Corriere della Sera, 26 ottobre 2019
Utili, le banche battono l’industria
Eni supera Enel e torna al primo posto nella classifica dei più grandi gruppi industriali del Pese contenuta nella 54esima edizione dell’indagine sulle «Principali società italiane» realizzata dall’Area studi Mediobanca.
La graduatoria delle società Top20 per fatturato 2018 è quindi guidata dai big energetico-petroliferi pubblici. Eni, grazie soprattutto all’aumento del prezzo del greggio, raggiunge ricavi per 75,8 miliardi scavalcando Enel, che è stata prima nel biennio 2016-17 e che si attesta a 73 miliardi, mentre terza è Gse, società che svolge attività di compravendita di energia elettrica, con 32,3 miliardi. La ricerca sottolinea che si tratta degli unici gruppi italiani con più di 30 miliardi di giro d’affari. Un dato che si può leggere insieme a un confronto realizzato di recente sempre dall’Area studi Mediobanca sui big della manifattura: in Germania le Top10 presentano ricavi medi per 82 miliardi, in Francia per 38 e in Italia la dimensione media è di 8 miliardi. La prima azienda manifatturiera e la quarta nelle Top20 italiane dell’industria è Fca Italy con 27,2 miliardi, seguita da Telecom Italia con 18,7. Nella classifica entrano Api, Kuwait e A2A mentre escono Vodafone Italia, Wind Tre e Salini Impregilo.
A Enel va invece il record di utili realizzati nel biennio 2017-2018 (8,6 miliardi), mentre seconda è Eni (7,5 miliardi), seguita da Poste (2,1 miliardi), Luxottica e Snam (1,9 miliardi). E sui profitti un dato può in parte rappresentare una sorpresa: l’industria in quanto a utili nel biennio è superata dalle banche. Intesa Sanpaolo ne ha realizzati per 11,3 miliardi, Unicredit 9,3. Come si spiega in una fase di tassi zero o negativi? I due maggiori istituti di credito italiani nei due anni hanno compensato la scarsa dinamicità del margine d’interesse con l’aumento del saldo delle commissioni e hanno beneficiato di componenti straordinari che si aggirano per entrambi sui 2 miliardi.
Nove delle Top20 appartengono al settore energetico, cinque a infrastrutture e servizi, sei alla manifattura. Otto sono a controllo pubblico, sei straniero. Per completare il quadro dei big italiani va tenuto conto però del fatto che alcuni gruppi a proprietà italiana figurano solo per le attività che hanno sede nel nostro Paese. Così se venisse compreso l’intero perimetro del fatturato, Exor sarebbe al primo posto e Ferrero al nono. Chi sono infine i maggiori «datori di lavoro»? Guida la classifica Poste Italiane con oltre 134 mila dipendenti, seguita da Ferrovie con 83 mila, Exor (le attività in Italia comprese nell’indagine) con 80 mila, Telecom con 48 mila e Leonardo con circa 30 mila.
Per quanto riguarda le banche, il podio per totale attivo è invariato: Unicredit è in prima posizione con 828 miliardi, Intesa Sanpaolo seconda con 778,6 miliardi, seguita da Cdp (che non è una banca ma redige i bilanci secondo i prospetti del settore creditizio) con 370 miliardi.
I dipendenti del credito sono calati del 3,1% con una perdita di quasi 9 mila posti di lavoro. Negli ultimi 10 anni il taglio occupazionale è stato di circa 51 mila unità, con una riduzione del 17,4%, in larga parte dovuti all’incentivazione all’esodo. Nel 2018 sono stati chiusi quasi 2 mila sportelli, che hanno registrato una diminuzione del 7,3% da circa 26 a 24 mila. Se il confronto si estende a inizio decennio la contrazione è del 27,5%. La raccolta per sportello vale circa 65 milioni.