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 2019  ottobre 30 Mercoledì calendario

La «rieducazione» di Cannavaro in Cina

Forse conoscendo l’indole romantica di Sven Goran Eriksson, lo Shenzhen lo cacciò con una poesia, pubblicata sul sito: «Undici anni fa ci hai guidato e non ci hai mai deluso...». Peccato fosse dedicata al suo successore in panchina, una ex gloria locale. Poi, con calma, il club della B cinese diffuse anche la notizia del divorzio dall’allenatore svedese. A Felipao Scolari dissero che un parente si era sentito male in Brasile e lui lo comunicò un po’ spaventato ai giornalisti, lasciando in fretta la conferenza stampa post partita. Era una notizia falsa e l’allenatore brasiliano si fece pubblicamente la domanda: «Non so chi vogliono destabilizzare: me o il club?». Dopo cinque mesi lasciò la squadra più ambita di tutta la Repubblica Popolare, lo Guangzhou Evergrande.
A sostituirlo fu Fabio Cannavaro, che era già stato anche il suo predecessore e adesso sente aria di un altro addio: per lui niente poesia e per fortuna nemmeno la prosa di un falso allarme. Solo un allontanamento temporaneo e molto «sospetto», per seguire un corso di cultura aziendale del gruppo immobiliare Evergrande, coproprietario della squadra: al posto dell’allenatore italiano ci sarà, nella doppia veste di tecnico e di giocatore, il capitano Zheng Zi.
Una decisione senza precedenti anche in Cina, con la squadra in testa alla classifica a tre giornate dalla fine e arrivata fino alla semifinale di Champions asiatica, poi persa. È vero, nelle ultime quattro partite sono arrivate tre sconfitte e un pareggio e lo Shanghai Sipg incalza a un punto appena di distacco. Ma Cannavaro non è uno qualsiasi, non solo perché ha alzato la Coppa del Mondo e il Pallone d’oro nel 2006: già cacciato nel 2015, sempre primo in classifica, per fare un dispetto a Marcello Lippi che lo aveva sponsorizzato come suo successore, l’ex difensore è tornato a Canton due anni dopo per volere del proprietario Xu Jiayn. E ha firmato un quinquennale sontuoso fino al 2022, da dodici milioni di euro l’anno. La decisione di parcheggiare l’allenatore e di rimandarlo «a scuola» sarebbe stata presa dal direttore generale del Guanzhou, con il patron lontano: Cannavaro è stato convocato per venerdì a Hong Kong da Zu Jian per un incontro risolutore, in un senso o nell’altro. 
«Quanto successo a Fabio è davvero strano – sottolinea Ciro Ferrara – ma è evidente che il corso che gli è stato consigliato è un modo per metterlo ai margini, magari cercando una risoluzione. Spero che non vada così. Ho allenato in Cina per nove mesi allo Wuhan Zall e al secondo anno sono stato licenziato dopo due partite, con strascichi legali. Quindi non mi stupisce la posizione del Guangzhou, ma la trovo assurda, anche se lì ragionano così. Non è una questione di professionalità piuttosto di integralismo, perché quando decidono di solito non tornano indietro».
Cannavaro aspetta con serenità gli sviluppi, ma il suo staff (composto dal fratello Paolo, Francesco Troise e Giampiero Ventrone) si è opposto alla decisione del club, anche perché, contratto alla mano, non può non rispondere a un allenatore effettivo. Uno dei problemi – un classico in questi casi – sembra possa essere quello della difficile comunicazione, linguistica e tecnica, coi calciatori: «Quando ho allenato a Pechino il club voleva allontanare il mio preparatore – ricorda Alberto Zaccheroni —. Era una forzatura e sono andato via. Anche se il presidente fu di parola e non mi sostituì fino a fine campionato. Il calcio cinese è in grande crescita, ma i club sono tutti ricchi più o meno allo stesso modo e di fatto non c’è un mercato interno dei calciatori. Così i giocatori finiscono per acquisire troppo potere e lamentarsi con i dirigenti, che tendono ad ascoltarli. E a viziarli».