«Che è un seme del futuro. Che le sue parole daranno frutti. Che mi piacerebbe passare un pomeriggio con lei, magari sotto gli alberi della Zelata, ora che è autunno e tutto diventa così bello da scacciare persino la malinconia».
Giulia Maria Crespi, 96 anni, è seduta su un divano bianco.
Beve una tisana fumante, ogni tanto mangia una mandorla salata. È la decana degli ambientalisti italiani. La signora del Fai, il Fondo per l’ambiente italiano che ha salvato ville, castelli, boschi, una parte preziosa del nostro paesaggio, magari piccola, ma con immensa risonanza, per restituirlo allo sguardo pubblico e fare della bellezza un dono.
I saloni del suo palazzo di corso Venezia contengono il silenzio delle cattedrali. E le sue parole un pezzo della nostra storia. Si ricorda quando Milano «era più bella di Parigi», con l’acqua dei navigli che correva accanto alle magnolie. L’acustica perfetta della Scala, prima dei bombardamenti. Le istitutrici a casa che le insegnavano Storia dell’arte e il latino, le fabbriche tessili di famiglia, le estati con gli Agnelli e i Franchetti. Mussolini che minacciava suo padre, proprietario del Corriere della Sera . Mussolini appeso in piazzale Loreto. Il ritorno dei prati nel Dopoguerra. L’asfalto e il cemento, a soffocare i prati, durante il Miracolo economico: «Sala è un buon sindaco, ma anche lui ama un po’ troppo i grattacieli».
Si ricorda della prima volta che entrò da proprietaria al Corriere , anno 1961, «tutti si inchinavano, mentre io tremavo perché sapevo di non sapere nulla». Si ricorda della bomba in piazza Fontana, il 12 dicembre 1969, quando Spadolini direttore scese in Cronaca e disse che bisognava smontare le pagine che accusavano i fascisti e rimontarle «dicendo che erano stati gli anarchici». Di quando lei licenziò Spadolini per piazza Fontana «e perché stava sempre al telefono con i ministri». Dei litigi con Indro Montanelli. Di quando la accusavano di essere troppo ricca, troppo comunista e addirittura l’amante di Mario Capanna, «quello del Movimento studentesco che io neanche avevo mai visto».
Ascoltata oggi, è una storia persino divertente.
«Una mattina vennero i poliziotti a circondare la Zelata, perché questo Capanna era latitante dopo certi scontri di piazza e lo cercavano a casa nostra. Non sapevo se piangere o ridere. Fui processata. Mi difendeva Giandomenico Pisapia, uomo e avvocato magnifico, ma io gli dissi che volevo difendermi da sola. E finì che diventai amica del giudice».
Quella fu la stagione di Piero Ottone direttore.
«Ottone è stato il mio maestro di giornalismo. Ha svecchiato il
Corriere con Pier Paolo Pasolini in terza pagina, le inchiesta ambientaliste di Antonio Cederna, i reportage di Corrado Stajano».
Montanelli non amò quella svolta e preparò lo scisma.
«Credo che lui volesse diventare direttore o forse solo che io glielo chiedessi. Litigammo. Se ne andò. Non me ne sono mai pentita».
Però poi nuovi poteri finirono per estrometterla dal "Corriere".
«Era il 1974. C’era la crisi. Si fece avanti Rizzoli che faceva da maschera ai soldi di Cefis e forse già allora al potere della P2. I miei due soci mi abbandonarono e mi abbandonò anche Agnelli».
Lei lo considerò un tradimento.
«Lo era. Mi aveva giurato che sarebbe sempre stato il mio cavaliere bianco. Invece non mosse un dito. Mi disse che i tempi erano cambiati ed erano cambiati gli interessi della Fiat.
Andai a inginocchiarmi a casa sua a Roma. Lui disse al maggiordomo di accompagnarmi alla porta perché aveva da fare».
Eravate amici dall’infanzia.
«Andavamo insieme a sciare al Sestriere e d’estate a Forte dei Marmi. Mi ricordo una festa speciale di notte, avevamo vent’anni e facemmo tutti il bagno nudi. Quando mio padre lo scoprì, rimase orripilato».
E neanche l’amicizia bastò.
«Non l’ho mai perdonato. Anche se ho continuato a essere amica di Marella, la moglie, che ho visto soffrire moltissimo».
Era un re regnante.
«Regnava ammirato da tutti compresi i suoi operai alla catena di montaggio».
Finita la sua avventura al "Corriere", iniziò quella del Fai.
«L’idea della fondazione venne alla mia amica Elena Croce. Era il 1975. Invece di lamentarci delle cose brutte potevamo impegnarci per salvare quelle belle che venivano abbandonate. Cominciai da una piccola spiaggia di Panarea, poi il castello di Avio a Trento».
Oggi i vostri siti sono più di sessanta.
«Tutti donati gratuitamente e aperti al pubblico. Un miracolo che vive grazie a migliaia di volontari e a milioni di visitatori».
La gente ama le cose belle.
