Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  ottobre 27 Domenica calendario

Come fermare l’invasione di droga

Si possono conoscere tutti i tossicodipendenti di un territorio? «Si devono conoscere perché un tossicomane conosciuto è pericoloso per sé e per gli altri e uno sconosciuto lo è doppiamente. Si possono conoscere, e non è neanche difficile, se si entra in quel territorio e se ogni persona che viene intercettata può avere accesso facile alle terapie. Perché chi fa uso di droghe è malato e va portato in comunità e non in galera dove entra tossicodipendente ed esce spacciatore». La prima ricetta per curare la Roma delle trenta piazze di spaccio terra di nessuno è quella di un medico. Massimo Barra, fondatore di Villa Maraini, agenzia nazionale per le tossicodipendenze della Croce Rossa, lancia anche in Italia la pre-arrest deflection, la strategia con la quale negli Stati Uniti stanno affrontando l’emergenza dei 70 mila morti per overdose degli ultimi tre anni. «Ci vogliono poliziotti di quartiere che possono avviare i tossicodipendenti al circuito terapeutico. Oggi se una mamma va a chiedere aiuto rischia che il proprio figlio diventi un fascicolo o che finisca in galera. Sa quante persone abbiamo salvato da overdose con il nostro camper per strada? 2.500 in 20 anni. Non arrivavano vivi in ospedale. Ecco, ci vorrebbero 30 unità di contatto nelle 30 piazze dello spaccio».
Piazze in cui, però, al momento entrare è un’impresa. Figuriamoci riuscire ad elaborare una seria strategia di contrasto che metta insieme repressione e prevenzione e che riesca a sottrarre ai clan quell’enorme fetta di città in cui la droga arriva, si taglia, si confeziona, si spaccia, si consuma. Alfonso Sabella è tornato a fare il magistrato ma la sua esperienza da assessore alla legalità a Roma nella giunta di Ignazio Marino dopo Mafia Capitale gli fa dire: «Qui tocca prendere atto che le piazze di spaccio sono pezzi di città sottratti alle istituzioni, protetti da sentinelle, pitbull, cancelli blindati, telecamere, in cui non si entra. Ragazzi spiantati diventano “turnisti” come fosse un posto di lavoro, 100-200-300 euro alla settimana senza neanche capire cosa rischiano. È lì che tocca intervenire: ci vuole la scuola, ci vogliono i servizi, ci vuole l’illuminazione, il decoro urbano. Il decreto Minniti diceva più decoro più sicurezza. E così è. E indagini a lungo periodo perché prendere pesci piccoli non serve proprio a nulla. E i grandi soldi oggi continuano a farsi con la droga, gli appalti, i rifiuti al confronto sono bazzecole».L’esercito per strada non lo vuole nessuno. Roma non sarà Gotham City, come dice il capo della polizia Franco Gabrielli, ma certo l’attività di repressione non riesce ad arginare un fenomeno che ormai da anni è uscito dall’agenda politica e che riemerge solo quando fatti di sangue come quelli che si sono ripetuti negli ultimi mesi a Roma rivelano il loro denominatore comune proprio nello spaccio di droga.«Di pusher ne individuiamo e arrestiamo a decine, ma per venti che ne prendi altrettanti ne spuntano il giorno dopo – è l’analisi di un investigatore della polizia impegnato in prima linea nel contrasto al traffico di stupefacenti a Roma – Quelli che hanno sparato a Manuel Bortuzzo erano di Acilia, quelli che hanno sparato a Luca Sacchi di San Basilio. Sono tutti ragazzi cresciuti a pane e malavita, hanno la stessa età delle loro vittime ma vittime finiscono per essere anche loro. Nascono in un contesto criminale, guadagnano facile e comprano vestiti griffati, il più delle volte sono tossicodipendenti che si procurano così qualche centinaio di euro e le dosi per loro. Noi lavoriamo per individuare i capi-piazza ma l’unico modo per incidere veramente è la prevenzione».
A questi giovani e ai tanti come loro arruolati nelle piazze dello spaccio Nicola Morra, presidente della commissione parlamentare Antimafia, vuole offrire scuola, cultura e bellezza per ritrovare la loro capacità di cambiare il mondo.«Sì, da insegnante ma anche da presidente dell’Antimafia lancio un invito all’educazione alla bellezza come ha fatto Peppino Impastato e la continua attenzione alle scuole di Falcone e Borsellino. I giovani sono coloro che dovrebbero avere un pensiero strategico per cambiare le cose e invece cercano soddisfazione buttandosi a capofitto nel buco nero delle droghe ma anche dell’alcol. Ed è davvero allarmante questa devastante moda tra gli adolescenti del cicchetto a un euro».
E poi c’è la politica. Che tace. Solo i radicali rilanciano la storica battaglia per la liberalizzazione della cannabis. «Bisogna guardare in faccia la realtà – dice Riccardo Magi di + Europa – è il fallimento del proibizionismo. La politica trovi il coraggio di assumersi le sue responsabilità: nei Paesi in cui è stato fatto legalizzata la cannabis ha diminuito i consumi e spezzato la filiera dello spaccio».