La Stampa, 28 ottobre 2019
Il cardinale Schönborn a favore dei preti sposati
La Chiesa non può essere solo «in visita», con un prete che passa a distanza di mesi. Deve avere una «presenza fissa». Essere «vicina alla gente». Da questa esigenza delle «zone remote dell’Amazzonia» è nata la richiesta dei vescovi di ordinare sacerdoti i diaconi con famiglia. Però l’apertura ai preti sposati è «solo uno dei risultati del Sinodo». Non vanno trascurati i «passi avanti» sul «ruolo delle donne». E sarebbe uno sbaglio irrecuperabile tralasciare il principale obiettivo dell’Assemblea: lanciare un grido di allarme al mondo, perché la devastazione della regione panamazzonica mette in pericolo il pianeta intero. E dunque l’umanità. E questo è un tema cristiano, non solo ambientalista. Parola del cardinale Christoph Schönborn, arcivescovo di Vienna, teologo domenicano, considerato uno dei porporati più influenti e autorevoli del collegio cardinalizio.
Eminenza, come si è svolto il Sinodo?
«Il clima è stato sereno e fraterno. Ci si è ascoltati, condividendo le esperienze e le preoccupazioni. È stato uno dei migliori che ho vissuto, per l’atmosfera e l’efficacia».
Quali erano gli obiettivi generali?
«Innanzitutto la questione ecologica, con la drammatica situazione dell’Amazzonia che per il clima mondiale ha un’importanza cruciale».
Fino a che punto c’è da preoccuparsi?
«Un grande esperto climatico tedesco, il professor Schellnhuber, ha descritta l’emergenza così: la morte della selva amazzonica è la morte del mondo. Ecco, è l’emergenza che ha portato a questo Sinodo, perché il Papa e i padri sinodali volevano lanciare un grido di allarme al mondo».
Le urgenze sono limitate all’aspetto ambientale?
«No. I partecipanti al Sinodo hanno fatto sentire la voce degli indigeni, una delle popolazioni più povere e sfruttate del pianeta».
Qual è l’importanza dell’apertura all’ordinazione sacerdotale di diaconi sposati?
«Innanzitutto va fatta una precisazione: la pastorale in Amazzonia era uno dei compiti del Sinodo, e la mancanza di sacerdoti era un elemento tra tanti altri, non si deve parlare solo dei preti sposati. Per esempio va affrontato il ruolo pericoloso delle sette. Poi la diffusione delle chiese pentecostali, che hanno un influsso tale per cui si stima che già più del 50% dei fedeli siano passati alle correnti evangeliche. Le riflessioni sui diaconi sono partite dal rilevamento di una necessità: la pastorale cattolica non deve più essere solo "di visita", ma di presenza».
Ci spiega che cosa significa?
«A volte occorrono mesi, se non anni, prima che un prete possa tornare - in visita - in una comunità per celebrare messa. Invece il diacono, persona con famiglia e lavoro, è un uomo vicino, che ha una presenza fissa».
Ci aiuta a fare chiarezza sui vari passaggi?
«Nella Chiesa cattolica per essere presbitero (sacerdote, ndr) bisogna prima ricevere l’ordinazione diaconale. Da 50 anni abbiamo l’apertura stabilita al Concilio Vaticano II di uomini sposati che possono ricevere il sacramento dell’ordine nel quadro del diaconato. Sono diventati diaconi permanenti sposati, che hanno famiglia, vita professionale e servono la Chiesa. Molte conferenze episcopali hanno già utilizzato questa possibilità».
Quale per esempio?
«La nostra arcidiocesi di Vienna. Abbiamo una lunga e fruttuosa esperienza di diaconi permanenti, a servizio nelle parrocchie».
Dunque come potrà funzionare in Amazzonia?
«Nelle zone remote, dove c’è una grave mancanza di preti, la comunità potrà chiedere al vescovo, che avrà ricevuto la facoltà dal Papa, di ordinare sacerdote il diacono lì presente. Questo è il cammino che ha proposto il Sinodo e che ha sottoposto al giudizio del Pontefice».
Sulle tematiche della donna nella Chiesa sono stati fatti passi avanti?
«Sì, due in particolare. Si chiede di rivedere il Motu proprio di Paolo VI Ministeria quaedam del 1972 che, praticamene, escludeva le donne da qualsiasi ordinazione. La richiesta è che possano invece essere ordinate al Lettorato e all’Accolitato».
Che cosa vuol dire in pratica?
«In tante diocesi le donne praticano questi ministeri che presuppongono vari compiti: da noi a Vienna ce n’è una trentina che hanno ricevuto dal vescovo la facoltà di presiedere i funerali, altre hanno guidano la liturgia della Parola. Il Sinodo domanda che questa prassi già esistente diventi regolare».
Qual è l’altro risultato?
«In tante comunità amazzoniche le donne hanno responsabilità di guida. Si propone al Papa di dare più ampio rilievo a questi ministeri di fatto già esistenti, riconoscendo ufficialmente il ruolo di "donna dirigente di comunità"».