziani e non autosufficienti, ai quali in otto casi su 42 si chiede di affrontare spostamenti impossibili per chi ha problemi di mobilità. Come l’ora e 23 minuti di curve in auto per andare da Palermo a Castelbuono per una visita cardiologica o l’altra ora e quaranta di strada per raggiungere dal capoluogo siciliano Bisacquino e farsi visitare da un neurologo. O farsi cento chilometri da Roma per arrivare a Cassino e sottoporsi a una risonanza al capo. Salvo non voler aspettare fino a marzo 2020 per farla in città. O ancora affrontare i 74 km di strada non proprio spianata da Reggio Calabria a Polistena per fare una Tac al torace, comunque il 15 dicembre.
Questo quando i Cup una prenotazione te la fanno. Perché a Reggio Calabria per l’elettroencefalogramma le liste sono semplicemente chiuse, mentre la risonanza non si prenota. A Palermo l’elettroencefalogramma non lo prenotano per gli adulti e per ecografia e Tac dopo quattro tentativi è partito sempre lo stesso disco: «Gli operatori sono momentaneamente indisponibili, vi preghiamo di riprovare più tardi».
Di fronte a questo stato di fatto non c’è poi da meravigliarsi se molti decidono di non perdere nemmeno tempo al telefono in attesa di una risposta del Cup e vanno diretti verso il privato. Opzione, secondo il Censis, scelta dal 44% degli italiani per almeno una prestazione sanitaria. Mentre nei soli primi sei mesi di quest’anno le polizze malattie hanno incassato premi superiori al 14,7% dell’intero anno precedente.
«I Cup dovrebbero tenere conto di chi ha problemi di mobilità prima di fissare appuntamenti in centri raggiungibili con difficoltà», reclama il segretario nazionale del Tribunale dei diritti del malato, Antonio Gaudioso. Che al popolo degli assistiti ricorda: «In caso si superino i tempi massimi fissati dal piano sulle liste di attesa si ha diritto alla prestazione privata con il pagamento del solo ticket, mentre le liste d’attesa chiuse sono assolutamente illegali e in questi casi è bene farsi tutelare da una organizzazione a difesa degli utenti».
Ma non sempre le cose vanno così male da dover ricorrere al contenzioso. A Torino, ad esempio, fatta eccezione per gli oltre sette mesi di attesa per una risonanza al cervello, negli altri casi monitorati nell’arco dell’ultima settimana si sta nei tempi prescritti. «Merito dell’impegno di medici, operatori e infermieri», dice l’assessore piemontese alla salute, Luigi Icardi. «Sappiamo che ci sono delle criticità, sulle quali stiamo lavorando aiutandoci con la tecnologia e mettendo in rete le agende delle varie aziende sanitarie per ampliare l’offerta al cittadino». Sembra l’uovo di Colombo. Ma in molte città non l’hanno ancora scoperto.
(Ha collaborato Federico Ruggeri)