La Stampa, 28 ottobre 2019
I bordelli anti-crisi del Ticino
Si sa: se c’è la crisi, si tagliano per prime le spese voluttarie, e figuriamoci quelle voluttuose. Ne sanno qualcosa i locali a luci rosse del Canton Ticino i cui clienti, secondo una statistica fai-da-te ma affidabile, sono al 90% italiani e hanno quindi meno soldi in tasca di un tempo (non che gli autoctoni stiano meglio, dopo la fine del segreto bancario). Ma i gestori reagiscono. E così a Lugano e dintorni fioriscono iniziative promozionali per rivitalizzare un mercato della prostituzione un po’ moscio, posto beninteso che nella Confederazione i bordelli sono legali, regolamentati e tassati.
L’alleanza tra club
Così, sabato si sono alleate per la prima volta due cattedrali del sesso come il «Maxim» di Chiasso e il «BamBoo» di Lugano. Ogni cliente dell’una che si presentava nell’altro con il braccialetto comprovante l’avvenuta consumazione otteneva uno sconto su un’ulteriore mezz’ora di amore tariffato: 50 euro invece di 100. Insomma, paghi uno e mezzo e prendi due, con lo slogan malandrino: «Prima "vieni" da noi e poi da loro». Benché presumibilmente rivolta solo ai frequentatori più giovani e pimpanti, l’iniziativa ha avuto successo: «Ne hanno usufruito una sessantina di clienti sui circa 400 di sabato», stima Michel Da Ros, gestore del «BamBoo». Stefano Taroni, il suo collega del «Maxim», a 500 metri dall’Italia, cerca anche di contrastare la concorrenza del calcio, perché quando ci sono le partite in tv il locale si svuota. Così il 23, in occasione di Inter-Borussia, la tariffa è stata scontata da 100 a 69 euro, cifra non tonda ma, come dire?, evocativa. Anche qui, successo. E poi i locali a ridosso del confine hanno due ulteriori vantaggi. Primo, sono coperti dalle reti telefoniche italiane, sicché quando la moglie fa la telefonata al marito con altre fanciulle affaccendato gli risponde la segreteria telefonica in italiano e non in tedesco. Secondo, per arrivare a Lugano bisogna ostendere la vignetta dell’autostrada e quindi sottoporsi alle relative inquisizioni, una volta rientrati a casa.
Ma, nonostante questa creatività, resta l’idea di un settore un po’ in crisi. Il primo colpo arrivò nel 2012, quando il Cantone ridusse le zone dove si possono aprire le case chiuse, che passarono da 38 alle attuali sette. Un’altra legge appena entrata in vigore è ancora più controversa perché, dopo aver scoperto che l’evasione fiscale delle «orizontales» era altissima, il Ticino ora vuole obbligare i gestori dei locali a raccogliere i 25 franchi al giorno che ogni ragazza deve allo Stato. Loro obiettano che non sono i datori di lavoro delle escort, ma solo i loro affittuari. E tuttavia, se queste incertezze legislative si risolvessero «e si aprissero nuovi locali, il settore ripartirebbe alla grande», scommette Da Ros.
Nessun sfruttamento
Intanto bisogna accontentarsi di quelli che già ci sono. Tipo appunto il «Maxim». Al piano terreno, corrisponde più o meno all’idea che uno si fa di un bordello: luci rosse, pali e non per la luce, ragazze (s)coperte dal minimo indispensabile e issate su zatteroni del massimo tollerabile di altezza e clienti della domenica pomeriggio abbastanza agé, gente per cui immagineresti che l’unico possibile peccato della carne sia una bistecca. Ma al primo piano, a parte alcuni bizzarri accessori, le camere sono davvero banali. Regna ovunque la tipica implacabile pulizia svizzera. Infatti Taroni mostra per prima cosa la lavanderia, anche questa superaccessoriata, e il condotto che permette alle signorine di farci arrivare direttamente la biancheria usata. L’insieme, francamente, non ha nulla di peccaminoso, men che meno di sordido: più che Dickens, evoca il cinismo di Dumas padre, autore di una guida alle professioniste di Parigi dove mise anche Alphonsine Duplessis alias Margherita Gauthier alias Violetta Valéry, insomma la traviata, grande amore di suo figlio.
Ma lo sfruttamento, il racket? «Certo, ci sono. E iniziano lì - taglia corto Taroni indicando in direzione dell’Italia -. Io non sfrutto nessuno, le ragazze lavorano se vogliono, ci sono controlli sanitari, pulizia e polizia. In ogni camera, basta spingere un bottone e arriva la vigilanza». Conferma Nicoletta, romena, 31 anni, da 5 in Svizzera, «e venuta per far questo. Non mi ha costretto nessuno. Lavoro sei giorni alla settimana, guadagno bene. Come mi vedo fra 10 anni? Non so, magari tornata a casa, un negozio a Bucarest l’ho già comprato».
Però Taroni, scusi la curiosità, ma benché legale (qui), il mestiere di gestore di bordello appare un po’ insolito: come ci si arriva? «Dai 18 ai 26 anni ho fatto il direttore di un’impresa di pompe funebri. Poi mi sono messo in proprio, ma è andata male. Allora sono tornato all’impresa dove avevo iniziato, ma part time. La sera lavoravo in uno di questi locali. Insomma, la mattina mi occupavo di funerali e la sera di sesso. Poi ho scelto». Eh già: eros e thanatos, i due business intramontabili.