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 2019  ottobre 29 Martedì calendario

Il cervello è mobile

Il cervello è mobile. Non solo sussulta e si contrae a ogni battito del cuore, come hanno osservato i ricercatori dell’Università di Stanford con una risonanza magnetica amplificata da algoritmi. Ci sono movimenti più sottili. Come la creazione di nuovi neuroni, processo che sembra continuare anche in età adulta, sebbene le ultime indagini siano controverse. E ci sono migrazioni di neuroni, dal giro dentato dell’ippocampo alle aree del cervello colpite da lesioni, così da ripararle.
I neuroni stabiliscono sempre nuove sinapsi, abbandonando le vecchie: è un’attività cerebrale nota come neuroplasticità. Il cervello, inoltre, è capace di adattamento. E di redistribuire le proprie funzioni: lo studio di un team della University of Southern California, pubblicato sul «Pnas Journal», la rivista dell’Accademia delle Scienze Usa, ha mostrato che l’organo si può autoriparare, resettandosi. Nel caso specifico la corteccia prefrontale, sede dell’attività cognitiva e della socialità, è stata in grado di sostituire l’ippocampo danneggiato, come centro dell’apprendimento. Una capacità che potrebbe essere utile per trovare rimedi per molte patologie neurologiche, fino all’Alzheimer.
«Il cervello ci abitua sempre a colpi di scena. Avanziamo nella sua conoscenza, poi arrivano sorprese che ci fanno ricredere. Un caso è quello dei "savants", persone che hanno ricevuto danni in aree del cervello e che sviluppano abilità sepolte, come nel caso di Derek Amato; lui ha scoperto un improvviso talento come compositore di pianoforte», racconta Johann Rossi Mason, divulgatrice scientifica, che in «Cervello senza limiti» (Codice edizioni) descrive il «tesoretto cerebrale», una riserva che consente ai malati di Alzheimer e Parkinson di resistere più a lungo alla degenerazione causata da queste malattie. Il tesoretto - secondo ricerche recenti - potrebbe avere relazioni strette anche con la neurogenesi in età adulta: anche se prodotti in numero limitato, i neuroni nel cervello formato sarebbero essenziali per la plasticità.
Come possiamo definire il tesoretto cerebrale?
«In letteratura scientifica si chiama riserva cognitiva. Si può dividere in due parti. La prima è una maggiore quantità di neuroni che alcuni individui hanno a disposizione. Una sorta di "buffer", un tampone che viene sfruttato e rallenta le malattie degenerative. Secondo alcune ricerche, però, quando la riserva è finita, la malattia progredisce più rapidamente. Questo patrimonio può avere origini genetiche o svilupparsi durante l’attività formativa del cervello, che ora si crede arrivi fino ai 30 anni di età: il tutto grazie a stili di vita, esercizi e nutrizione appropriati».
E la seconda parte?
«E’ la plasticità, l’abilità del cervello di creare sinapsi - connessioni di neuroni per lo scambio di informazioni - sempre nuove. Questo processo continua in età adulta in un organo sano. Si suppone che i "neuroblasts", i neuroni che nascono negli adulti, giochino un ruolo importante. Allo stesso modo è importante tenere in forma il cervello, come un muscolo».
I trattati di retorica parlano di mnemotecniche, come i «palazzi della memoria»: sono da riscoprire?
«Sono utilissime. Come gli esercizi di visualizzazione che si fanno in meditazione, dai monaci tibetani alla "mindfulness", utilizzata in ambito clinico già dagli Anni 70 per curare depressione, ansia e stress. Ma va bene anche imparare una nuova lingua, risolvere rebus, iscriversi a un corso universitario in età avanzata. Le sinapsi aumentano, quando intraprendiamo una pratica deliberata, che è un gradino sopra l’apprendimento. All’impegno si aggiunge l’entusiasmo».
Quanto è importante «mandare a memoria»?
«Il cervello ama le immagini inconsuete, la narrazione, i ritmi e i paradossi. Non a caso, sono stratagemmi che sono stati usati per tramandare sapere e conoscenze, dal mito alle filastrocche. Dal punto di vista della salute cerebrale è un peccato che non si imparino più le poesie a memoria».
Quanto sono importanti i corretti stili di vita?
«Il cervello ha bisogno di resettarsi con un sonno di sette ore, almeno. Un’alimentazione sbagliata può essere causa di infiammazioni: si pensa che queste siano legate ai disordini neurologici, dalla depressione all’Alzhemeir. Si sta rivalutando anche il digiuno intermittente, il quale spinge il fegato a produrre chetoni, un’ambrosia per il nostro cervello».
Lei analizza anche i nootropici, che siano farmaci o supplementi: possono contribuire alla riserva cerebrale?
«Dipende. Alcuni prodotti sono utili, altri dannosi. A volte aumentano la performance cerebrale per un periodo limitato, a scapito della riserva neuronale. Molti sono prescritti per disagi specifici, dai deficit dell’attenzione all’ansia, ma vengono assunti anche da individui sani che fingono sintomi per ottenere una prescrizione o fanno uno shopping rischioso - anche sotto il profilo penale - su Internet. Detto questo, i nootropici a base di acetilcolina sono utili a proteggere il tesoretto».
E gingko biloba e ginseng?
«Anche con i prodotti naturali bisogna stare in guardia per le interazioni e gli effetti collaterali. Ma, ormai, questi potenziatori dilagano».
Il neuropotenziamento diventerà un’ossessione?
«C’è bisogno di regole, anche per i nootropici sul lavoro. Alcuni, oltre ad aumentare le prestazioni, accrescono la gratificazione. Ma possono diventare una schiavitù autoindotta per reggere la concorrenza. D’altro canto, molti di quelli che venivano considerati handicap oggi sono valutati come "condizioni cerebrali": Greta Thunberg soffre di sindrome di Asperger, che lei considera un "superpotere"».