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 2019  ottobre 27 Domenica calendario

Tutte le creature di Rambaldi

Che emozione, trovarsi di fronte a pezzi originali di film che abbiamo amato e sono entrati nella storia. Per esempio Alien, E.T., King Kong. Tanto per dirne tre, che hanno un nome in comune: Carlo Rambaldi, e per ciascuno di questi film prese l’Oscar per gli effetti speciali. Così non potevo perdermi la mostra intitolata «La meccanica dei mostri», a Roma, al Palazzo delle Esposizioni (fino al 6 gennaio). Una meraviglia, a cominciare dal trovarsi di fronte tutti gli accuratissimi disegni di Rambaldi per l’ideazione di E.T., sembrano fatti da Michelangelo.
Capisci che Rambaldi ci metteva tutto sé stesso, lì dentro. E capisci che Spielberg è un grande regista, ma senza Rambaldi non avremmo conosciuto E.T. come lo conosciamo oggi. Anche perché non c’erano ancora gli effetti speciali digitali, non si faceva tutto con il computer, per far vedere qualcosa sullo schermo dovevi crearla davvero, e farla muovere, creare davvero, con plastica, silicone, meccanismi, l’illusione della realtà. Rambaldi fu un precursore, pensate che già nel 1955 registra un brevetto per un «sistema per l’attivazione elettromeccanica di pupazzi». La storia di E.T. inizia già con quel brevetto, numero 825749.
Ci sono pezzi di testa dell’extraterrestre più commovente del mondo, quella testa schiacciata con quei grandi occhi, e il famoso dito, e giri per le sale e pensi «telefono casa, telefono casa», e poi anche una versione di E.T. spellato, robotica, solo meccanismi, e quando ci passi davanti dovrebbe animarsi grazie a dei sensori, ma siccome siamo a Roma non si anima niente, hai voglia a passarci e ripassarci davanti, pazienza, è meravigliosa lo stesso. E anche l’E.T. di quando stava per morire E.T., chiuso dentro una teca, sembra un po’ troppo finto, ma ci sta che sembri finto ciò che sembra verissimo sullo schermo. Sebbene sappiamo che sulla scena vengono usati molti pupazzi diversi, quindi non sai se è quello che è stato usato, magari solo in qualche ripresa, in quale fotogramma, di certo però questo presente alla mostra era lì, sul set, o è stato importante per realizzarne un altro, comunque sia una figata.E poi Alien, non vi aspettate la regina madre intera perché comunque, ripeto, siamo a Roma, le mostre sono sempre belle a metà. Ma in ogni caso sculture servite per realizzare l’originale, schizzi e sculture dell’orribile, magnifica testa con quella bocca che esce da dentro un’altra bocca, altra geniale idea di Carlo Rambaldi, il quale ha realizzato l’alieno più dolce della storia del cinema e anche quello più cattivo. E poi i vermi di Dune (piccoli, ma nel film enormi) e poi una testa di Profondo rosso. E poi il Pinocchio del Pinocchio di Comencini, che sembra sia l’originale, sembra, di certo è uguale, non quello animato ma forse quello usato per quando nel film non era ancora un burattino vivo. Sebbene il gentilissimo Piergiorgio Paris, ufficio stampa che mi fa da Cicerone, mi racconti una storia in cui all’inizio Rambaldi contestava l’originalità di quel Pinocchio, ma poi l’ha confermata, e comunque chissenefrega, è sicuramente quel Pinocchio o giù di lì.
Ma è quando entriamo nella sala per me più importante che perfino Paris capisce la mia emozione, e mi domanda «Vuoi che ti lasci solo?». La sala del mio mito, King Kong. Per me la più bella in assoluto. Non ci sono solo schizzi, disegni, progetti. No, qui c’è proprio un pezzo di King Kong, senza ombra di dubbio, un enorme braccio con tanto di mano aperta nella quale chiunque non resiste a farsi un selfie, e neppure io, e prima di congedarmi da Paris per restare da solo con il mio amore gli chiedo se può farmi una foto, nella mano di King Kong.
Proprio la mano nella quale è stata Jessica Lange, esattamente quella mano, mi batteva il cuore perché King Kong è il mio eroe, si innamora di una ragazza e la prende e la porta in cima all’Empire State Building, e poi arrivano gli aerei mandati dalle femministe del #metoo per ucciderlo, e lo uccidono, e tutti noi piangiamo per la morte di King Kong, e anche Jessica Lange piange per la morte di King Kong, il primo premio Oscar di Rambaldi e anche il più grande eroe romantico di tutti i tempi, King Kong, il santo protettore di tutti i molestatori, che oggi condannerebbero per stalking e come è successo a Kevin Spacey non gli farebbero più fare film.