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 2019  ottobre 24 Giovedì calendario

Biografia di Zadie Smith


Zadie Smith, nata a Londra, il 25 ottobre 1975 (44 anni). Scrittrice. Il suo vero nome è Sadie Smith. Figlia di un uomo inglese e di una donna giamaicana emigrata in Inghilterra a quattordici anni • È diventata famosa con Denti Bianchi (2000), romanzo definito «il più intelligente e ironico ritratto del “multiculturalismo in azione”» (Alessandro Cassin, L’Espresso, 15/9/2005) • Ha anche scritto L’Uomo autografo (2002), Della bellezza (2005), NW (2012) e Swing Time (2016) • Premio Hemingway per la letteratura 2017 • «Una donna intelligente, elegante, di una bellezza luminosa, capace di infervorarsi per un evento sportivo come per un dibattito culturale, rivelando tuttavia a tratti momenti di inaspettata timidezza» (Antonio Monda, la Repubblica, 6/8/2010) • «Si erge alta su stivali con tacco, magrissima nei jeans, il foulard colorato attorcigliato sui capelli, il viso scolpito, gli occhi che si animano, il senso dell’umorismo schietto, intelligente, a volte un po’ dark […], profeta di una Londra multietnica raccontata nelle minime sfaccettature» (Paola De Carolis, iO Donna, 26/2/2015) • «Un libro nasce da uno stato d’animo che provi in un certo momento e vuoi riprodurre» • «Per me la razza è un aspetto della classe sociale. E, al di là di ogni elemento socio-politico, le complicazioni dei miei personaggi sono di natura esistenziale: cosa faccio della mia vita? Questo è amore? Sono felice? Perché si fanno i figli? Chi sono io? Chi è la persona con cui vivo? I miei personaggi non se ne vanno in giro pensando al fallimento del multiculturalismo» (Valentina Pigmei, Pubblico, 2012) • Insegna letteratura alla New York University • Ha scritto anche: L’ambasciata di Cambogia (2013), una raccolta di racconti; varie storie brevi; opere di saggistica • «È un sollievo scrivere saggi dopo aver scritto romanzi perché scrivere romanzi è qualcosa di traumatico, un po’ come partorire. Una cosa che fai una seconda volta solo se riesci a dimenticarti quanto è stato traumatico la volta precedente» (Eugenio Giannetta, Esquire, 29/05/2019).
Z A quattordici anni ha cambiato il suo nome da Sadie a Zadie perché – sembra - le piaceva un ragazzo il cui nome cominciava per Z: «Era molto giovane e aveva pensato che avere le stesse iniziali potesse essere utile per la conquista, quando si va alla cieca ricerca di cose in comune, di segni del destino» (Annalena Benini, Il Foglio 28/09/2013) • Il Guardian, invece, dice che l’ha fatto per darsi un tocco esotico.
Titoli di testa «Il nostro incontro prosegue per tutta la giornata. Zadie Smith indossa abiti semplici che su di lei, alta e sinuosa, fanno un figurone. E cambia colore del turbante varie volte: azzurro, marrone, rosso... “Oggi fa caldo e i capelli ricci con questo tempo e questa umidità...”. Le chiedo di insegnarmi a metterlo. “Certo, si fa così...”. In 2 minuti mi spiega come far diventare una sciarpa da pochi euro nell’accessorio super glam che la rende unica, riconoscibile (anche se in diverse occasioni sfoggia una lunga chioma con le treccine)» (Isabella Fava, Donna Moderna, 28/6/2017).
