la Repubblica, 31 ottobre 2019
I Peugeot e gli Agnelli, un affare di famiglie
«Con John Elkann ci conosciamo bene, discutiamo spesso». Poco più di un mese fa, Robert Peugeot aveva confessato sornione ai giornalisti francesi di aver mantenuto un canale aperto con il presidente di Fca. Dietro le quinte, i due uomini non hanno mai davvero smesso di parlarsi e immaginare un futuro insieme. A fine maggio Elkann aveva fatto il gesto di invitare a cena il patriarca dei Peugeot, 69 anni, per informarlo dei negoziati che stavano per essere ufficializzati con Renault. Un gesto non solo di cortesia tra rappresentanti di dinastie industriali che hanno accompagnato l’epopea dell’automobile, incrociando spesso i loro destini.
Quando alla fine dell’Ottocento gli Agnelli fondavano la Fiat, il leggendario Armand Peugeot, metteva a punto uno dei primi prototipi di automobile. L’equivalente del Lingotto è Sochaux, la città-fabbrica all’estremo est della Francia, a pochi chilometri dalla Svizzera. Se gli Agnelli hanno vissuto sotto ai riflettori, con le gesta dell’Avvocato che hanno conquistato i rotocalchi del mondo intero, i Peugeot si trincerano da generazioni dietro un ostinato culto della riservatezza. Per ritrovare una delle rare copertine di Paris Match bisogna risalire al 1960 quando ci fu il breve rapimento del piccolo Eric, sequestrato nel parco di Saint-Cloud e liberato solo dopo il pagamento di un riscatto.
Un episodio di cronaca che ha rafforzato l’ossessione per il segreto in una famiglia che tramanda i valori del capitalismo renano di ispirazione protestante, come scrive in “Maison Peugeot” lo storico Jean-Louis Loubet. Tenendosi sempre a distanza dalla politica, la famiglia ha fatto qualche eccezione durante la seconda guerra mondiale, finanziando la Resistenza e organizzando il sabotaggio delle proprie fabbriche per garantire che la produzione non fosse utilizzata dai tedeschi. «A parte i Michelin non ci sono molti altri esempi nell’industria francese», sottolinea il biografo. Alla Liberazione i Peugeot devono ripartire quasi da zero. Lo fanno senza clamore né pubblicità.
«Vivons heureux, vivons cachés», viviamo felici e nascosti, è uno dei motti della casa. Nel nome Peugeot société anonyme, Psa, la parola “anonimo” è quasi un’ambizione filosofica. «A scuola mi chiamavano 404», ha ricordato una volta Robert, per spiegare come le marche di alcuni dei mitici modelli sfornati dalle fabbriche di famiglia fossero più importanti di tutto. «Con il vostro cognome avete più doveri che diritti», è uno degli altri precetti insegnati a figli e nipoti che continuano a ritrovarsi l’estate nelle storiche dimore immerse nelle foreste tra Sochaux e Montbéliard. Anche per i rampolli che scelgono di lavorare in azienda, la gavetta è d’obbligo. Uno dei tanti esempi è Xavier Peugeot ha passato tre anni in una concessionaria a Nantes prima di diventare direttore marketing, comunicazione e oggi direttore prodotto da Citroën. Altri discendenti impiegati nel gruppo hanno raccontato di aver mandato regolare curriculum per passare un colloquio di selezione o di essersi fatti le ossa in altre aziende prima di rincasare.
È stato Robert, 69 anni, il più parigino di tutti, che non è sempre un complimento tra i Peugeot, a riprendere la guida della holding con un centinaio di parenti azionisti. Prima di lui c’era stato il regno del cugino Thierry inaugurato nel 2002, tra molti conflitti interni, alla morte di Pierre Peugeot, che non aveva lasciato testamento su come gestire la sua complessa successione. Le faide, mai esibite, sono state anche violente, soprattutto quando è stato deciso sei anni fa l’aumento di capitale che ha portato all’ingresso dello Stato e del cinese Dongfeng. È stato uno dei momenti più complicati dopo gli anni Settanta quando ci fu l’acquisto di Citroën e delle fabbriche europee di Chrysler, il marchio Simca lanciato in Francia dagli Agnelli quarant’anni prima.
È un mondo piccolo, quello del capitalismo famigliare. Le collaborazioni industriali tra Peugeot e Fiat sono state diverse. I manager del costruttore francese conoscono bene Torino. Per molto tempo il design dei modelli Peugeot è stato affidato a Pininfarina. Lo stesso Robert Peugeot, prima di essere il finanziere a capo della holding Ffp, in cui ha diversificato gli investimenti fuori dal settore automobilistico, è stato a lungo incaricato del design di ispirazione italiana. Per ironia del destino, uno dei primi affronti all’espansione immaginata Oltralpe da Giovanni Agnelli è stato inflitto dai Peugeot. L’Avvocato, d’accordo con la famiglia Michelin, voleva comprarsi Citroën. Ma il governo gollista decise di opporre il veto sovranista. Una storia che si è ripetuta l’estate scorsa quando le interferenze politiche hanno fatto naufragare il progetto di fusione tra Fca e Renault. Questa volta potrebbe essere diverso. Gli affari in famiglia non sono mai facili ma forse ci si capisce meglio.