il Fatto Quotidiano, 26 ottobre 2019
Le muse dei cantanti
Sono troppe. Altro che il catalogo mozartiano di Leporello. È una folla sterminata, quella delle figure femminili immortalate nel canzoniere italiano. I trovatori pop da sempre le celebrano, vituperano, amano, odiano. Alcune nascono dalla loro fantasia, altre ne pescano dalla cronaca, dalla letteratura, dalle vicende private. Al libertino Mogol i testi sono spesso serviti per rimorchiare o farsi perdonare. Con Battisti a fargli da compare mettendo musiche sulla citazione di Francesca, Linda, Anna e le altre, e gli italiani coristi ignari per le sortite del poeta. Come con “29 settembre”, giorno del compleanno di sua moglie, Mogol fedifrago seduto in quel caffè che non pensava a lei. E l’innocenza? Sì, la cantina buia. Ma quel candore si corrompeva presto, e pure Vasco ci avrebbe messo il carico: Albachiara ispirato al flirt con la Parietti? No, alla tredicenne Giovanna, figlia del proprietario del bar di fronte alla tana dove il già adulto Rossi preparava esami. La ragazzina non apprezzò quel ritratto così intimo: Vasco cercò di farsi perdonare con Una canzone per te, senza perdere però il vizio di tracciare bozzetti dove ci vedi Jenny, Laura (la futura compagna), Gabri, Silvia, una Brava che era Barbara D’Urso, sua passione di gioventù, o una Delusa da pescare tra le neopuberali di Non è la Rai di Gianni Boncompagni, ma potrebbe non essere Ambra Angiolini. Quanto a Sally, nacque a Saint-Tropez sullo yacht del manager, Rovelli: un carosello di bellezze ronzava attorno ai playboy della Costa Azzurra, Vasco si innamorò di tutte senza possederne alcuna. Si consolò componendo la ballata-capolavoro, vai a capire certi giri mentali.
Il gineceo di Venditti? Non basterebbe la memoria di uno smartphone. Antonello cominciò a 14 anni lagnandosi con un’anziana Sora Rosa (calco della nonna) della sua solitudine di liceale bullizzato. Voleva allontanarsi da quella realtà opprimente, ma poi restò sempre lì, a ronzare tra liceo e collettivi. Lilly era l’amica perduta nel veleno dell’eroina, ma Sara col pancione a 18 anni induceva a sperare: ed era, questa, una compagna di scuola di Simona Izzo, grande amore e moglie di Antonello. Quando il loro matrimonio finì il Nostro scappò a Milano, rimuginando uno slogan di sopravvivenza, Ci vorrebbe un amico: ne trovò due, uno era il meccanico Romolo, l’altro Lucio Dalla, che indusse il collega a rientrare a Trastevere. Venditti bardo e terapeuta dei cuori altrui: tra Marta e Giulia, Eleonora e Cristina spiccano Piero e Cinzia. Antonello tornava in auto dal concerto di San Siro di Marley. “Piero” faceva l’autostop, disperandosi perché “Cinzia” lo aveva lasciato a metà viaggio pur essendo incinta.
Due anni dopo Venditti si imbatté nella coppia all’Olimpico, durante una partita della Roma. La canzone-appello aveva riunito i due innamorati.
De Gregori, si sa, è criptico. Ma Alice che guarda i gatti è proprio quella di Lewis Carroll, e il Cesare perduto nella pioggia è il vero Pavese, affranto per la fine della sua liaison con la ballerina Constance Dowling. Quando non sono libri, c’entrano i giornali. Non avremmo avuto La donna cannone se Francesco non avesse letto un trafiletto su un’artista circense scappata in cerca di una vita migliore. E Fabrizio De André non ci avrebbe incantati con La canzone di Marinella se non lo avesse colpito, su un quotidiano, la cruda notizia di Maria Boccuzzi, che frequentava i night e fu uccisa in riva a un fiume.
Donne finite male: come Maria Montesi, ritrovata senza vita nel ’53 sulla spiaggia di Capocotta, scoperchiando uno scandalo che travolse mezza Dc. Rino Gaetano la immortala in Nuntereggaepiù, ma c’è chi la riconosce anche dietro il velame di Gianna. Rino si dilettava con i messaggi cifrati: Aida non è una fanciulla, ma l’Italia stessa, e Berta non una filatrice, bensì il presidente della Lockheed, Robert Gross, che filava con Mario (Tanassi) e Gino (Gui) nel mazzettone per Antelope Cobbler.
Gino Paoli, invece, beffò tutti con Il cielo in una stanza. Amore assoluto? Macché, l’incanto era nato dopo un quarto d’ora con una prostituta.
Sì, troppi nomi, allusioni e dediche. Ecco nella nebbia la Vincenzina davanti alla fabbrica di Jannacci, e più oltre la Piccola Katy, che a 16 anni voleva andarsene di casa, e poi tornò ai concerti dei Pooh per cinquant’anni di seguito. Margherita e la Bella Senz’Anima di Cocciante sono solo suggestioni, e lo stesso l’Ophelia di Guccini, ridisegnata via Shakespeare e Rimbaud. Impossibile ignorare la dolce Agnese di Ivan Graziani, la Gloria evocata dall’onanista Tozzi o la Teresa di Endrigo (figura spregiudicata, per il ‘65, la Rai censurò opinando sul verso “non sono mica nato ieri”).
E quanti rischi per l’esordiente Baglioni nel cantare, prima delle magliette fine, le prodezze extraconiugali della Signora Lia: che in prima stesura si chiamava Lai, proprio come il tecnico dello studio. Per sua fortuna, Claudio se ne accorse in tempo.