https://www.lettera43.it/programma-candidato-umbria-antonio-pappalardo-gilet-arancioni/, 25 ottobre 2019
Chi è Antonio Pappalardo, l'istrionico candidato in Umbria
Sarebbe stato Mario Draghi in persona a dare l’ok al conio di una moneta parallela: «Lei può stampare la lira umbra, caro generale». Sembra una battuta di Totò, invece è, in estrema sintesi, il programma politico che il generale dei carabinieri in congedo nonché ex parlamentare e leader dei Gilet arancioni Antonio Pappalardo porta in Umbria per le elezioni regionali del 27 ottobre 2019. E che, secondo il diretto interessato, avrebbe avuto il via libera dal governatore uscente della Banca centrale europea. Lo spoglio è chiamato a dirci se la promessa di una lira umbra è sufficiente a vincere la competizione regionale. Una sfida che però, lamenta Pappalardo, parte azzoppata: «Sono stato totalmente oscurato dai media, fanno vedere solo gli altri. Chi mi vede, però, dice che sono l’unico a dare qualcosa». Tentiamo allora di porre rimedio a questa ingiustizia, provando a capire chi è Pappalardo, chi sono i Gilet arancioni e qual è il loro programma per l’Umbria.
«HO PARLATO PERSONALMENTE CON DRAGHI»
Pappalardo alla trasmissione radiofonica Un giorno da pecora ha ribadito: «Mi candido a governatore dell’Umbria e voglio introdurre la Lira umbra». Poi il generale dei carabinieri in congedo ha spiegato: «La Bce consente di stampare una moneta complementare che affianca l’euro. Ho parlato personalmente con Draghi della lira umbra, l’ho incontrato a Città della Pieve. Mi ha detto: “lei può stamparla, caro generale… Deve solo farla accettare agli umbri”. Una moneta a corso libero e non a corso legale. Se gli umbri mi eleggono, diverrà garanzia democratica».
GILET ARANCIONI «COME LE ARANCE DEL SUD»
Il programma dei Gilet arancioni (l’equivalente italiano dei Gilet gialli, «il colore arancione si richiama alle arance del Sud»), rivela qualche ulteriore dettaglio: a emettere la Nuova lira umbra sarà la “Banca libera dell’Umbria” che Pappalardo intende istituire con «attribuzione di 1.000 Nuove lire umbre a ogni capofamiglia». Tale misura sarà accompagnata «dall’emissione di obbligazioni garantite umbre».
Antonio Pappalardo con il simbolo del Movimento dei Gilet arancioni durante la consegna dei contrassegni elettorali al Viminale per le elezioni europee. (Ansa)
«VIA SUBITO GLI EXTRACOMUNITARI IRREGOLARI»
Ma non è tutto. La rivoluzione che i Gilet arancioni hanno approntato per l’Umbria è assai vasta e spazia, secondo il programma elettorale, dalla banale «nomina di assessori di provata esperienza e qualità» (difficile aspirare alla nomina di perfetti incompetenti…) alla più sovranistica «espulsione immediata di tutti gli extracomunitari irregolari con regolamentazione degli extra comunitari integrati». Alcuni punti strizzano l’occhio anche all’elettorato del Movimento 5 stelle, come il «pieno riconoscimento della libertà medica in tema di medicina alternativa, sia come esercizio sia come insegnamento universitario» o la proposta di istituire una «Commissione non condizionata dalle case farmaceutiche, che dovrà emettere un giudizio, basato su inoppugnabili dati scientifici, sull’utilità dei vaccini» e, già che ci siamo, si promette pure «l’avvio di uno studio di ricerca per la sconfitta definitiva del cancro».
UNA REGIONE SENZA IMPOSTE E A PROVA DI RADIAZIONI
Pappalardo promette anche «l’approvazione dello Statuto speciale per la Regione Umbria» che diverrà «zona franca con particolari benefici tributari come il non pagamento di imposte» e il ricorso a «strumentazioni ad hoc per proteggere gli umbri dalle eccessive radiazioni elettromagnetiche». Inoltre, dato che «tutti gli esseri viventi hanno un’anima, comprese le piante», i Gilet arancioni si impegnano nella «costituzione di un Dipartimento regionale per la protezione e le tutela degli animali e delle piante». Con tanto di «affiancamento di quattro angeli custodi a ogni cittadino: poliziotto di quartiere, medico, operatore ecologico e assistente sociale», che «interverranno a richiesta attraverso un numero telefonico». Al Festival di Sanremo (che, a scanso di equivoci, non è un santo), Pappalardo contrappone il «Festival di San Francesco, con musiche sacre di ogni credo religioso», kermesse destinata ad avere un tale successo da consentire l’attuazione del punto successivo, vale a dire il «rilancio dell’aeroporto di Perugia come scalo internazionale».
QUANTO TENTÒ DI ARRESTARE A MATTARELLA
Di sé, sul sito dei Gilet arancioni, Antonio Pappalardo scrive: «Poeta, musicista, scrittore, pittore, saggista, con una vita spesa per gli altri». Insomma, un enciclopedico personaggio d’altri tempi. Oltre a tutto ciò, Pappalardo, già leader del Movimento liberazione Italia e frontman dei Forconi (il movimento che nel 2016 provò ad arrestare l’ex deputato Osvaldo Napoli, con tanto di parapiglia davanti a Montecitorio), è tornato recentemente sui giornali per essere stato rinviato a giudizio con l’accusa di vilipendio del presidente della Repubblica. A fine 2017, infatti, il generale si mise in testa di arrestare Sergio Mattarella recapitando al Quirinale, il 21 dicembre di quell’anno, un verbale d’arresto per il reato di «usurpazione del potere politico».
L’ex generale Antonio Pappalardo. (Ansa)
CONTRO LORENZIN, TRENTA, POLIZIOTTI E CARABINIERI
Su Pappalardo pende inoltre un altro processo per istigazione a commettere arresto illegale. Nel 2014 invitò le forze dell’ordine ad arrestare i componenti del governo e del parlamento eletti col Porcellum appena dichiarato incostituzionale dalla Consulta. Dato che nessuno si mosse, a Radio Cusano Campus nel novembre 2017 annunciò: «Andremo in tutte le procure, nelle questure e nei comandi provinciali dei carabinieri per arrestare carabinieri, poliziotti e magistrati». Non contento, provò anche ad arrestare la ministra della Salute dell’epoca, Beatrice Lorenzin. E quando il ministro della Difesa Elisabetta Trenta decise di sospenderlo per un anno dal grado di generale perché ai media non specificava di essere in congedo, in una torrenziale diretta Facebook Pappalardo replicò: «Sergio, dopo che ti ho dichiarato in arresto mi sarei aspettato che mi chiamassi al Quirinale per un confronto da siciliano a siciliano. Di te non mi fiderò mai. Sono sicuro che l’Arma prima di sospendermi si sia consultata con Mattarella. Se ci fosse Totò direbbe: “lasciamo le pagliacciate ai pagliacci”».