Vita «Se dici “NW”, in questa città capiscono subito a cosa alludi: le prime due lettere del codice postale della zona North West. Ma c’è Nord Ovest e Nord Ovest, per dirla all’italiana: tutto dipende dalla cifra che viene dopo le lettere. Hampstead, NW3, è il quartiere dei champagne socialists, come a Londra chiamano i radical chic: quelli di sinistra, intellettuali, con i soldi. Kilburn, NW6, è un quartiere popolare, abitato prevalentemente da immigrati irlandesi e afro-caraibici. […] A NW6, Zadie ci è nata e cresciuta […] È vero che è nata in una “council house”, gli alloggi popolari che lo stato britannico assegna ai poveri e che molti a Londra considerano una specie di inferno? “Se si sporge dalla finestra, la vede”» (Enrico Franceschini, la Repubblica, 5/7/2015) • Sadie è di sangue misto: suo padre, Harvey Smith, è inglese, sua madre è arrivata in Inghilterra dalla Giamaica quando aveva quattordici anni • «La prima volta che ci andai, da bambina, fu uno shock. Ero povera, ma non me ne ero mai resa conto, mi consideravo middle-class. Davanti alla casa natia di mia madre in Giamaica capii da dove venivo, compresi che ero povera davvero» (a Franceschini) • Ha due fratelli, Ben e Luc • Quando lei ha quattordici anni, i suoi divorziano: «Mia madre si è messa con un giamaicano, è come avere di colpo due genitori neri» • «A Londra, nel 1985, non esisteva la black girl magic. Nella cultura in senso lato, in effetti, non c’era nessuna ragazza nera, a parte nel canto, nel ballo e forse nella corsa» (lei, sul Corriere della Sera, 9/8/2019) • «Dicono che da piccola volesse ballare il tip-tap, diventare un’attrice, fare la cantante jazz, prima di sentire la chiamata della letteratura: come ha fatto tanta creatività a sprizzare fuori da un luogo che l’immaginario collettivo associa con droga, microcrimine e ragazze-madri? “C’è molta più creatività nelle council house che nelle case della classe medio-alta. Magari è creatività che non porta al successo, ma i miei compagni di giochi e di scuola erano tutti ragazzini dotati di fantasia e sogni. Quelli delle famiglie borghesi di Londra in genere sognano di fare l’avvocato o il banchiere, e di solito finiscono per farlo. Non il massimo della creatività, mi pare”. Pare anche a me. Comunque come ha fatto, lei, a uscire da una council house e approdare a Cambridge, la migliore università  d’Inghilterra e la seconda migliore del mondo? “Studiando. E forse grazie alla fortuna di un po’ di talento”. Innato? Da dove le è venuto l’amore per i libri? “Dai genitori. Mio padre, inglese, smise di andare a scuola a dodici anni ma adorava leggere, comprava tanti libri di seconda mano. E anche mia madre leggeva. A casa i libri non sono mai mancati. Mentre ricordo un compagno di classe, più agiato, figlio di assicuratori: a casa sua non ce n’era neanche uno”. È bastato leggerne tanti per essere ammessa a Cambridge? “Devo essergli piaciuta nel colloquio selettivo. In matematica avevo un B (equivalente a un nostro 6,5/7, ndr). In lettere avevo voti molto più buoni. Hanno scommesso su di me […] Devo molto all’insegnante di lettere del liceo. Era laureato in letteratura al King’s College di Cambridge, lo stesso a cui mi sono poi iscritta io, ed è venuto ugualmente a insegnare in una scuola media di un quartiere operaio, a ragazzini di colore come me. Era un idealista. Nessuno dei compagni di studi che si sono laureati a Cambridge con me è andato a insegnare in una scuola”. […] Com’era Cambridge, quando la fece lei? “Intanto era ancora gratis, mentre ora costa novemila sterline l’anno. Ciononostante ero l’unica nera del mio anno”» (Franceschini) • Si iscrive a lettere • «Dell’Università, il mio ricordo più vivo è il giorno in cui mi hanno presa. È stata la cosa più improbabile che mi sia mai capitata. E una volta lì… be’, ci sono modi migliori, per prepararsi a scrivere, di passare tre anni a leggere romanzi?» (al The Guardian, 21/1/2018) • A Zadie, infatti, scrivere piace da matti, e pubblica alcuni racconti sull’Antologia degli studenti • «Al college volevo essere pagata per quello che scrivevo, così avevo preparato un sacco di cv con la macchina per scrivere Canon Starwriter da mandare ai giornali più importanti, ognuno di un colore diverso. Nessuna risposta. Così, per guadagnare, iniziai a fare la tutor e mi misi a scrivere Denti bianchi» • «Fu un curatore editoriale di Londra (che era stato a Cambridge) a leggere la mia storia (sull’antologia di Cambridge) e a chiedermi se stessi scrivendo qualcosa di più lungo. E fu un mio amico (di Cambridge) a dirmi di prendermi un agente […] Forse sarei stata pubblicata comunque, prima o poi. Forse no. Mi sono ammazzata per passare quei maledetti test d’ammissione, ma tutto quel che mi è successo dopo lo devo al privilegio di essere stata in quel posto – poi, c’è stata una dose scandalosa di fortuna (il privilegio è fortuna istituzionalizzata)» (al Guardian) • Le case editrici si contendono Denti Bianchi prima ancora che sia finito, lei lo finisce durante l’ultimo anno di università • È un successo: «Un milione di copie vendute, un adattamento cinematografico e un mare di elogi» • Lei ha solo 24 anni.
