Il Messaggero, 30 ottobre 2019
Mezzo secolo di web ha cambiato il concetto di spazio
In principio fu il Login. Quella procedura di accesso ai sistemi informatici che ora eseguiamo con una certa fretta, è stata, per usare una metafora, la luce che ha illuminato la Rete, cioè il nuovo mondo. Perché, 50 anni fa, alle 22,30, così riportano le cronache, il dottorando in informatica Charles Kline, provò a inviare un messaggio. Il messaggio partì da un computer dell’Università della California di Los Angeles (Ucla) con l’obiettivo di arrivare a un altro computer dello Stanford Research Institute, e appunto il messaggio era la parola Login. Prova riuscita solo per un terzo; a destinazione arrivarono, infatti, solo due lettere, Lo, perché il sistema collassò. Comunque ci riprovò dopo un’ora e andò meglio.
Dunque festeggiamo quel giorno di 50 anni fa: la nascita di internet. In realtà quella era una rete molto più semplice: si chiamava Arpanet, un progetto universitario finanziato dal Dipartimento della Difesa statunitense. Ma sia come sia, oggi, guardando a quel compleanno, possiamo dire con grande sicurezza: il futuro nessuno lo indovina, fossero oracoli greci, cartomanti o esperti futurologi. Voglio dire: chi se lo immaginava. Nel 1969 avevo tre anni e pochi ricordi, ma qualche anno dopo mio padre acquistò L’enciclopedia Utet, che ancora campeggia nella biblioteca di famiglia. Tanti volumi e non ricordo a che prezzo, so solo che era un prodotto pesante, occupava metà della libreria, e per molto tempo ogni volta che la usavo, avevo l’impressione di fare due ore di palestra, mi facevo i muscoli.
Nemmeno nei sogni degli sceneggiatori di fantascienza si poteva immaginare che quel sapere enciclopedico così pesante e voluminoso sarebbe stato compresso in rete e distribuito con leggerezza, via click. Basta rivedere certi amabili telefilm d’epoca, non so, Spazio 1999, per capire al netto di tutte le incongruenze scientifiche che su base Luna gli annunci si facevano con l’interfono. La rete nessuno l’aveva immaginata, tanto meno il cellulare. La compressione e la leggerezza non facevano parte del nostro scenario previsionale.
E ora guardando indietro si potrebbe stilare una lista di oggetti desueti per colpa o merito della rivoluzione internet. A partire dal computer che prima di internet era una bella macchina da scrivere, ma niente di più. Che tra l’altro in tanti contestavano perché non te lo portavi in giro, come facevi, per esempio, con una Olivetti lettera 32 o 22 che, fatto da non sottovalutare, funzionava senza corrente. Bisogna mettere nella lista le lettere che scrivevamo alle ragazze e le cartoline che invadevano la nostra casella postale e i mucchi di foto, alcune veramente orribili, che però non potevi buttare e infilavi negli album.
Insomma, altre pesantezze, altro spazio richiesto. Ma sono scomparsi anche alcuni amici di famiglia sapientoni, a cui si chiedevano informazioni, quelli che magari leggevano tanti libri, o settimane enigmistiche o frequentavano biblioteche e ti indicavano il libro, la rivista, ti davano la diritta se partivi per un viaggio. Chi avrebbe immaginato, a partire da quel giorno di 50 anni fa che saremmo arrivati a oggi? Oggi che non devi chiedere l’estratto conto in banca, procedura un tempo molto lungagginosa, da sfiorare l’incubo, perché ti colleghi in rete anche dalla stazione Spaziale.
Oggi che magari dici una cosa, e l’affermi convinto, perché l’hai letto nel lontano passato nell’enciclopedia, o ti ricordi di averlo ascoltato dal tuo amico sapientone, e un altro, va in rete e ti dice: ti stai sbagliando, è tutto il contrario. E tuttavia ora discutiamo di benefici e di costi di quella rivoluzione, tracciamo scenari apocalittici o invitiamo le persone a non farci prendere dal panico. Ma ammettiamolo, stiamo parlando a vanvera, e nonostante la rete.
Non possiamo prevedere il futuro, perché quello che oggi sembra una innovazione minore e sciocca, appunto due lettere mandate da un capo all’altro, durante il cammino si trasformano e ci trasformano: chissà se in futuro saremo ancora così umani da ricordare e analizzare, fare bilanci, o diventeremo post human, anche noi dati, connessi in una rete fantasmagorica che fatichiamo pure a disegnare.