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 2019  ottobre 30 Mercoledì calendario

Luca Sacchi è stato attirato in una trappola

Valerio Del Grosso e Paolo Pirino sono in carcere per l’omicidio di Luca Sacchi. Ma il caso non è chiuso. Tanto che la Procura di Roma è pronta ad aprire un nuovo filone d’inchiesta questa volta per traffico di stupefacenti delegando i carabinieri a chiarire se all’Appio Latino quartiere a sudest della Capitale ci sia una nuova piazza di spaccio, anche embrionale, che si raccorda con lo storico giro di Tor Bella Monaca e San Basilio provocando, però, anche frizioni e competizioni. E soprattutto se l’entourage di Luca Sacchi ne sia in qualche modo protagonista.

Se è vero che nello zainetto di Anastasia Kylemnyk, fidanzata del personal trainer ucciso da un colpo di pistola alla testa, c’era una cifra molto superiore ai 2 mila euro è lecito supporre che il denaro avrebbe coperto l’acquisto di dosi di marijuana non destinate all’uso personale o a un piccolo giro di consumatori, ma a una piazza ben più ampia. In questo contesto matura «l’appuntamento convenuto per l’acquisto della merce», come si legge nei verbali, a cui, alle 21.30 del 23 ottobre, si erano presentati gli intermediari di Del Grosso mandati in avanscoperta per accertare la presenza dei soldi Anastasia e Giovanni Princi, amico di Luca Sacchi e figura chiave per i suoi precedenti per droga. Contesto che potrebbe nascondere molto di più e aprire a nuovi scenari.

LE PISTE Del Grosso e Pirino partono da Casal Monastero armati di un revolver calibro 38 e di una mazza da baseball, ma con loro non c’è la droga. L’intento come dirà Pirino, una volta arrestato, sarà quello di «rapinarli» e non di concludere l’affare. Truffarli, in sostanza: prendersi i soldi e lasciare la comitiva di bravi ragazzi a mani vuote. I due dopo l’omicidio di Sacchi tornano indietro e si fermano a Tor Bella Monaca per sbarazzarsi dello zainetto rubato alla baby sitter ucraina.

Eppure il quartiere delle torri roccaforte dello spaccio romano non è sulla rotta per Casal Monastero. Forse è qui che si liberano del denaro e anche della pistola, finora non rinvenuta dagli investigatori. Li consegnano a qualcuno? Magari a quegli stessi che li hanno inviati all’Appio Latino? E se la rapina fosse servita a mascherare un avvertimento?

Del Grosso e Pirino sembrano agire come corrieri che hanno alle loro spalle un’organizzazione criminale di livello superiore. Che forse già da tempo ha iniziato a fare affari proprio tra il quartiere dell’Alberone e il parco della Caffarella e che non ha intenzione di cedere terreno a un gruppetto di ragazzi che per conto proprio o per terzi intende allestire un giro alternativo. Del Grosso e Pirino prendono i contatti con un gancio (Princi) e mandano due intermediari Valerio Rispoli e Simone Piromalli a verificare la presenza effettiva del denaro. Ma si premurano di muoversi ben armati, pronti a difendersi (sanno che Luca e i suoi amici fanno palestra e sono esperti di arti marziali) ma anche a spaventare, per lanciare l’avvertimento.



LE VERSIONI Le versioni finora rese e trascritte nell’ordinanza di custodia cautelare raccontano una dinamica per niente cristallizzata. E decisamente anomala rispetto alla rapina raccontata in prima battuta da Anastasia. Uno dei due testimoni oculari un ragazzo che si trovava all’altezza del distributore di sigarette vicino al pub John Cabot racconta di avere notato una persona vicino alla «Smart bianca che camminava verso via Bartoloni con un braccio teso lungo il corpo come se impugnasse qualcosa» e che «giunto all’altezza dell’incrocio, questi ha alzato il braccio e subito dopo si sentiva un forte fragore ed un lampo di luce provenire dalle mani del ragazzo, il quale, subito dopo, è tornato verso l’autovettura allontanandosi».

Gli inquirenti, che in queste ore stanno passando al setaccio i tabulati telefonici di tutti i personaggi coinvolti nella vicenda, sono alla ricerca di eventuali contatti pregressi tra i due gruppi o singoli appartenenti. Intanto, oggi, la famiglia Sacchi terrà una conferenza stampa nella quale il papà di Luca, Alfonso, affronterà i media ed esporrà la sua verità.

