Carlo Bastasin per ''Il Sole 24 Ore'', 27 ottobre 2019
IL LIBRO FONDAMENTALE SUL ''CAPITALISMO DELLA SORVEGLIANZA'' ESCE IN ITALIANO: SHOSHANA ZUBOFF ATTRIBUISCE A FACEBOOK LA QUALIFICA DI ''UNTORE'', MA IL VERO CATTIVO DEL LIBRO È GOOGLE. DOPO UN INIZIO IDEALISTA, I DUE FONDATORI PAGE E BRIN HANNO ADOTTATO L'ESTRAZIONE DI DATI CHE ORMAI È IN GRADO DI ANTICIPARE IL MODO DI PENSARE DEGLI UTENTI, DI FATTO INFLUENZANDOLI - IL ROBOT CHE PULISCE I PAVIMENTI, IL MATERASSO CHE REGISTRA LA "QUALITÀ" DELLE NOTTI, IL TERMOSTATO, IL CITOFONO E LE TELECAMERE DI CASA INCORPORANO DEI GIUDIZI SULLA NOSTRA VITA ATTRAVERSO CUI ESERCITANO FORME DI AUTORITÀ -
Quando guardiamo uno schermo elettronico viviamo un' esperienza che non è nota in natura: non guardiamo attraverso un vetro, né uno specchio, ma ci facciamo guardare da esso. Ho cominciato a leggere il libro di Shoshana Zuboff, Il capitalismo della sorveglianza, su un lettore elettronico mentre ero seduto sulla "red line" che mi portava da Harvard al centro di Boston e il cui biglietto avevo pagato con la carta di credito. Sceso vicino al Commons, il parco urbano, ho acquistato un paio di giornali con una app del telefono e ho voluto provare una terribile "acqua di cocco" servita in una corretta bottiglia di vetro.
Infine ho camminato fino a South Station dove ho preso la "silver line" che conduce all' aeroporto. A quel punto, in attesa del volo per Washington, ho calcolato quante informazioni elettroniche avevo lasciato dietro di me e quale profilo ne sarebbe risultato. I giornali scelti, la lunga camminata, i mezzi pubblici, le sottolineature sul libro e ovviamente l' acqua di cocco mi smascheravano come un potenziale elettore di Elizabeth Warren e fiero sostenitore di Greta. Vero o no. Che io lo volessi oppure no.
Sappiamo che esiste un rischio nel collegamento tra tecnologia e democrazia. L' ingenua visione delle piattaforme attraverso cui si esprime la volontà del popolo è ridicolizzata dalla realtà. Ma non è la realtà dell' ubiqua sorveglianza che mi ha colpito, bensì il fatto che stia avvenendo sotto i nostri occhi senza che ne siamo sufficientemente allarmati. Come cioè se fosse già parte della normale vita quotidiana. Il libro di Zuboff spiega quanto poco normale tutto ciò sia.
La denuncia va oltre il caso di Cambridge Analytica, la società in grado di usare i dati personali di Facebook per contribuire all' elezione di Donald Trump. Secondo Zuboff aziende come Google stanno costruendo un nuovo ordine economico la cui materia prima è l' esperienza della vita umana. Qualsiasi cosa facciamo vale come fonte di dati che servono non solo ai fini economici, ma a trasformare la vita stessa, secondo un meccanismo senza fine.
Se un comportamento non è conveniente al conto economico di una compagnia di assicurazione, dati e prezzi permetteranno di dissuadere l' utente. Il frigorifero che ordina le birre, il robot che pulisce i pavimenti, il materasso che registra la "qualità" delle nostre notti, il termostato, il citofono e le telecamere di casa incorporano dei giudizi sulla nostra vita - non necessariamente morali - attraverso cui esercitano forme di autorità.
