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 2019  ottobre 29 Martedì calendario

Ebrima Darboe, il migrante dell’As Roma

Dal Mediterraneo all’Olimpico, dalla traversata della speranza alla Serie A. Per ora soltanto dalla panchina, ma chissà cosa riserva il futuro a Ebrima Darboe, talento di 18 anni della Primavera della Roma che mister Fonseca ha voluto convocare per l’incontro dei giallorossi contro il Milan, domenica sera. Quando Ebrima mise piede per la prima volta in Italia, nel 2016, era un quindicenne partito dal Gambia – dov’è nato nel 2001 – lasciandosi alle spalle una mamma vedova, sorelle e fratelli, gli amici dell’accademia sportiva con cui condivideva il sogno di diventare un calciatore professionista. In Sicilia era arrivato dalla Libia via mare, su uno dei tanti barconi che partono senza la certezza di arrivare: qui non aveva familiari, nemmeno amici. Migrante solo e minorenne, è finito a Rieti con il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati (Sprar), grazie a cui ha trovato una stanza, nuovi amici, una scuola. E una squadra: la prima, visto che nel suo Paese non ci sono tornei per piccoli club giovanili.
Sabato, appena ha saputo di essere convocato per la prima volta con la Roma dei grandi, ha preso il telefono e ha composto il numero di Massimo Masi, il presidente della Young Rieti, la squadra che ha cambiato la sua vita: «Era commosso, ma lui si commuove sempre. Stavolta lo ero anche io, sembra un film», racconta oggi Masi. «Mi ha detto: Massimo, non mi sembra vero, ti ricordi da dove siamo partiti? Io la Serie A la guardavo in tv». Quando Darboe arrivò era molto magro, ma già bravissimo: «Una tecnica incredibile, la palla sempre incollata al piede», racconta Francesco Spognardi, che a Rieti era il suo allenatore. Un gol dietro l’altro e un soprannome impegnativo: «Lo chiamavamo Ibra. Non per Ibrahimovic, era più facile di Ebrima. ma a lui riempiva di orgoglio essere chiamato come una star del calcio». Ci è voluto tempo per tesserarlo, ma fin da subito s’era capito che quel ragazzo era speciale: «Lo Sprar mi chiese di accogliere alla scuola calcio alcuni dei loro ragazzi: lui però era diverso. Abitavano tutti nelle loro case-famiglia, Ebrima si è integrato rapidamente, ha imparato subito l’italiano, aveva voglia di studiare. E di giocare». L’allenatore ha lavorato sul suo fisico esile, lo portava a fare pesi e organizzava con la squadra barbecue in giardino per fargli mangiare carne: «Per strutturarsi aveva bisogno di proteine». In campo invece lo lasciava libero: «Facemmo un torneo ad Acquasparta ed Ebrima ci trascinò. Il giorno della finale però lui faceva il Ramadan, alla fine era stremato e perdemmo».
Quel torneo fu rivelatore: dopo un tam tam tra gli osservatori lo volevano l’Entella e il Pescara. Poi spuntò la Roma, grazie a dei talent scout che lo segnalarono all’ex responsabile delle giovanili, Massimo Tarantino. Dall’estate del 2018 Darboe è a Trigoria, sede della Roma, dopo lunghe pratiche per il tesseramento (per la firma con un club professionistico serviva il visto della Fifa). Da attaccante è diventato centrocampista, vive nel pensionato della società giallorossa, frequenta il college istituito dal club, ha nuovi amici, ma la residenza è ancora a Rieti per il progetto Sprar. Che però scadrà a dicembre: lui potrà restare in Italia grazie alla Roma, con cui a luglio ha firmato il primo contratto da professionista che gli permetterà di ottenere un permesso di soggiorno per motivi di lavoro. «Mi ha detto che tornerà a Rieti per passare il Natale con noi», racconta il presidente Masi. Altri tre ragazzi che erano con lui oggi sono al Perugia, tutti gli altri hanno dovuto percorrere altre strade: pizzaioli e meccanici. Ebrima non sa ancora chi sarà da grande. A 18 anni, però, inizia a sentire davvero di potercela fare.