il Fatto Quotidiano, 26 ottobre 2019
La mafia cinese e il business dell’immigrazione illegale
Trentuno uomini e otto donne le vittime trovate dentro il Tir in Essex, vittime della tratta di esseri umani gestita dalla potentissima mafia cinese.
L’Europa è la meta dei trafficanti di carne umana con base nella Repubblica popolare. Una mafia fortissima, per gli investigatori italiani la più potente tra le organizzazioni che si occupano di immigrazione illegale, ma anche la più difficile da individuare.
Le difficoltà a indagare su questa rete sono enormi, a cominciare dalla lingua: il cinese è composto da un insieme di più di cento dialetti e varianti. Per continuare con la caratteristica principale delle comunità cinesi insediate sul territorio europeo, che è quella di gruppi chiusi, impermeabili alle influenze esterne, e dominati da una inviolabile omertà.
Nei vari rapporti della Dia (Direzione investigativa antimafia) e della Dna (Procura nazionale antimafia), si legge che alla base del potere dei clan mafiosi cinesi c’è l’immigrazione illegale. Un business sul quale le organizzazioni lucrano due volte: sul viaggio (che comprende l’arrivo nel luogo di destinazione e la fornitura di passaporti falsi e permessi di lavoro), e sull’impiego dei clandestini nella lunga catena del tessile, della ristorazione e della prostituzione. Ed è proprio sul traffico dei passaporti, falsi o “riciclati”, che si sono concentrate una serie di inchieste fatte in Italia.
Destò scalpore, attacchi e proteste da parte delle autorità cinesi, il capitolo del libro Gomorra che Roberto Saviano dedicò al traffico di carne umana made in China. Quella scena del porto di Napoli e di decine di corpi “che uscivano dai container, uomini e donne. Morti. Erano i cinesi che non muoiono mai”, costò irrisioni e attacchi alla scrittore napoletano. Eppure, qualche anno dopo, fu un pentito di camorra del clan Mazzarella, Alfonso, cugino del boss Franco, non a caso chiamato a dogana, a svelare il mistero. Il clan aveva il monopolio del business del rimpatrio delle salme (o delle ceneri) dei cinesi morti in Italia, 1.000 euro per ogni cadavere scomparso, perché per i vertici dell’organizzazione mafiosa cinese i documenti del morto erano oro. “Venivano utilizzati per qualcun altro”, fa mettere a verbale il pentito.
In una inchiesta della Procura di Milano, invece, si traccia il quadro del “riciclaggio” dei passaporti. Avveniva durante l’Expo, quando per ottenere un visto come visitatore, occorreva un passaporto e una carta di credito. Documenti regolari che l’organizzazione rastrellava per poi venderli (prezzo dai 5 ai 7.000 euro) a immigrati che volevano raggiungere in modo illegale l’Italia. Una volta utilizzato, il passaporto veniva rispedito in Cina al legittimo intestatario, la carta di credito strappata, e il cinese “irregolare” avviato al lavoro in uno dei laboratori tessili clandestini o in un ristorante.
Per l’alloggio provvedevano i terminali milanesi dell’organizzazione, mettendo a disposizione un “dapò”, minuscoli appartamenti di due vani dove venivano stipati fino a 20 persone. Ma questa è la parte “privilegiata” dell’immigrazione clandestina cinese in Italia e in Europa.
Chi lascia le regioni povere dello Zhejiang e del Fujian, si affida a estenuanti viaggi della speranza attraverso Asia, Russia, Paesi dell’Est europeo. Sono uomini e donne costretti a pagare prezzi altissimi (intorno ai 15 mila euro) che impegnano loro stessi e i familiari rimasti in Cina, per viaggiare stipati in camion e container. Il loro destino è di finire nelle cucine di uno dei tanti ristoranti cinesi disseminati nelle nostre città, nei laboratori del falso nel Napoletano e nelle fabbriche tessili del Macrolotto di Prato. Schiavi che vivono letteralmente incatenati alle macchine, il laboratorio è la loro vita, lì dormono e mangiano, quella è la loro casa. Spesso la loro tomba, come accadde a Prato nel 2013, dove sette cittadini cinesi morirono carbonizzati in una fabbrica in fiamme.
Nessuna ribellione, neppure delle ragazze ridotte a schiave sessuali nei tanti “centri massaggi”, l’omertà è forte e tanta la paura dei “draghi”.
La mafia cinese che ormai ha messo radici profonde in Europa e in Italia.
Una mafia in continua evoluzione, sottolinea l’Antimafia nei suoi rapporti, presente nel campo dell’immigrazione clandestina e dello sfruttamento della manodopera, leader nell’industria del falso e con un suo spazio nel traffico di droghe sintetiche, lo shaboo, un metanfetaminico potentissimo.