Il Sole 24 Ore, 27 ottobre 2019
Biografia di André Breton
Il 14 luglio 1916 nella sala Zur Waag, a Zurigo, vi è la prima apparizione pubblica di un movimento artistico e letterario d’avanguardia. Si chiama Dada e il nome non ha alcun particolare significato: oltre che “sì, sì” in russo, pare derivi da una voce onomatopeica del linguaggio infantile, che indica il “cavallo”. L’aveva ideato il suo fondatore, un poeta rumeno noto con lo pseudonimo di Tristan Tzara, aprendo a caso un vocabolario francese. La manifestazione è un coacervo d’iniziative: musiche, danze, manifesti, letture poetiche, esposizione di maschere africane e opere pittoriche.
Quando il movimento giungerà a Parigi, le stravaganze si faranno norma. In molti si accorgono della sua esistenza il 5 febbraio 1920: Tzara riunisce una folla, per un evento al Grand Palais, facendo circolare la voce che sarebbe intervenuto Charlie Chaplin, nuovo adepto di Dada. Codesta tendenza che si rivolta contro tutto, ha trasformato la Salle Gaveau – dove si eseguivano con solennità liturgica concerti di musica classica – in una specie di deposito di pacchi composti da carta da imballaggio su cui troneggia un simbolo fallico. Dada arriva sulla Senna con un invito di André Breton, che il 23 febbraio 1920 inaugura il primo dei venerdì della sua rivista Littérature. Sarà vero o no, di certo costui ci mette del suo quando Dada pubblicizza con un tocco scandaloso le proprie iniziative. Per esempio, la Salle Gaveau è annunciata con volantini su cui, oltre le pratiche informazioni, si legge: «Chacun de vous a dans le coeur un comptable/ une montre et un petit paquet de merde». Un poco elegante insulto ai ricchi operatori economici che vivevano guardando l’orologio, categoria che a Berlino gli studenti chiamavano ancora filistei e a Parigi erano noti come borghesi.
Chi è André Breton? Il ventiseienne che ha diffuso nella Ville Lumière le stravaganze di Dada? In quel 1920 qualcuno avrebbe potuto rispondere un poeta, che sovente firma con un anagramma, iscritto a medicina. Ha anche lavorato in un centro neurologico. In ospedale, tra folli e follia, nel 1916 ha incontrato una persona importante per la sua visione delle cose: l’ex militare dandy e nichilista Jaques Vaché, che desidera una risposta etica ed estetica ai drammi della guerra. E nel 1917 conosce a Parigi Louis Aragon. Breton ormai già intende il lato recondito e impersonale della mente come luogo in cui si libera l’immaginazione: qui troverebbe le sue ragioni l’invenzione poetica.
Nel volgere di qualche anno sarà uno degli iniziatori del Surrealismo, del quale diventa animatore e sacerdote; c’è chi ne sottolinea l’impegno politico, anche se aderisce al comunismo nel 1927 e nel 1935 cambia idea. Altri si entusiasmano per il suo viaggio di nozze, durante il quale fu ricevuto da Freud a Vienna; altri ancora si commuovono per il suo atelier di rue Fontaine a Parigi, dove si tenevano esperimenti di scrittura sotto ipnosi, sedute spiritiche; e qui si raccoglievano cose stravaganti trovate per strada, ritagli di giornali, maschere e oggetti sacri, altro.
Ora Luana Salvarani ha raccolto in un volume ricordi, testimonianze, considerazioni e mini-biografie di Breton, definito “lo sciamano della poesia”. Da Julien Graq a Roger Caillois, da André Masson a Philippe Jaccottet, da Jean Starobinski a Michel Butor si offre il ritratto di un personaggio unico. Chi scrive ama le due deliziose pagine di Raymond Queneau. Si legge: «Una delle ultime volte che l’ho incontrato, gli ho parlato di quella tesi sul Dada che si discuteva alla Sorbona. Non c’è settimana, mi diceva, in cui non riceva una tesi sul Surrealismo, o anche due. Fece una risatina e aggiunse: “È quella che chiamano cultura”».