29 ottobre 2019
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Biografia di Claude Lelouch
Claude Lelouch, nato a Parigi il 30 ottobre 1937 (82 anni). Regista. Produttore. Sceneggiatore • «Ha avuto molte mogli, ha fatto molti film e molti critici hanno tentato di stroncare la sua carriera» (The Guardian, 13/2/2009) • Il suo film più celebre è Un uomo, una donna (1966, con Anouk Aimée e Jean Louis Trintignant, Grand prix al Festival di Cannes, Golden Globe e premio Oscar come miglior film straniero, Oscar alla miglior sceneggiatura originale) • Poi ha fatto moltissime altre pellicole, «tecnicamente ben dirette, ma inclini a un sentimentalismo di maniera» (Treccani) • Tra queste: La canaglia (1970, con Danièle Delorme e Trintignant, David di Donatello); L’avventura è l’avventura (1972, con Jacques Brel, Lino Ventura e Charles Denner); Bolero (1981, con Robert Hossein e Géraldine Chaplin, Gran Prix tecnico a Cannes, César per il miglior film); Tornare per rivivere (1985, con Trintignant, Michel Piccoli e Annie Girardot); Una vita non basta (1988, con Jean-Paul Belmondo); L’amante del tuo amante è la mia amante (1993, con Francis Huster e Alessandra Martines); I Miserabili (1995, con Jean-Paul Belmondo, Golden Globe); Roman de gare (2007, con Dominique Pinon e Fanny Ardant); Uno più una (2015, con Jean Dujardin) • «Cineasta gauchiste» • «Il maestro del melò» • «Adoro le storie d’amore, soprattutto quelle vere. Per natura sono molto diffidente, mi rilasso solo quando mi innamoro. Almeno finché non iniziano i sospetti e i tradimenti. Una storia d’amore per me è una vacanza a termine, per questo la racconto come un thriller» (G. Ma., Corriere della Sera, 27/5/2002) • «Ci sono autori che non aprono la porta alla vita nei loro film, che raccontano solo le proprie storie, chiudendosi in laboratorio, come Bresson o Godard. Altri, come Sautet e io, lasciano scivolare nelle proprie esperienze le vicende degli altri. È la vita il personaggio principale, il protagonista vero di tutti i miei film. Altri registi, come Antonioni, devono spogliarsi della realtà quotidiana per esprimere se stessi. Io no. […] La vita è maestra di regia, molto superiore a me: io ne sono un goloso vassallo-vampiro [...] La realtà è una macedonia di generi, come vogliono essere i miei film. Se al bar vedo una bella ragazza, la vita mi si trasforma in film sentimentale. Se con lei ascolto dischi, diventa musical. Se la sera ci vado a letto, siamo subito al porno. Un film dovrebbe contenere tutte queste possibilità. Se si restringe a un solo genere, si autocensura, si priva delle possibilità che ha a portata d’occhio» (a Mario Serenellini, il manifesto, 11/05/2019).
Vita La sua è una famiglia ebraica che per generazioni ha vissuto in Algeria • «Mio padre era ebreo; mia madre si era convertita per amore, perché lo fossi anch’io, ma sono andato sia in chiesa che in sinagoga. E mi sono accorto che era ogni volta la stessa sceneggiatura: solo il regista cambiava» (a Stéphane Joby e Barbara Théate, su Robinson, 14/4/2018) • «Avevo appena 5 o 6 anni e la mia famiglia di ebrei algerini era perseguitata dai nazisti, così mia madre invece di mandarmi a scuola mi mandava al cinema dove ero più sicuro. La sala mi ha salvato letteralmente la vita» (a Cristiana Paternò, CinecittàNews, 18/11/2017) • Dopo la guerra inizia ad andare a scuola: «È stato un incubo perché non ero abituato e appena potevo marinavo le lezioni per andare a vedere un film. Mi bocciavano sempre. Alla vigilia della maturità mio padre disse a mia madre: se lo bocciano ancora, gli compro una cinepresa e ce lo leviamo dai piedi. E così fu» (alla Paternò) • Il suo primo cortometraggio è Le mal du siècle, del 1953, che alterna scene di bombardamenti e di immagini di un luna park • Claude lavora per il servizio cinematografico dell’esercito, poi comincia a girare reportages giornalistici • «Sono partito per gli Stati Uniti perché avevo il mito dell’America, adoravo i western e i musical. Sono rimasto lì per un anno, ma mi hanno deluso, non era il paese dei miei sogni. Allora ho deciso di partire per la Russia. La tv canadese aveva lanciato un concorso, davano 10 mila dollari a chi avesse