2 - LA DROGA, LA PALESTRA, LA FAMIGLIA QUAL È IL VERO VOLTO DI ANASTASIA? C. Moz. per “il Messaggero”

Una camera tutta sua, un lavoro, magari in una grande boutique di moda al Centro di Roma dove poter mettere a frutto le sue conoscenze linguistiche, tra cui il russo. Piccole certezze per poter affrancarsi dalla famiglia e vivere la sua vita. Erano questi i sogni di Anastasia Kylemnyk confidati a quel giovane che, fino a 5 anni fa, era il suo fidanzato prima che Luca Sacchi ucciso da un colpo esploso alla testa la sera del 23 ottobre scorso arrivasse a far breccia nel suo cuore. Andrea (lo chiameremo così perché ha chiesto di mantenere l’anonimato) racconta il lato migliore di questa giovane arrivata nella Capitale dall’Ucraina quando non aveva ancora 7 anni.

Quello che lui ha conosciuto quando Anastasia, ancora ventenne, aveva da poco concluso gli studi liceali all’istituto Augusto. «Rifuggo categoricamente la possibilità che possa essere coinvolta come parte attiva in questa vicenda», spiega Andrea. E non lo fa con lo spirito di chi è ancora innamorato.

I MESSAGGI «La nostra storia continua finì perché io la lasciai ma siamo rimasti in buoni rapporti, sapevo che aveva un nuovo ragazzo, Luca, che io non ho mai conosciuto ma di cui ho solo sentito parlar bene. Dopo la sparatoria, leggendo i giornali, le ho scritto un messaggio per farle sapere che può sempre contare su di me, siamo sempre rimasti in contatto». Lei ha risposto: «Ho la testa fuori, ma non c’entro nulla». E Andrea non ha esitato a crederle.

«Una delle ragazza più tranquille che io abbia mai conosciuto, non fumava e non intendo le sigarette, voleva solo raggiungere la propria indipendenza, affrancarsi dalla famiglia, trovarsi un lavoro e vivere una vita normale. Magari non aveva grandi ambizioni ma piccoli sogni che per lei, però, contavano molto. Poi se abbia iniziato a frequentare gente sbagliata negli ultimi anni non lo so, ma non posso crederci». Le sue parole non cadono nel vuoto ma rimbalzano quasi come un eco tra i negozi di quella stradina di quartiere alle spalle dell’Appia nuova dove vive la giovane con la famiglia e dove la maggior parte dei residenti tratteggia il profilo di una minuta, introversa e timida ragazza. Sempre a spasso con il suo boxer, impegnata nelle ripetizioni di lingua o negli allenamenti in palestra, a passeggio con la sorella e la mamma.

I DUE VOLTI Eppure dall’ordinanza firmata dal giudice Corrado Cappiello che ha convalidato l’arresto in carcere per Valerio Del Grosso, il 21enne che ha sparato a Sacchi, e Paolo Pirino suo complice, emerge tutto un altro profilo. Dove sta la verità e dove inizia la mistificazione? Qual è la vera Anastasia? Se è davvero possibile credere che sia sempre una e una sola l’anima di una persona? Quante Anastasia vivono nella Kylemnyk? Nelle carte sono le deposizioni degli intermediari mandati dal Del Grosso, a verificare se al Tuscolano ci fosse gente con il denaro per acquistare la droga, a descrivere una giovane quasi spregiudicata. Che se ne andava in giro con uno zaino pieno zeppo di soldi destinati all’acquisto di stupefacenti.

Lei Anastasia, che dovrebbe essere ascoltata in Procura per delineare meglio i contorni di quella sera, ha detto agli inquirenti di avere 200 euro nello zaino e che la droga non c’entrava nulla. Da una parte, dunque, gli intermediari di Del Grosso che agli inquirenti hanno raccontato di una giovane che per il tramite di Giovanni Princi ponte tra i venditori e gli acquirenti e amico di Sacchi avrebbe ricoperto il ruolo di cassiera per pagare poi la droga, conservando nello zaino poi rubato dai due di Casal Monastero una cifra superiore ai 2 mila euro. Dall’altra lei, le sue poche parole di estraneità alla compravendita di marjiuana all’indomani della tragedia e il lungo silenzio che ne è seguito. In mezzo una cifra di denaro che non è stata mai quantificata perché non rinvenuta da polizia e carabinieri e una partita di droga presumibilmente hashish mai consegnata.