Ma gli uomini spesso si specializzano in quelle brutte.
«Il veleno è il profitto e l’ignoranza. Periferie orrende, fabbriche orrende. Pensi al Petrolchimico costruito nella laguna più bella del mondo. O alle acciaierie di Taranto, tra i due mari, che hanno avvelenato l’aria, la vita, ogni cosa. È il demone di re Mida che, trasformando tutto in oro, è morto di fame».
La giustificazione è il progresso, i posti di lavoro, il prodotto interno lordo.
«No, è l’idiozia. Quando distruggi in fretta, nel tempo lungo la paghi. La mia meravigliosa Sardegna è stata devastata da fabbriche chimiche e dal cemento sulle coste. Mentre potrebbe avere un’agricoltura unica al mondo, allevamenti, artigianato, un turismo non predatorio».
Colpa della politica?
«Colpa dei politici. Che non hanno una visione, non sognano, non vedono. Vogliono solo i voti del prossimo anno».
Quello che sognava più di tutti era Berlusconi.
«Peccato che sognasse solo per sé. Mi dicono sia diventato orrendo a forza di chirurgia plastica e di fondotinta. È vero che non conta più nulla?».
Il capo delle destre ora è Salvini.
«Dalla padella alla brace. Questo Salvini usa la paura, la rabbia e l’ignoranza per distruggere il Paese e l’Europa. Io penso che la nostra unica salvezza sia una Europa grande e unita».
È per questo che russi e americani la assediano.
«Trump è un uomo terribile. E anche Putin. E il turco Erdogan.
Siamo circondati da matti».
Tra i politici italiani chi salva?
«Prodi certamente. Un po’ Rutelli. E Veltroni che al Partito Democratico ci ha creduto veramente. Io l’ho anche aiutato come potevo. Ora si è disgustato della politica. E andandosene mi ha deluso».
Renzi?
«È uno che fa e poi disfa. Vuole essere sempre al centro. Un po’ come il Berlusca che è tutto lui, solo lui. Lo sa che in Sardegna siamo confinanti? Una volta gli ho detto di venire a vedere le mie rocce sull’acqua e lui mi ha risposto che le sue erano più belle. Ma io so che sono sassi che ha fatto portare dai camion.
Renzi uguale, vuole dominare.
Ma poi cosa ha dominato?».
Grillo?
«Per carità, grida sempre».
Giuseppe Conte?
«Prima mi sembrava molto modesto. Ora parla, esiste, resiste. È un buon avvocato di mediazione. E la mediazione è la cosa che serve di più in politica».
Lei ama la politica?
«La mia politica è il Fondo ambiente italiano. Che vuol dire fare, investire, restituire, anziché chiacchierare. Il premio è migliorare di un millimetro la vita di tutti noi».
Il suo posto più bello?
«L’unico che ho comperato, Cala di Trana, a Palau. Era il 1958, c’era il mare, il vento, una collina. Dalla strada di terra battuta apparve una processione di carri trainati dai buoi, donne in costume, uomini a cavallo, avanzavano dentro a un silenzio sontuoso. Come in una visione magica. Ero in fuga d’amore con Guglielmo, che avrei sposato anni dopo. Era il posto del nostro destino».
Per questo ama così tanto la Sardegna?
«La Sardegna è diversa da tutte le isole del mondo. Naviga da sola nel tempo. Ha un profumo e una luce speciali. Per qualche ragione misteriosa, sono diventata molto più sarda che milanese. Più spirituale che materialista».
È religiosa?
«Non da messa alla domenica.
Ma credo nel mistero della vita».
Ha paura della morte?
«No. Mi piacerebbe morire nel sonno, ma non avverrà».
Perché?
«Perché è troppo comodo.
Morire è faticoso. E io sto morendo piano piano, ho avuto sei volte il cancro, non vedo, sento male, cammino male».
È favorevole all’eutanasia?
«Assolutamente no, non fa parte del mio destino. Ma ho due amiche che si sono già prenotate un posto nelle cliniche svizzere».
Quindi è contraria al divieto?
«Io sono contraria a tutti i divieti. Ognuno è libero di scegliere».
La chiesa è contraria.
«Ah, la chiesa! Io credo nella reincarnazione. Credo nelle ripetute vite terrene. E credo che per ogni bene fatto ci sarà un risarcimento futuro».
Quindi è ottimista?
«Sì, anche se sono convinta che in questo momento stia planando sul mondo uno spirito negativo. Quello delle guerre, del sangue. Ci saranno catastrofi, continueremo a avvelenare la vita e l’aria. Ma un minuto prima di soccombere, troveremo la forza di rinascere. Per questo Greta è così importante. Parla ai giovani, parla al futuro».
Anche lei lo fa.
«Sono contenta di averci provato. Di avere avuto e restituito. Avrei ancora tanta voglia di arrabbiarmi per l’arroganza e la stupidità degli uomini. Ma so che il mio tempo sta finendo. So che quando viene l’inverno cascano le foglie e la vita si ritira. Io mi sto ritirando».