Tutto ciò avviene al di fuori della tradizionale reciprocità dello scambio economico, nel quale ognuno di noi acquista un bene o un servizio in cambio di denaro. Nello scambio digitale sono le mie stesse informazioni a mettermi in condizione di inferiorità rispetto al venditore, che sa tutto di me senza che io sappia nulla di lui. Questa confutazione del rapporto tra consumatore e tecnologia come ultima iterazione dell' industrializzazione è forse la parte più convincente dell' inquadramento di Zuboff e meriterebbe di essere esteso in una più ampia valutazione del capitalismo in tutte le attività immateriali, finanza compresa.
Se Zuboff attribuisce a Facebook la qualifica di «untore del capitalismo della sorveglianza», il vero cattivo del libro è Google. Dopo un inizio idealista, i due fondatori Larry Page e Sergey Brin hanno adottato l' estrazione di dati utili all' analisi predittiva dei comportamenti, aprendo la strada alle pubblicità mirate, portatrici di profitti per l' azienda attraverso algoritmi mai rivelati, in grado di anticipare il modo di pensare degli utenti, di fatto influenzandoli. Si tratta di un potere disponibile solo a pochi super-esperti a patto che dispongano anche dei capitali per costruire un' adeguata capacità computazionale e trasformare l' intera internet in una rete da pesca per gli inserzionisti.
"Street view" e la mappatura di Google-Earth, per esempio, costituiscono il panottico benthamita dei tempi moderni che corrisponde allo spirito del tempo - la sorveglianza appunto - emerso dopo l' 11 settembre 2001. A chiudere il cerchio sono state la campagna di Barack Obama del 2008 e soprattutto quella di Trump nel 2016: i dati dei cittadini sono entrati in una dinamica tale per la quale essi avrebbero votato prima ancora di deciderlo.
La dimensione della sfida posta da big-tech ha fatto salutare il libro di Zuboff come un testo epocale. Il collegamento diretto che vede tra manipolazione dei dati e dinamiche capitaliste non è però del tutto convincente. Il problema dei tech-giants è che diventano rapidamente monopolisti: più li si usa, e più i loro algoritmi migliorano, mettendo fuori gioco gli avversari.
Il regolatore pubblico può e deve intervenire, sanzionando le pratiche monopolistiche e manipolatorie. Il problema è quello antico dei monopoli e dell' asimmetria informativa, quest' ultima con le nuove tecnologie diventa molto pericolosa. Intervenire è un' opportunità per migliorare il funzionamento del mercato. Aiutare il consumatore a fare un uso informato delle tecnologie non servirà solo a sostituire Google con altri motori di ricerca più attenti ai diritti degli individui, ma forse aprirà la porta a una nuova cultura dell' intervento pubblico nell' economia. È una riflessione su cui la cultura pubblica americana è tanto vivace a parole quanto le istituzioni sono in ritardo nei fatti rispetto a quella europea.
Zuboff osserva che identificare le minacce nel potere dello Stato «ci ha lasciato impreparati a difenderci da nuove aziende dai nomi fantasiosi, guidate da giovani geni apparentemente in grado di offrirci gratuitamente tutto quello che volevamo». Il fallimento dell' Antitrust americana rispetto a quella europea non ha però a che fare solo con le ideologie, ma per paradosso con una minor cura per i diritti degli individui. La Corte di Giustizia europea ha riconosciuto l' importanza della libera circolazione delle informazioni, senza però metterla sullo stesso piano della salvaguardia della dignità, della privacy e della protezione dei dati.
Furono le autorità tedesche a scoprire che Street View catturava dati dalle abitazioni private, e gli abitanti di una cittadina inglese a fermare le auto di Google. I cittadini riescono a difendersi anche oltre il "diritto al santuario", l' area di privatezza che definisce il solo spazio di libertà dell' individuo. C' è una componente magica nell' esaudire i desideri con una semplice ricerca sul web, opere come quella di Zuboff contribuiscono al disvelamento di questo incanto a cui siamo tutti esposti.
Il capitalismo della sorveglianza Shoshana Zuboff Luiss, Roma, pagg. 622, 25.