Corriere della Sera, 29 ottobre 2019
Biografia di René de Picciotto
Le telecamere, allo stadio, non lo inquadrano quasi mai: in pochi lo conoscono. Ma senza di lui il Lecce non avrebbe mai fermato prima il Milan (per il quale tifava da ragazzo) e poi la Juventus. Se l’artefice, sul campo, della doppia promozione dalla C alla A del Lecce è stato mister Liverani, nei bilanci la differenza l’ha fatta il nuovo super ricco di Puglia, René de Picciotto. Che, però, al mondo del calcio si è affacciato per caso, coltivando tra l’altro un’idea rivoluzionaria: creare una squadra regionale, Puglia.
Nato 75 anni fa al Cairo, ma italiano di passaporto, de Picciotto ha passato gran parte della sua vita in Svizzera, professione banchiere (fino al 2003). Oggi, con un patrimonio di circa mezzo miliardo di euro, possiede sette alberghi in Svizzera e Francia e un centro commerciale a San Pietroburgo. Ma dal 2018 – dopo essersi innamorato di una pugliese, Adele – de Picciotto vive per sei mesi all’anno in Puglia. Dove ha acquistato otto masserie, nella piana degli ulivi secolari di Savelletri, da ristrutturare per ospiti facoltosi. Un po’ come ha fatto con il Lecce, portato in appena un anno e mezzo dalla serie C alla serie A.
Il suo ingresso nella società giallorossa, nel gennaio 2018, fu molto soft: «Non avevo mai investito nel calcio, né ci avevo mai pensato».
Ma galeotto fu un lungo corteggiamento. «Per le mie attività lavoravo con Banca Generali. E uno dei manager di area dell’istituto è Corrado Liguori, vice presidente del Lecce. Per 3 mesi ha continuato a chiedermi di investire nel Lecce. Alla fine ho ceduto, rilevando il 15% del club per 750 mila euro». Oggi de Picciotto è diventato il primo azionista: «Ho prima raddoppiato la partecipazione, dal 15 al 30%, e poi sono cresciuto al 35%, per un investimento complessivo salito a 6 milioni. Ma il mio ruolo è limitato a mettere capitali, quando necessario, e a dare consigli. L’anno scorso è stata mia l’idea di mettere sul piatto un extra budget nonostante fossimo stati appena promossi in B. Con sole 19 squadre anziché 22, ho capito che sarebbe stato possibile arrivare in A».
L’altra idea, però, quella di una squadra regionale, non è passata. «In quel caso mi hanno zittito tutti – sorride de Picciotto – sebbene l’intuizione fosse geniale: con il Bari non iscritto alla B, pensai che sarebbe stata un’opportunità creare una squadra regionale, con un bacino di utenza enorme e uno stadio, il San Nicola, centrale rispetto a tutta la regione. Il nome sarebbe stato Puglia: ma sia a Lecce che a Bari gli interlocutori a cui accennai il progetto mi zittirono in mezzo secondo».
Nell’Italia dei campanili e delle forti rivalità calcistiche, che equiparano la sconfitta dell’avversario alla vittoria della squadra del cuore, è semplicemente impossibile. Per la fortuna dei tifosi del Lecce, passati in pochi mesi dalla sconfitta a Francavilla Fontana al pareggio con la Juventus.