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 2019  ottobre 24 Giovedì calendario

Le cinquanta candeline del web

C’è chi l’ha paragonata all’intuizione della ruota e chi alla realizzazione della macchina a vapore. Si tratta della nascita di internet. 50 anni fa, il 29 ottobre 1969, alle 22,30, succedeva qualcosa che avrebbe cambiato il lavoro, il tempo libero, la vita di miliardi di persone. Da un computer dell’università di Los Angeles partì un messaggio destinato a un altro computer dello Stanford Research Institute a Menlo Park (San Francisco), 500 km di distanza. Il progetto di una rete (chiamata ArpaNet) riceveva la consacrazione sul campo: funzionava. L’Italia è arrivata quasi 20 anni dopo. Il 30 aprile 1986 il Cnr di Pisa effettuò la prima connessione con una stazione satellitare degli Stati Uniti, passando per le antenne del Fucino. Un messaggio di quattro lettere che impiegò meno di un secondo per andare e tornare. Da quel momento anche per noi nulla sarebbe più stato come prima.Dice Arturo Di Corinto, docente alla Link Campus University e autore del libro Riprendiamoci la rete: «Il web ha portato enormi vantaggi nel mondo degli affari, della comunicazione, del lavoro e dell’associazionismo, viene usato per rappresentare istanze sociali e accedere a ogni tipo di conoscenza, ma il suo utilizzo si sta rivelando una fonte giornaliera di problemi per chi lo utilizza con leggerezza, al pari di un elettrodomestico, senza capire veramente come funziona».
Il 2019 è davvero un anno particolare con tante celebrazioni: il primo allunaggio, la Grande depressione col crollo di Wall Street, i 500 anni dalla morte di Leonardo Da Vinci. E internet. Due sole lettere vennero trasmesse 50 anni fa da Los Angeles a Menlo Park, nella Silicon Valley. Infatti dopo queste prime due lettere quei primordiali computer si incepparono. Ma il dado era tratto e il perfezionamento fu poi quasi tutto in discesa. Nel 1989 i computer tra loro collegati e in grado di dare e ricevere informazioni erano appena centomila nel mondo, oggi sono oltre 6 miliardi. La prima email fu spedita nel 1971, il primo sito, www (letteralmente: ragnatela di dimensioni mondiali), è datato 1991, il primo motore di ricerca (Yahoo) è del 1994, il primo social network risale al 2003 e subito i giovani ne fecero il loro principale veicolo di comunicazione. Commenta lo psicoterapeuta Matteo Lancini, autore del libro Il ritiro sociale negli adolescenti: «Nella seconda infanzia il corpo va consegnato all’autonomia dei ragazzi. Pensate a un ragazzo di 13 anni che giocava con la fionda, o la cerbottana all’aria aperta. E magari tornava a casa con le ginocchia sbucciate. Oggi riversa quello stesso istinto nei videogiochi. Non si sbuccerà le ginocchia, ma ciò non significa che sarà meno pericoloso. Possiamo lamentarci dei videogiochi? Sì. Ma se non siamo pronti a consegnare il corpo dei ragazzi alle piazze e ai giardini questi andranno a cercare quello di cui hanno bisogno nelle piazze virtuali».
Una vita di 50 anni ha ovviamente i suoi problemi. Ma guardando a ritroso la storia certifica che l’investimento e quindi l’accelerata alle ricerche la diede il Dipartimento della difesa americano. Vi era la guerra fredda e quindi ad alcune università venne dato l’incarico di sviluppare nuove tecnologie per la sicurezza nazionale, in particolare si trattava di garantire un sistema di comunicazione interno all’esercito che potesse funzionare in ogni condizione, compreso un eventuale attacco atomico. Incominciarono ricerche ed esperimenti, nel 1967 il prestigioso Mit (Massachusetts Institute of Technology) di Boston intuì che la soluzione poteva essere la trasmissione di informazioni tra computer e due anni dopo avvenne l’esperimento, ma a Los Angeles, a cui si fa ascrivere la nascita del web.
Oggi spopolano le cosiddette 5 sorelle: Amazon, Facebook, Google, Microsoft, Apple. Forse più potenti delle 7 sorelle del petrolio. In un minuto vengono generati in rete 3 quintilioni di byte, un numero a 18 cifre, effettuati acquisti per un importo che supera 900 mila euro, scambiati 38 milioni di messaggi su WhatsApp. Uno sviluppo impetuoso che pone il problema del controllo tecnico dell’infrastruttura e delle informazioni trasmesse attraverso di essa poiché vi sono implicazioni sociali, politiche ed economiche, tanto che alcuni paesi stanno arginando il flusso di informazioni liberamente consultabile. Sottolinea Mario Caligiuri, direttore del master in Intelligence all’ università della Calabria: «In un mondo dove il web oscuro è 500 volte più grande dell’internet visibile, dove si possono monitorare il 70% delle chiamate telefoniche mondiali, dove osservando i numeri di telefono si possono prevedere gli spostamenti futuri al 90%, dove attraverso i like che lasciamo su Facebook è possibile capire se siamo gay, musulmani o il nostro reddito, dove con un click si può destabilizzare una multinazionale, interrompere le trasmissioni da un satellite spia e truccare le elezioni dobbiamo renderci conto che più aumentano i poteri delle tecnologie più c’è bisogno dell’insostituibile fattore umano per sovrintenderle».
Il compleanno merita i festeggiamenti ma senza nascondere i problemi. Tra l’altro ci troviamo alla vigilia di un ulteriore exploit: l’avvento del 5G, cioè una tecnologia di quinta generazione, superiore in velocità di circa 20 volte rispetto al 4G, che consentirà nuovi sviluppi nell’utilizzo della rete (dalle città intelligenti piene di sensori alla guida di droni standosene in ufficio), comporterà l’installazione di nuove antenne e pure di argini alla propagazione di onde che potrebbero risultare invasive. Tanto che Arpa Piemonte rileva: «Aumentano gli impianti e le potenze in gioco. I campi elettromagnetici misurati sono sempre più dovuti a questo tipo di segnali».
Mentre la tecnologia avanza e spegniamo cinquanta candeline il giornalista Christian Rocca ha pubblicato un libro dal titolo esplicito: Chiudete Internet. «Il modello di business dei social network», dice, «va cambiato, l’uso dei dati deve essere retribuito, l’anonimato va combattuto, la gratuità respinta, il web va decentralizzato, Facebook, Google e le loro controllate devono essere separate. Proviamoci, prima che sia troppo tardi, per uscire da questa gabbia che solo menti tanto profetiche, come George Orwell e Aldous Huxley, avevano immaginato».