ItaliaOggi, 26 ottobre 2019
Periscopio
È possibile parlare a lungo, chiaramente, senza dir nulla. Uffa News. Dino Basili.Le malattie dell’anima sono più pericolose e più numerose di quelle del corpo. Cicerone.
Se incontro la cocaina, si eccita lei. Vittorio Sgarbi (Alessandro Gnocchi). Il Giornale.
Berlusconi ha dato indicazioni perché i suoi uomini votassero per il taglio dei parlamentari. Evidentemente anche lui ritiene più conveniente piegarsi alle mode del momento. Pier Ferdinando Casini, deputato Pd (Emanuele Lauria), la Repubblica.
I politici l’hanno mai corteggiata? «Come no». Chi? «Di sinistra, di centro, di destra, di sopra, di sotto. Non mi piace la loro compagnia». Renato Zero, cantante (Roberto Gobbi). Sette.
Salvini gioca facile perché può dire a questa sinistra che sono comunisti con il Rolex. Io al polso ho un orologio di plastica da 50 euro. Sono un comunista senza Rolex. Un’altra cosa. Marco Rizzo, leader dei Comunisti italiani (Franco Bechis). Il Tempo.
Per uscire dalla crisi bisogna ridurre i compiti dell’Unione europea e aggiungere la funzione che oggi manca che è la difesa. Se vai in un bar di periferia, uno degli ultimi luoghi democratici rimasti, entri e dici che serve l’unione bancaria non la prendono bene. Se dici ci vuole una difesa comune probabilmente ti pagano da bere. Con questa immagine voglio dire che deve tornare il sentimento dei popoli. Con un po’ di buona volontà può succedere. Giulio Tremonti, ex ministro dell’Economia (Antonio Signorini). Il Giornale.
Calenda è stato veloce, però (spiegano nel monastero del renzismo) il cocco pariolino di Gentiloni guarderà a sinistra, se la intenderà con Nicola Zingaretti, mentre noi abbiamo un altro, grandioso piano. Così ti raccontano che Renzi, intimo amico di Denis Verdini, da mesi parla con Paolo Romani, ex berluscones di rango, e da un po’ osserva con insistenza anche Mara Carfagna, da molti indicata come possibile erede del Cavaliere alla guida di Forza Italia. Insomma, l’idea di Renzi sarebbe quella di far crescere la sua margheritina annaffiandola con voti berlusconiani in uscita (o in fuga, fate voi). Fabrizio Roncone. Corsera.
L’andazzo attuale delle querele è un mercato boario in cui avventurieri, politici di mezza tacca e fasulli vilipesi ti portano in giudizio, puntando ai soldi senza neanche i rischi della roulette. Se va bene, incassano. Se va male, non pagano pegno e ci riproveranno. Ce ne sono di quelli, e potrei fare nomi, che querelano a mazzi come la vecchietta compra i «gratta e vinci». Anni fa si diceva di un noto magistrato, vincitore a iosa di ricche querele grazie ai colleghi compiacenti, che le accumulasse in un contenitore con su scritto: «Per un’agiata vecchiaia». Giancarlo Perna. LaVerità.
Costruire è un gesto di pace. È infatti l’opposto del verbo distruggere. Quando immagino musei, biblioteche, università, ospedali, tribunali, penso a luoghi in cui dare rifugio alla bellezza dell’umanità. L’essenziale non è visibile, diceva Il Piccolo Principe. Quando parliamo di una «bella persona», una «bella idea», facciamo riferimento a ciò che non appare. Renzo Piano, architetto (Anai Ginori). la Repubblica.
La curva dei 200 di Berruti è ancora insuperata: quelle ginocchia alte, quella disumana leggerezza. «Correre la curva aveva qualcosa di erotico. Non ho mai risparmiato energia per il rettilineo. Nel ’61 feci delle gare in Giappone e tutti mi chiedevano: ma come fa lei a correre così bene la curva? Io risposi: vado a pattinare. Era vero e non era vero. I velocisti giapponesi mi presero in parola. Andarono a pattinare e finirono lunghi sul ghiaccio». Livio Berruti, campione olimpico di Roma nel 1960. Enrico Sisti. la Repubblica
Leo Longanesi diceva: «A Roma, a Milano, ho trascorso anni, ma a Bologna, come s’usa dire, ci ho lasciato il cuore. Posso dire di conoscere ogni porta, ogni finestra... L’umore della vecchia Bologna non l’aveva piegato neanche la dittatura. Il 20 ottobre 1914 vidi Benito Mussolini e non mi uscì dagli occhi. Io ero ragazzo, lui aveva trent’anni: magro, con grandi occhi accesi, e il viso pallido, scarno». Piero Buscaroli, Una nazione in coma. Minerva edizioni, 2013.
Come mai un paese come l’Italia che per secoli ha saputo inventare palazzi, chiese e città fra le più belle del mondo, che ha una tradizione ininterrotta di civiltà urbana di almeno due millenni e mezzo, che è ancora rinomato per il buon gusto dei suoi stilisti e dei suoi designer, come mai questo paese da trent’anni a questa parte costruisce le case più brutte in assoluto che si possano vedere in Europa? Saverio Vertone, Viaggi in Italia. Rizzoli, 1988.
Tra le tante lezioni che, a una certa età, dobbiamo apprendere con serena pazienza, c’è quella su come accettare la vecchiaia. Ma non tutti frequentano questo tipo di corsi didattici. Perché invecchiare fa paura. E molte persone che raggiungono la mezza età, invece di studiare le regole per entrare degnamente nella terza età, fanno esattamente il contrario. Cercano di tornare indietro, fingendo di essere ancora giovani. Enrico Vanzina, Commedia all’italiana. Newton Editori, 2008.
L’eutanasia della parola è iniziata con Window 95 e s’è conclusa con i messaggi dei cellulari: sciatteria di parole contratte dalla fretta, frasi senza grazia, secondarie in logica precaria. Certo, già le macchine da scrivere avevano distrutto quell’esercizio di carattere che è la calligrafia. Ma internet annienta quell’atto compiuto, intimo e potente, che è la lettera. Le parole diventano sigle, contratte in nervi da una massa che non dice mai niente e però ci riprova sempre. Geminello Alvi, Il capitalismo. Marsilio, 2011.
Nessun uomo di età militare che non avesse un documento attestante, con un nitido «pollastro» della Wehrmacht, la sua attività collaborativa, poteva essere certo di rientrare a casa la sera. E la piaga della delazione, talvolta a cura delle persone meno sospettabili, era cominciata presto. C’era sempre un vagone o carro bestiame pronto, da riempire, impiombare e spedire al Nord. Paolo Caccia Dominioni, Alpino alla macchia. Cavallotti editori in Milano, 1977.
A Milano sei tu che conti. Ho cominciato che ero una donna sola, sconosciuta. È una città che ti lascia lavorare. A Genova ho appena chiuso il negozio perché è una città snob in cui le donne preferiscono non lavorare. Però mi manca il mare. Pupi Solari, 93 anni, stilista per bambini a Milano (Stefano Landi). Corsera.
Sara si ritrasse di colpo, come un gatto investito da un getto d’acqua gelida. Nantas Salvalaggio, Il salotto rosso. Mondadori, 1982.
Il premier: il Conte di Waterloo. Roberto Gervaso. Il Giornale.