ItaliaOggi, 24 ottobre 2019
70 anni fa decollò Cortemaggiore, la città italiana del petrolio e del gas fu scoperta dall’Eni e valorizzata da Enrico Mattei
Nel 1949, settant’anni fa, l’Agip presieduta da Enrico Mattei, per la volontà dei suoi amministratori e per la capacità dei suoi tecnici, diede vita al miracolo di Cortemaggiore (Piacenza), una delle cittadelle italiane più importanti per l’estrazione del petrolio e del metano.La scoperta del giacimento di gas e olio di Cortemaggiore servì a confermare, con le sue dimensioni, che la pianura padana era un bacino interessante per la presenza di idrocarburi. La perforazione del primo pozzo a Cortemaggiore era iniziata nel maggio 1948. I primi indizi di mineralizzazione a olio e gas presero consistenza appena superati i 1.500 metri di profondità. Era il mese di ottobre quando l’allora geologo di cantiere, Carmine Loddo, constatò che alcuni campioni di roccia perforata (cuttings), erano impregnati di petrolio. I successivi log elettrici confermarono che il pozzo Cortemaggiore 1 stava attraversando un interessante e consistente strato mineralizzato a idrocarburi.
La notizia fu subito comunicata a Enrico Mattei che si precipitò a Cortemaggiore ma la tenne riservata, nell’attesa di controlli e convalide. Mentre il pozzo Cortemaggiore 1 era approfondito per scoprire altri livelli, si dava il via alla perforazione del pozzo numero 2, dal quale, il 15 gennaio 1949, veniva la conferma della scoperta di un importante giacimento; nei mesi successivi furono concentrati a Cortemaggiore sei impianti di perforazione e delimitato il giacimento. L’evoluzione positiva di Cortemaggiore fu decisiva per le strategie di Mattei e della politica italiana nel settore degli idrocarburi.
Nel 1951 l’Agip aveva in produzione campi di gas a Podenzano, Pontenure e Cortemaggiore e, attraverso la propria rete di metanodotti, serviva un migliaio di utenze industriali. A Cortemaggiore i lavori proseguirono intensamente sia impiegando impianti e personale dell’Agip, che affidando l’esecuzione dei pozzi ad altre imprese. Nel 1952 erano stati perforati 64 pozzi: la fase esplorativa era ultimata. Nel 1960 il numero salì a 88: servirono in parte per una più esatta delimitazione del giacimento e in parte per la coltivazione dello stesso. Tra il 1970 e l’inizio del 1971 furono perforati altri 9 pozzi.
Le produzioni: nel 1953 vennero estratte solo 79 tonnellate di petrolio; nel 1958 oltre 1 miliardo di mc di gas. Dal 1949 al 1970 complessivamente 12 miliardi e 832 milioni di metri cubi di gas, 885 mila tonnellate di petrolio. A fine 1970 erano produttivi 27 pozzi. L’attività di quegli anni a Cortemaggiore fu fantastica; Mattei stesso curava il buon andamento delle operazioni, ma soprattutto qui gettò le basi della nuova generazione petrolifera italiana.
Le strade intorno al cantiere di Cortemaggiore erano una giostra continua di autobotti; notte e giorno c’erano camion che arrivavano vuoti e ripartivano pieni. Erano il segno più evidente che Cortemaggiore funzionava. La sua produzione di carburante era circa un decimo dell’intero consumo nazionale.
Cortemaggiore s’ingrandì e gli impianti si svilupparono con una velocità impressionante. Sulla rete stradale in un volgere brevissimo di tempo cominciò a imporsi il marchio della Supercortemaggiore e molti italiani si identificarono nel nuovo corso, ispirante forza e fiducia; i nuovi carburanti Cortemaggiore e Supercortemaggiore, per la prima volta offrivano agli utenti e alle case automobilistiche benzine ad alto numero di ottani nel 1952: Super 88/90; nel 1956: Super 98/100. Ogni dieci automobili che circolavano in Italia, almeno una aveva fatto il pieno con la «Supercortemaggiore, la potente benzina italiana».
Poi per l’attività estrattiva di Cortemaggiore venne il declino. Dopo essere stata il testimone diretto del boom energetico italiano, la «Cittadella petrolifera» cambiava ruolo e si avviava a diventare, per diversi anni, la cassaforte sotterranea di gran parte del metano quotidianamente utilizzato in Italia. Esaurite le proprie riserve naturali, il giacimento di Cortemaggiore avrebbe, infatti, custodito il gas arrivato da altre parti e pompato negli strati porosi delle cavità sotterranee protette da argille impermeabili, gli stessi dove prima c’era il metano piacentino. Il sottosuolo sarebbe diventato, attraverso una potente centrale di compressione, un enorme serbatoio grazie al quale eseguire uno stoccaggio temporaneo del metano, allo scopo di assicurare scorte sufficienti a garantire una regolare erogazione del gas, accumulandolo nei periodi di minore richiesta per poi averlo a disposizione al salire della domanda durante gli inverni.
Partendo da Cortemaggiore e da Caviaga, che avevano raccolto l’eredità di Podenzano, nel giro di una decina d’anni Agip ed Eni incominciarono a imporsi sulla scena internazionale degli idrocarburi trovando dalla pianura padana la spinta tecnica e finanziaria per i grandi impegni nelle altre regioni italiane e all’estero.