la Repubblica, 28 ottobre 2019
Clero, sempre meno vocazioni
Quindici volti immortalati su delle foto posizionate su un pannello all’entrata del Duomo di Milano. Così lo scorso giugno la diocesi tra le prime tre al mondo come numero assoluto di fedeli, il suo territorio è fra i più estesi d’Europa, comunicava la notizia delle nuove ordinazioni sacerdotali. Quindici nuovi preti in tutto, davvero pochi se paragonati al numero di ordinazioni di qualche decennio fa quando la cattedra di sant’Ambrogio – tre arcivescovi beatificati, due eletti al soglio di Pietro – formava ogni anno dozzine di sacerdoti, molti poi prestati «fidei donum» ad altre diocesi sparse in giro per il mondo. Da Milano alle altre sedi locali d’Italia il panorama non cambia e mostra, impietoso, una crisi di vocazioni dalle dimensioni globali e che nei prossimi anni obbligherà a nuove soluzioni, probabilmente l’ipotesi dell’introduzione di sacerdoti sposati come proposto l’altro ieri dal Sinodo dei vescovi al Papa per le regioni amazzoniche. Ancora a Milano statistiche verosimili prevedono che nel 2028 ci sarà un quarto di preti in meno mentre un sacerdote su sei avrà più di 80 anni, così nelle diocesi limitrofe e allo stesso modo altrove, il tutto mentre la soluzione tampone di affidare più parrocchie a un solo prete non basta più e, fra l’altro, mostra tutta la sua inconsistenza con sacerdoti costretti a divenire «funzionari del sacro» e non, come dovrebbe essere, padri del gregge loro affidato.
In un recente studio pubblicato su Settimana News il sociologo Franco Garelli snocciola cifre allarmanti. A maggio 2019 erano presenti in Italia 32.036 sacerdoti diocesani; circa un prete ogni 1.900 abitanti; mentre 30 anni or sono (nel 1990) il clero diocesano era composto da oltre 38mila unità. In tre decenni, dunque, il corpo sacerdotale si è ridotto a livello nazionale del 16 per cento circa. Ma la riduzione diviene drammatica se si guarda al forte processo di invecchiamento del clero che si è registrato negli ultimi decenni. Dice Garelli: «Se, per convenzione, consideriamo non più attivi (o non più impegnabili in un ruolo pastorale ordinario) i preti con più di 80 anni, emerge nel tempo uno scenario ancora più critico. Confrontando i preti di oggi con i preti di ieri con meno di 80 anni, la riduzione del corpo sacerdotale risulta del 25 per cento. I preti con oltre 80 anni erano il 4.3 per cento del clero del 1990, mentre sono il 16.5 per cento del clero del 2019. Se, invece, operiamo il confronto tra i sacerdoti con meno di 70 anni, la riduzione dell’insieme del clero diocesano in Italia risulta – negli ultimi 30 anni – del 31 per cento. I preti con più di 70 anni erano il 22.1 per cento del clero del 1990, mentre sono il 36 per cento del clero del 2019».
La crisi investe l’Italia al Sud come al Centro e ancora al Nord. Si può scegliere come campione una diocesi qualsiasi, i dati sono simili lungo tutto lo stivale. Un articolo de La difesa del popolo, settimanale diocesano di Padova, spiega che basta spulciare i bollettini diocesani (il primo risale al 1916) per rendersi conto dei segnali di una «crisi epocale»: nel 1938 i preti padovani erano 896 (di cui 48 fuori diocesi), uno in più nel 1956, mentre nel 1979 si arriva addirittura a 920 per poi scendere a 906 nel 1988 e quindi a 874 nel 1994. E nel 2019? Soltanto 631, e con un’età media di 64,11 anni. Le classi d’età più numerose sono i 73enni (29) e gli 81enni (23). In 280 hanno un’età superiore a 70 anni, mentre sono 52 gli under 40. Lo storico della Chiesa don Stefano Dal Santo dice: «Molto probabilmente i numeri del clero non sono mai stati esigui come oggi. Come riporta Giacomo Martina nella sua “Storia della Chiesa da Lutero ai giorni nostri”, storicamente il problema in Italia è sempre stata la sovrabbondanza, con un sacerdote ogni 40-50 abitanti nel Settecento, uno su 200-250 nell’Ottocento e uno su 1.100 nel Novecento. Quella che nei secoli passati veniva chiamata la pletora ecclesiastica causava numerosi grattacapi ai superiori, un vero problema sociale, una massa di persone scarsamente occupate e anche per questo irrequiete».
Quest’anno la diocesi di Bolzano- Bressanone ha ordinato un solo sacerdote. Dice a Repubblica il vescovo Ivo Muser: «Oggi ordiniamo un prete all’anno, nel 1965 ne ordinammo 37». I preti sposati potrebbero essere una soluzione ma, dice Muser, «fuori dalle ideologie». Spiega: «Il rischio adesso è che ci si polarizzi, da una parte chi vuole chiudere sul celibato ecclesiastico e dall’altra chi vuole aprire. No, occorre continuare sulla strada del Sinodo voluto da Francesco, e cioè ascoltare tutti e trovare strade che ci facciano restare dentro l’alveo della Chiesa». Bolzano nei prossimi anni chiamerà in aiuto preti provenienti dall’Africa, che resteranno solo per alcuni periodi di tempo. Mentre la diocesi si sta attrezzando per formare laici su diverse funzioni, fra queste la celebrazione dei funerali. Dice Muser: «Formeremo donne e uomini affinché possano celebrare il rito funebre, ma non la messa».
In Italia un esercito è comunque pronto a tornare in campo e dare il suo contributo. Si tratta dei circa 8mila sacerdoti sposati – sono quasi centomila in tutto il mondo – che hanno abbandonato l’esercizio del proprio ministero. La maggior parte desidera ritornare a esercitare. Dice Rosario Mocciaro, sacerdote siciliano, sposato civilmente dal 1977: «L’imposizione del celibato dei preti è una legge ecclesiastica che stride con il Vangelo, in cui la strada del celibato è semmai consigliata, ma non imposta».