la Repubblica, 29 ottobre 2019
Biografia di Abdullah Qardash, possibile nuovo Califfo
Lo chiamano il Professore. Ma l’appellativo più adatto, data l’indole brutale e non meno incline alla spietatezza di chi lo ha preceduto, è il secondo: il Distruttore. Nome con cui entra ora in scena Abdullah Qardash, nuovo capo dell’Isis, prontamente elevato dopo la morte violenta del fondatore Abu Bakr al Baghdadi, come riferiva ad agosto Amaq, agenzia di stampa del califfato.
Per capirne la provenienza, e disegnarne la possibile traiettoria politica, basti sapere che è un ex generale di Saddam Hussein. E già questo sarebbesufficiente ad accennarne il profilo. Ma l’uomo ha spessore dietro di sé, oltrepassando dunque l’immagine di cinico militare avvezzo alle battaglie e alla frusta. Qardash, nato a Tal Afar, nel nord dell’Iraq, si è laureato al Collegio di Scienze islamiche di Mosul e, una volta crollato il regime di Saddam, è entrato nel Califfato nero scrivendone le leggi e scalando rapidamente il vertice. Gli analisti lo descrivono come elemento crudele e autoritario, capace dieliminare in un baleno chi osasse criticare la leadership di al Baghdadi. Perciò, automaticamente rispettato e popolare.
Doppio appellativo, e doppio nome. Qardash, che significa “fratello” (g ià l’ennesimo sdoppiamento), era noto anche come Hajji Abdullah al Afari mentre era a capo degli “Affari musulmani” dell’Isis. Con al Baghdadi ha condiviso il potere e la prigione, incarcerati entrambi nel 2003 a Camp Bucca, il centro di detenzione americano a Bassora per gli affiliati di al Qaeda. Qui i due hanno forgiato, con i colleghi detenuti, le alleanze necessarie alla creazione del cosiddetto Stato islamico dell’Iraq e della Siria. Esperto in diritto islamico e in storia, Qardash è stato poi commissario religioso e giudice generale della sharia (la legge islamica) per l’al Qaeda di Osama bin Laden prima di giurare fedeltà all’Isis. Personalità notevole. Il nuovo numero uno del Califfato nero proviene dalla tribù dei Quraysh che si fregia di appartenere alla famiglia del Profeta Maometto. Ora si vedrà se si autoeleverà alla carica di califfo, come fece al Baghdadi investendosi di un’aurea anche religiosa, per non rimanere semplicemente emiro.
Dice Remy Mahzam, ricercatore al Centro internazionale di ricerca per la violenza politica e il terrorismo all’università di Singapore. L’Isis «si trova di fronte a una leadership divisa, frantumata nelle celle di Siria e Iraq, con fazioni che comprendono elementi tunisini e sauditi pronti eventualmente a rifiutare la visione del prossimo califfo e la sua strategia come leader», spiega.
Ma su Qardesh, al Baghdadi ha puntato. Già malato e sofferente per una ferita in battaglia nel 2018, lo ha fatto suo successore il 7 agosto. Previsione azzeccata, visto quanto accaduto l’altro giorno con il raid americano che lo ha portato al suicidio per esplosione nel villaggio di Barisha, area siriana di Idlib, a pochi chilometri dal confine con Antiochia e la Turchia.
«Lo credevamo un commerciante di olive», diceva ieri la gente del posto, incredula che quell’uomo barbuto che si circondava di mogli e di figli facendosi chiamare (pure lui con un altro nome) Ahmed Mohammed, fosse in realtà il capo dei capi. Quel che resta del suo corpo, saltato in aria nel blitz e recuperato per le analisi del Dna dagli uomini della Delta Force, è stato sparso in mare. Seguendo una funzione religiosa islamica, assicura la Difesa americana. Stesso trattamento riservato a bin Laden, ucciso ad Abbottabad, in Pakistan, nel 2011. Il blitz ha preso il nome di Kayla Mueller, la 26enne volontaria e attivista americana per i diritti umani rapita, divenuta moglie a forza di al Baghdadi, torturata, da lui ripetutamente stuprata, fatta convertire alla nuova religione e poi rimasta uccisa. Mossa dalla volontà di alleviare le sofferenze dei rifugiati, era andata in Turchia nel 2012 per assisterli, e da lì in Siria. In un viaggio purtroppo fatale.
(ha collaborato Francesco Consiglio)