raccolto le prime immagini del mausoleo di Lenin e Stalin. Mi sono iscritto al Partito comunista e ho fatto pratica per imparare a filmare di nascosto a Parigi, tenendo la cinepresa sotto un impermeabile. Poi sono partito in treno insieme a tre compagni di partito che facevano un viaggio di gruppo. Sono arrivato a Mosca dopo tre giorni di viaggio e ho iniziato a filmare. La fortuna volle che incontrassi un tassista che era molto amico del capo degli studi Mosfilm. E quello è stato il giorno più importante della mia vita, perché sono stato sul set di Mikhail Kalatozov, che all’epoca, nel 1957, stava girando Quando volano le cicogne» (alla Paternò) • «L’inizio della mia febbre cinematografica. È allora che ho capito che la cinepresa era l’attore invisibile ma centrale di tutti i film della storia del cinema e lo sarebbe stato di tutti i miei film» (a Serenellini) • «Il caso ha guidato tutta la mia vita e per questo nei miei film sono tanto attento a questo aspetto. È la parte irrazionale che sta in ciascuno di noi. L’intelligenza ha paura di tutto, è pragmatica, calcolatrice, mentre la parte irrazionale ha coraggio» (alla Paternò) • Con il materiale girato in Russia realizza Quand le rideau se lève e guadagna abbastanza soldi da fondare la propria società di produzione. È il 1960 • «Sin dall’esordio, è stato anche produttore del suo cinema. Perché? “Ho avuto la fortuna di imbattermi subito in tre produttori idioti. E ho capito che dovevo sbrogliarmela da solo. […] Volevo chiamarla Les Films de l’Apocalypse, ma il notaio m’ha dissuaso: ‘Con questa etichetta, farai scappare tutti’. E ha proposto: ‘È il 13, sono le 13, Claude Lelouch è composto di 13 lettere. Nessuna allergia al 13? Che ne dici di Les Films 13?” Detto fatto» (Serenellini) • Nel 1961 esce Le propre de l’homme. È il suo primo film. Racconta di una coppia di innamorati a Parigi. Lo ha scritto, diretto e interpretato lui stesso • «Claude Lelouch – ricordate questo nome, perché non lo sentirete mai più» (i commenti al film) • «Umorismo e parodia caratterizzano il primo Lelouch, quello de L’amore senza se […] realizzato nel 1963 ma uscito nelle sale soltanto nel 1966, La donna spettacolo […] sullo sfruttamento del corpo femminile, che fu però censurato, Una ragazza e quattro mitra (1965), che mescola noir, azione, gangster film e western, e Operazione golden car, rivisitazione del film di spionaggio alla James Bond, girato nel 1965 ma mai distribuito per volontà del regista» (Treccani) • «Per rifarmi delle prime delusioni di regista, ho realizzato un centinaio di scopitones, gli antenati del videoclip, su star agli esordi, come Johnny Hallyday, Sylvie Vartan, Dalida, Jeanne Moreau […] mi ha fatto capire la forza della musica in un film» (Serenellini) • Claude vuole fare Un uomo, una donna e offre il ruolo femminile a Elsa Martinelli: «Se gli levi la musica a quel film che gli resta? Mi venne a cercare questo regista semisconosciuto, con la fronte bassa, piena di ricci, arcigno. Non aveva un copione scritto, una traccia, niente. Mi raccontò di questi due vedovi, o separati, che si incontrano a Deauville. “No, grazie! Perché non prende Anouk Aimée?” gli dissi» (da un’intervista a Laura Laurenzi) • Claude allora ingaggia Anouk Aimée e Trintignant. Vanno a girare sulle immense e malinconiche spiagge della Normandia. A metà delle riprese, finisce i soldi e il film esce metà a colori, metà in bianco e nero • «Non se l’aspettava nessuno ma la storia d’amore, improvvisa e controversa, di due vedovi, Anne e Jean-Louis, ebbe un successo planetario» • «Quando uscì, nel 1966, a New York non si parlava d’altro. Ne rimasi ammaliato. Nei due anni seguenti, i registi americani si misero a fare come Lelouch. Il suo cinema in un certo senso ci ha liberati!» (Woody Allen) • Vince a Cannes e a Hollywood • «Un’esposizione bellissima, talvolta al punto da mozzare il fiato, di immagini tese a suscitare sentimenti. L’unico guaio è che il dramma è banale. Superficiale. Mostra la scintilla d’amore, così da luogo comune, tra una giovane sceneggiatrice vedova (madre di una graziosa bambina) e un pilota d’auto vedovo (e padre di un simpatico bambino) […] Mr. Lelouch, che è