Giudizi Lo scrittore Martin Amis non legge mai romanzi contemporanei, ma per lei (e per Will Self, un altro collefa) fa un’eccezione • «Fa l’effetto di una persona che stia pensando ad alta voce; o meglio, di una persona che stia pensando ad alta voce – con naturalezza, cambiando idea, considerando diversi elementi, ricordandosi aneddoti – dentro la tua testa» (Gianluca Catalfamo, il Libraio, 10/9/2018) • «Nel romanzo di Zadie Smith compaiono, tra le altre cose: un gruppo di terroristi islamici con un covo a Londra Nord e con un acronimo stupido (kevin), un gruppo di animalisti chiamato ‘Destino’, uno scienziato ebreo che modifica geneticamente un topo, una donna nata durante un terremoto in Giamaica nel 1907; un gruppo di testimoni di Geova convinti che il mondo finirà il 31 dicembre 1992; e due gemelli, uno in Bangladesh, uno a Londra, che si rompono il naso più o meno in contemporanea. Questo non è realismo magico. È realismo isterico. Raccontare la storia basandosi sugli stratagemmi della comunicazione persuasiva è diventato una regola, una specie di grammatica, in questi romanzi; sono strutturati così e vanno avanti così. Le regole del realismo non sono abolite, al contrario, sono sfruttate al massimo e portate all’estremo. Sicché, a voler essere corretti, le obiezioni non le vanno mosse rispetto alla verosimiglianza, ma rispetto alla moralità […] i personaggi che abitano i grandi e ambiziosi romanzi contemporanei hanno una vivacità appariscente, quasi teatrale, che riesce quasi sempre a nascondere il fatto che sono senza vita» (James Wood, The New Republic, 24/5/2000).
Vita privata «Ha sposato un collega, Nick Laird, bello e bravo come lei, dando così vita a un sodalizio che i critici paragonano a quello tra Sylvia Plath e Ted Hughes. Ma lei sdrammatizza: “It’s simply love”» (Cassin) • «Ha raccontato alla radio […] che […] ci sono stati “secoli” in cui lui non era affatto interessato a lei. Non le ha mai fatto la corte, non l’ha mai cercata per primo. […] Durante gli anni dell’università, Zadie andava nella camera di lui e stava lì per metà della notte a cercare di affascinarlo […] sedeva in quella stanza, speranzosa e decisa a non perdere di vista l’obiettivo, ma a un certo punto della notte, di solito verso le quattro, il ragazzo sbadigliava, le diceva: “Sono stanco, ho bisogno di andare a letto, quindi perché non te ne vai?”, e lei strisciava, solo apparentemente sconfitta, verso camera sua. La sera dopo ritornava» (Benini) • Nich e Zadie hanno vissuto due anni nel quartiere Monti, a Roma; ora si dividono tra Londra e New York • Hanno due bambini, Katherin e Harvey (come il padre di lei) • «“Mia figlia è totalmente girlish, è nella fase vezzosa; mio figlio è boyish, tutto macchinine e corse” […] Ti hanno cambiato la vita? “Sì, ma non mi ricordo com’era prima. Ah sì, viaggiavo di più e mi svegliavo alle 11. