ItaliaOggi, 26 ottobre 2019
Antonino D’Anna fu assassinato da due sconosciuti che volevano scippargli il biglietto che aveva vinto alla Lotteria di Capodanno
Antonino D’Anna morì in un tentativo di rapina davanti allo studio lecchese del notaio Raffaele Viggiani la mattina del 7 gennaio 2020, il giorno dopo aver vinto la Lotteria di Capodanno. I malviventi, due italiani di accento indefinito secondo i testimoni, tentarono di scippare Erica Di Febo, moglie di D’Anna, del biglietto vincente. L’uomo reagì e i due spararono, lasciandolo stecchito accanto alla sua auto. Poi fuggirono a bordo di una vettura tedesca.Appena i colleghi a ItaliaOggi lo vennero a sapere la costernazione fu grande. Seduti in cerchio tra le ordinate file di scrivanie della redazione, rievocarono episodi di vita vissuta. Le colleghe piansero calde lacrime, i colleghi fissarono il vuoto impietriti, lividi in volto alla notizia.
Il necrologio collettivo pubblicato l’indomani al posto di «Orsi e Tori» fu qualcosa da strapparti l’anima. Perché per fortuna del povero D’Anna, i colleghi lo conoscevano.
Ma, mentre le forze dell’ordine indagavano per scoprire gli assassini e i lettori si scatenavano in una gara di solidarietà nei confronti della famigliola del giornalista defunto, anche i colleghi di altre testate vollero ricostruire la figura del morto.
Una di loro riuscì a dare un’occhiata alla pagina Facebook di D’Anna e vi trovò nell’ordine: trailer di poliziotteschi anni 70 con Maurizio Merli, film con Gloria Guida e la Fenech, discomusic a tonnellate, immagini religiose cattoliche con osservazioni sul pontificato attuale, pezzi scritti su ItaliaOggi nei quali criticava Greta Thunberg. Tra i vari momenti di prosa la narrazione di un viaggio in treno, con una capotreno che aveva fatto rispettare le regole a delle risorse accolte in Italia #stayhuman.
Lei non sapeva che al morto di raccontare tutta la sua vita su FB non fregava una mazza, che per il morto fare giornalismo significava consumare le suole delle scarpe e non i pixel dei monitor e che comunque quanto lei avrebbe scritto, nulla avrebbe aggiunto alla notizia, e cioè la morte di un uomo in un tentativo di rapina: per cui si attaccò alla tastiera e partorì un pezzo nel quale il D’Anna veniva descritto come: «Pecoreccio, giustizialista, cattolico integralista di idee di marca clericofascista».
Quasi a dire che, in fondo, la morte di D’Anna fosse sì una morte, ma di minor valore rispetto a quella di uno come il povero Renato Prosciuttini, assassinato la settimana prima durante un veglione di Capodanno da due migranti mascherati da Zorro, il quale però sul suo wall di Facebook postava i discorsi di Laura Boldrini e le intemerate di Roberto Saviano, sperticandosi nel raccontare le sue emozioni, sensazioni e aspirazioni verso un mondo più sano, giusto, bello.
Una morte che sarebbe indubbiamente mancata a tutti, con gli amici a cantare Bella ciao a pugno chiuso alle esequie di Prosciuttini. Fascisti di merda, che non c’entra niente ma ci sta sempre bene.
Ho finito, Vostro onore.