la Repubblica, 25 ottobre 2019
Amanda e il Fürher, la teoria degli sfasati
Che cosa hanno in comune Adolf Hitler e Amanda Knox? Essere considerati “sfasati” e, per provare una teoria di Malcom Gladwell, finire nella stessa pagina di libro. Dove, inevitabilmente, si guardano perplessi e senza comprendersi, giacché è difficile parlare agli sconosciuti. Talking with strangers è il titolo dell’ultimo saggio del giornalista e sociologo di origini canadesi, approdato dal New Yorker alle classifiche dei bestseller internazionali. Anche quest’ultimo lavoro è in testa alle vendite negli Stati Uniti, ma non ha per niente convinto la critica. E a ragione. Gladwell ha messo a punto una sorta di scienza minima della quotidianità che si fa storia, nella quale è stato capace di definire perché emergono i fuoriclasse, come individuiamo il destino con immediatezza e che cosa scatena la scintilla dei grandi eventi. È quasi più difficile trovare gli argomenti che le spiegazioni originali e quando si tratta di affrontare gli sconosciuti non resta, come gli ha ricordato il recensore del New York Times, che affidarsi alla saggezza delle mamme: non ti fidare. Ci sarà tempo all’uscita della traduzione per parlarne diffusamente. Qui si vuole considerare, come sineddoche, la parte che lambisce l’Italia, quella che riguarda il caso Amanda Knox, la giovane americana accusata, inizialmente condannata e detenuta, per l’omicidio della coinquilina, l’inglese Meredith Kercher. «Qual era il problema di Amanda?», si domanda Gladwell. La risposta è: lei era «sfasata», le sue azioni non corrispondevano alle intenzioni e i veri colpevoli siamo noi (italiani) che non l’abbiamo capita. Gli “sfasati” inducono all’equivoco. Qualche riga più sopra l’ha fatto Hitler, ingannando i maggiori politici inglesi, a cominciare da Chamberlain, che lo considerarono affidabile, innocuo. Il Führer era un bugiardo che si atteggiava come una persona sincera, Amanda era sincera, ma si comportava come una bugiarda. Il vero guaio sono stati i leader e gli inquirenti che li hanno incontrati e non hanno saputo interpretarli. Perché?
Nel caso di Amanda, Gladwell lo ha precisato in una intervista televisiva: «Esisteva una differenza di culture». E qui restiamo perplessi tre volte. La prima: tra l’America e l’Italia del 2019 i riferimenti culturali non sono poi e non più così lontani. Tant’è che comprendiamo perfettamente tutti quelli utilizzati da Gladwell. Cita ad esempio la “trappola di Friends “, dove i personaggi hanno espressioni perfettamente aderenti alle sensazioni e quindi ci portano a pensare che così debba essere. Per cui quando Amanda, dopo la morte della coinquilina, si mostra indifferente e va a fare shopping di biancheria intima (ma tutta quella che possedeva era nell’appartamento sotto sequestro) o arrabbiata (ognuno reagisce come sa all’orrore) o fa cose strane come ancheggiare sulla scena del delitto (le ha sempre fatte), noi pensiamo sia colpevole. È vero, ma la seconda perplessità è: non si è applicata questa stessa deduzione all’italianissimo Raffaele Sollecito? E la terza: Amanda e i suoi comportamenti non sarebbero risultati “sfasati” anche in un distretto poliziesco di Cincinnati? Non era forse da ragazzina percepita come “stramba” perché camminava per strada come un’antica egizia? Ad avere qualcosa in comune, e determinante per l’equivoco, sembrano essere piuttosto gli interlocutori degli “sfasati": la loro volontà di arrivare a una conclusione precisa. Nel caso di Chamberlain e colleghi quella di trovare Hitler accettabile per non precipitare in un’altra guerra. Nel caso degli inquirenti umbri quello di trovare Amanda Knox più che sospetta per chiudere il caso. Gli uni e gli altri si sono aggrappati a indizi labili ingigantendoli: Chamberlain trovò decisiva la stretta di mano di Hitler, qualche investigatore perugino citò l’assoluta mancanza di tristezza negli occhi di Amanda. Come nell’interpretazione di un’opera d’arte: se non la verità, quanto meno il significato è negli occhi di chi guarda. Ed è lì che si gioca la partita con gli sconosciuti. Con una rivoluzione copernicana rispetto all’impostazione di Gladwell, i veri sfasati sono quelli che leggono i segni al contrario.
Il tema è importante, perché noi vorremmo possedere chiavi per capire se davvero, ad esempio, la Franzoni ha ucciso il suo bambino o Putin è un pericolo per la libertà, ma Gladwell ci dice dove sbagliamo e non come possiamo azzeccarla. O forse sì. Ci ricorda infatti che un leader inglese succeduto a Chamberlain, chiamato Winston Churchill, intuì la natura di Hitler senza mai incontrarlo. Il potere del pensiero intuitivo era alla base di un precedente libro, in cui si sosteneva che l’esperienza evoluta consente di decifrare «in un batter di ciglia». Purché non sia quello, fuorviante, di Amanda Knox.