Il Messaggero, 27 ottobre 2019
Grandi celebrazioni a Hollywood per Lina Wertmüller (intervista)
Hollywood s’inchina a Lina Wertmüller, che a 91 anni è ancora la ragazza terribile del cinema italiano: prima donna regista a conquistare la nomination agli Academy (nel 1977, per Pasqualino Settebellezze), coraggiosa e anticonformista, stasera riceverà l’Oscar onorario nel corso del gala dei Governor Awards e domani festeggerà l’apposizione della sua Stella personale sulla Walk of Fame, evento conclusivo di una settimana densa di omaggi. «Sono emozionatissima», sussurra Lina che tra poche ore, in abito da sera Etro con kimono, sarà festeggiata da star come Al Pacino, Brad Pitt, Nicole Kidman, Leonardo DiCaprio. Ci sarà anche Sofia Loren, interprete di tanti film della regista (Fatto di sangue tra due uomi per causa di una vedova, Sabato domenica e lunedi, Peperoni ripieni e pesci in faccia) e sua amica del cuore.
LA DEDICA
«Sarò felice di rivedere Sofia, le voglio molto bene... È un grande onore, per me, ricevere il premio per l’insieme del mio lavoro. Dedico l’Oscar a mio marito Enrico Job, l’amore della mia vita (è scomparso nel 2008, ndr) e a nostra figlia Maria Zulima», dice commossa Lina che, in questa travolgente avventura hollywoodiana, ha accanto a sé l’amatissima erede di 28 anni, e Tony Petruzzi, protagonista nel 1963 della sua opera prima I basilischi, Valerio Ruiz regista del documentario Dietro gli occhiali bianchi sulla sua vita. E anche Pascal Vicedomini, segretario dell’Istituto Capri nel Mondo che per anni si è impegnato affinché la Mecca del cinema rendesse il dovuto onore a Lina, che parlerà domani, alla cerimonia per la Stella (la numero 2679, apposta con il contributo Siae) insieme con lo sceneggiatore premio Oscar Steven Zaillian mentre il Tcl Chinese Theater programmerà una retrospettiva dei film della regista di Mimì metallurgico ferito nell’onore e Travolti da un insolito destino nell’azzurro mare d’agosto.
RIVINCITA FEMMINISTA
Nell’era della rivincita femminista, l’Oscar onorario (non a caso preceduto, giovedì scorso a Los Angeles, da un solenne festeggiamento dell’Associazione Women in Film) arriva a premiare la carriera felicemente anarchica e sempre controcorrente di Wertmüller, pioniera un po’ in tutto: è stata la prima regista italiana a dirigere delle commedie di successo internazionale, la prima a partecipare in concorso al Festival di Cannes (nel 1972, con Mimì metallurgico), la prima donna ad ottenere la nomination all’Oscar per la regia aprendo la strada a Jane Campion, Sofia Coppola, Katryn Bigelow, Greta Gerwig, le uniche quattro che l’avrebbero poi seguita. «Ma io non mi sono mai sentita un’apripista in senso femminista», osserva Lina, «ho fatto le cose che amavo, tutto qui». Oggi, anche se la definizione di «icona» la fa sorridere, Wertmüller sa bene che l’Academy onorario premia la sua carriera fatta di passione, libertà, coraggio: la regista si è divertita a dipingere nelle sue commedie una società grottesca, ironizzando spesso sulla sinistra, e non è mai stata troppo amata dalla critica italiana. «Ma non me n’è mai fregato nulla: se avessi ricevuto solo recensioni positive, sarei finita nello scaffale dei registi impegnati e non l’avrei sopportato», dice. Tempo fa, per riderci su, provò a stringere la mano a Nanni Moretti che l’aveva presa in giro in Io sono un autarchico. Lui le voltò le spalle. E lei taglia corto: «Fu un cafone e lo mandai a quel paese».
AI SUOI PIEDI
Nel documentario Dietro gli occhiali bianchi, Harvey Keitel dice che «vederla lavorare è una gioia», Martin Scorsese afferma che «i suoi film sono come il carnevale», Henry Miller ha scritto che, dopo la visione di Travolti da un insolito destino, pensò che «Hollywood non si sarebbe mai concessa tutta quella libertà». Robert Altman le baciò i piedi. Nel 2006, al festival Los Angeles Italia, Al Pacino s’inginocchiò davanti a lei. A maggio scorso, a Cannes, Leonardo DiCaprio le ha reso omaggio. Giancarlo Giannini, che riconosce di doverle il grande successo popolare, rivela che sul set Lina «ha la forza di dieci uomini».
CARATTERE
E lei, che ancora oggi continua ad accendere una sigaretta dietro l’altra, minimizza: «Dominare una troupe non è una questione di fisico ma di carattere. Ho sempre saputo il fatto mio e, quando serviva, ero pronta ad alzare le mani». Infatti, durante le riprese di Sabato domenica e lunedì, morse un dito a Luciano De Crescenzo colpevole di gesticolare troppo. Lo sventurato smise immediatamente.
IL VERO SUCCESSO
Lina considera l’incontro con Job il suo successo più grande. Al Giornalino di Gianburrasca, cult tv da lei diretto nel 1964, è particolarmente legata perché si sente un po’ monella come il personaggio interpretato da Rita Pavone: «Ho sempre avuto il gusto di farla a qualcuno». Oggi non pensa ad andare in pensione ma programma l’allestimento teatrale della commedia musicale di Iaia Fiastri A che servono gli uomini? con Nancy Brilli. «Ho un’età veneranda, lo so, ma guardo al futuro. Ho tanti progetti che potrei andare avanti fino a 130 anni». E magari conquistare un altro Oscar. In questi giorni di festa, a Hollywood e nel resto del mondo, glielo augurano tutti