stato lo sceneggiatore e cineoperatore di se stesso, ha la dote di saper fotografare i clichés di modo che sembrino brillare e irradiare poesia pura e suscitare un senso di ispirazione in un comportamento in tutto e per tutto insignificante» (Bosley Crowther, New York Times, 13/7/1966) • «Lei ha sempre avuto un rapporto difficile con la critica. “Ai tempi del grande successo di Un uomo, una donna vennero da me quelli dei ‘Cahiers du Cinéma’, con Truffaut in testa […] mi consideravano il miglior rampollo della Nouvelle Vague. Ero onorato, anche perché qualche anno prima avevano scritto peste e corna di me, però ho voluto precisare: ‘Non sono un figlio della Nouvelle Vague, sono un figlio del cinema, la Nouvelle Vague mi ha insegnato cosa non deve fare un regista. I vostri film sono troppo pretenziosi, cercano di dare lezioni, di fare la morale. I miei film sono divertimento puro. Nella Nouvelle Vague non c’è la ricreazione, ma solo lo studio’. Dopo queste affermazioni c’è stato un divorzio tra me e la critica che dura tuttora: dire male dei Cahiers era come condannarsi a morte da soli”. […] Comunque, nonostante i dissapori con la Nouvelle Vague, ha partecipato al movimento del ‘68. “Sì, quel movimento non aveva regole né logica e mi ha permesso di fare film ancora più folli. Mi ha permesso di amare la Francia ancora di più. La Francia è il paese dove tutto è possibile, tutto è permesso. Io so nuotare così bene in queste acque che ho fatto cinquanta film dentro questo sistema. Amo questo paese […]. È il paese della libertà e la libertà non ha prezzo”. Perché dopo l’Oscar a Un uomo, una donna non è andato a lavorare a Hollywood? “Prima di tutto perché parlo male l’inglese e poi perché mi proposero un film incredibile con Steve McQueen e Marlon Brando. Ma quando sono andato lì mi sono reso conto che il film sarebbe stato del produttore, addirittura mi dicevano quante volte dovevo inquadrare i due attori, tutto era prestabilito. Io amo filmare la vita con tutte le sue imperfezioni, il mio cinema sorprende anche me. Quando comincio a girare non so dove andrà a finire la storia, così come non conosco la data della mia morte. Se fossi andato a Hollywood avrei tradito me stesso e la mia storia d’amore col cinema” (alla Paternò) • Continua dunque a fare film in Francia. Ne realizza uno all’anno, più o meno: «È stato spesso accusato dello stesso peccato di Woody Allen: ripetere continuamente se stesso» (The Guardian) • «Di tutti i film che ho realizzato, una buona parte ha avuto grande o medio successo, la parte residua è stata una catastrofe» • «Ogni lungometraggio inventa quello successivo. Tutte le cose che imparo durante le riprese di un film ho voglia di verificarle e migliorarle durante le riprese del film che viene dopo. Ho l’impressione di essere sempre a scuola. I miei quarantotto film sono stati quarantotto copie in brutta, spero un giorno di riuscire a metterne uno in bella» • Nel 2012 ha aperto una scuola di cinema e di teatro. Oggi gli piace girare con l’iPhone.
Amore «Il soggetto fondamentale» • «C’è chi preferisce il mare o la montagna. E chi sta a rincorrere i soldi. Che idioti, che illusi. È l’amore la sintesi di tutte le nostre preoccupazioni […] Ho trascorso la mia vita a rincorrere l’amore» (a Serenellini) • Ha avuto sette figli da quattro donne diverse, li ha chiamati tutti con un nome che inizia con la S in onore del padre Simon, quello che gli aveva regalato la prima cinepresa • Donne: l’attrice Christine Cochet; la modella Gunilla Friden; l’attrice Evelyne Bouix; l’attrice e cuoca crudivora Marie Sophie Prochat; l’attrice Alessandra Martines, la scrittrice Valérie Perrin • «Le donne sono degli uomini riusciti. Sono state l’ultima invenzione di Dio, ci si è impegnato molto di più» • Figli: Simon (n. 1969), Sarah (n. 1976), Salomé (n. 1983), Shaya, Sabaya e Seb (tra il 1985 e il 1992); Stella (n. 1998) • «I figli e i film sono quel che so fare meglio» (a Serenellini) • Sul MeToo dice: «La guerra dei sessi è cominciata, è la Terza guerra mondiale. Sono triste, perché l’amore è il nostro bene più prezioso, e lo stiamo rovinando. Gli uomini avevano già paura delle donne, adesso sono terrorizzati».
