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 2019  ottobre 29 Martedì calendario

Ricolfi sugli equilibri nel centrodestra e il ruolo di Giorgia Meloni

Dov’è la destra, dov’è la sinistra? Non dove sembrano essere e non solo per Giorgio Gaber, ma anche per Luca Ricolfi. Commentando il voto in Umbria ospite di Enrico Cisnetto a Roma InConTra il sociologo torinese smonta innanzitutto la rappresentazione classica del centro-destra, o destra-centro che dir si voglia, che prevede Forza Italia al centro, più a destra la Lega e poi, in fondo a destra, Fratelli d’Italia.

MELONI? MENO ESTREMISTA DI QUELLO CHE SEMBRA Per il docente di Analisi dei dati presso l’Università di Torino, lo schema non è così automatico. «Non sono convinto Giorgia Meloni sia la più estremista di tutti. Le attribuisco una certa dose di pragmatismo. Per esempio, la sua proposta fiscale che prevedeva un’aliquota unica al 15% per i redditi incrementali non è stata presa in considerazione da nessuno. Eppure non solo era la migliore, ma anche la più moderata e persino anti-sovranista». «Un’ottima proposta», ribadisce un Ricolfi che non ti aspetti, «che magari è frutto di un’idea di Guido Crosetto, che io stimo, e che comunque rispecchia una linea di politica economica che non ci fa litigare con l’Europa». 

Luca Ricolfi ospite a Roma InContra di Enrico Cisnetto. SALVINI E LA POCO CONVINCENTE CONVERSIONE EUROPEISTA La Lega, che in Umbria ha perso 17 mila voti rispetto alle Europee di cinque mesi fa, canta vittoria. «In effetti in Umbria il successo della destra è dovuto principalmente all’exploit di Fratelli d’Italia», spiega Ricolfi. «Ma la Lega può ovviamente fare ancora il pieno di voti in futuro». Matteo Salvini, è il ragionamento, «non mi preoccupa quando esprime soddisfazione per il successo dell’Afd (l’ultra-destra tedesca che domenica ha fatto il pieno dei voti in Turingia, ndr), quella è solo comunicazione».

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Dunque la metamorfosi europeista e moderata del segretario del Carroccio così come emersa dall’intervista a Il Foglio è autentica? Qui Ricolfi si fa più prudente: «Non so se stia cambiando. La strategia economica in chiave anti-Europa e anti-euro per ora rimane sullo sfondo, ed è la cosa che mi turba davvero di Salvini». 

IL CAV DEVE FARE I CONTI CON IL POCO APPEAL DI UNA FORZA LIBERALE E poi c’è Silvio Berlusconi, «che sembrava un pugile suonato, ma che potrebbe tornare a giocare un ruolo», sottolinea il sociologo. Ma attenzione alle collocazioni, perché «purtroppo non c’è spazio al centro per una forza liberale ed europeista», dice insistendo sul «purtroppo». Questo perché, a dispetto dei falsi miti, «l’elettorato italiano non è così mobile, il 40% vota a destra, il 40% a sinistra e solo il 20% è oscillante». Non c’è (falso) mito che resista ai colpi di Ricolfi. L’ospite di Roma InConTra però non smentisce solo gli altri, ma anche se stesso: «Non pensavo che la destra potesse rappresentare così largamente l’elettorato, mi sbagliavo, così come i sondaggisti che ci raccontavano di uno scontro all’ultimo sangue tra i candidati in Umbria, che alla fine non c’è proprio stato».

Il sociologo Luca Ricolfi è autore del libro “Società signorile di massa” (La Nave di Teseo). SIAMO UN PAESE POVERO ABITATO DA RICCHI Insomma, professione debunker. Come anche nel suo ultimo libro, Società signorile di massa (La Nave di Teseo), in cui Ricolfi racconta un’Italia povera abitata da gente ricca. Un Paese in cui una minoranza di non produttori si appropria della ricchezza altrui, a cominciare da quella dei nonni, e sfrutta il sistema para-schiavistico esistente in alcuni settori (badanti, rider, cooperative) e, alla fine, «vive di rendita». Ed ecco un livello dei consumi «signorili» inspiegabile considerato il reddito, fatto di weekend lunghi, case al mare, seconde macchine in garage, apericene, nuovi cellulari, palestra, gioco d’azzardo e schermi piatti.

ALLA POLITICA FA COMODO UNA NARRAZIONE DRAMMATICA «Alla politica, con l’aiuto degli intellettuali faziosi, fa però comodo descrivere un Paese in difficoltà», continua Ricolfi, «anche se non è vero». Questo perché «se si drammatizza lo scenario, lo si ingigantisce e si evita di circoscrivere il problema e intervenire». Accade per esempio con la narrazione dei giovani rappresentati troppo spesso come una generazione perduta e senza futuro. «In realtà», chiarisce Ricolfi, «non è vero che siamo pieni di giovani iper-qualificati che svolgono mansioni più basse di quelle che potrebbero fare. Semplicemente i titoli di studio sono vuoti di contenuto, non corrispondono alle competenze effettivamente acquisite, così le aziende li piazzano dove devono stare e non dove vorrebbero». 
Sì, ma la sinistra? Nemmeno a parlarne. È dal 2000 che il sociologo ripete che «la sinistra non è più di sinistra».