Critica «Un giocoliere della verità, un maestro della dissimulazione. Affabulatore sperimentato, ha fatto della sua naturale eloquenza un podio di sentenze a effetto speciale» (G. Ma., Corriere della Sera, 27/5/2002) • «Romantico e torrenziale» (Titta Fiore, 19/5/2019) • «A me Lelouch piace - non sempre e non in maniera sempre uguale. E mi piace Per caso o per azzardo […] Troppo ben fatto? Troppo astuto? Troppo leggero? Troppo francese? Troppo sentimentale? Troppo uguale a ogni altro film di Lelouch, che fa sempre più o meno lo stesso film, da circa trent’anni? Tutto vero. Se non fosse che Lelouch trasmette con il suo cinema un tale divertimento, una tale grazia, una tale bizzarria, un tale piacere, da farsi perdonare anche tutti i suoi “troppo”» (Irene Bignardi, la Repubblica, 29/11/1998).
Cinema Dice che non bisogna mai leggere le critiche prima di aver visto un film: «Siccome vi raccontano la trama e la raccontano male, vi influenzano. Ai festival per fortuna non c’è tempo di leggere. Si salta da un film all’altro e si passa di sorpresa in sorpresa. Bisogna scegliere un film, come si sceglie una donna, correndo dei rischi» • Non gli piace guardare film alla televisione o sul cellulare: «Io lavorerò per il grande schermo fino all’ultimo respiro! Nulla potrà mai rimpiazzare l’emozione che provoca. Penso che quando la gente si sarà stancata di tutti i surrogati che gli propongono, ci sarà un ritorno nelle sale».
Dialogo «Lelouch: “Questo incontro è l’occasione per scambiarci delle parole d’amore. E per metterti a parte di un mio vecchio sogno, Woody: vorrei tanto dirigerti nel mio prossimo lungometraggio”. Allen: “Quale sarebbe il mio personaggio?”. Lelouch: “Vorrei girare una conversazione fra te e Dio a New York, davanti a un pastrami”. Allen: “È un’idea bellissima! Ma bisogna che ci sbrighiamo: gli anni passano e questa conversazione fra poco rischio di farla per davvero...”» (da Robinson).
Sequel Dopo Un uomo, una donna nel 1966, ha fatto anche Un uomo, una donna, oggi nel 1986 (un fiasco) e I migliori anni della nostra vita nel 2019. La scena in cui Trintignant incontra la Aimée dopo cinquant’anni dura diciannove minuti («Li ho voluti mettere k.o.») • Trintignant ha 88 anni, la Aimée 87 («siamo dei sopravvissuti») • «Nel film si cita Victor Hugo, “I più begli anni della nostra vita sono quelli non ancora vissuti” e io lo penso davvero, la nostalgia non è interessante se non serve al presente» [Ansa, 20/9/2019]
Curiosità Nel 2018 gli hanno rubato l’unica copia della sceneggiatura di Oui et non, il film che doveva realizzare • Dopo che criticarono un suo film, decise di pagare lui il biglietto a chi fosse andato a vederlo il fine settimana dopo (il conto: 150 mila euro) • Votava Hollande • Va pazzo per la pastasciutta • Abitudini salubri: si sveglia presto e va a correre • Porta l’apparecchio acustico • Era molto amico del cantante Johnny Hallyday: «“Era come un fratello, ho passato la vita a filmarlo”. Al suo funerale ha tirato fuori il telefonino per riprendere. Ne farà un film? “L’ho fatto per me. Sono 60 anni che faccio film. Non solo per il cinema: sono 60 anni che filmo, che riprendo. Ogni giorno della mia vita. Invece di scrivere un diario, filmo. È un film che non uscirà mai”» • «La musica è la voce di Dio, è l’unico linguaggio per comunicare l’indicibile. Quando non mi sento bene, per prima cosa ricorro alla musica. Gli antibiotici sono esclusivamente per i casi ostinati» • A ottant’anni continua a realizzare un film all’anno: «Non so fare nient’altro».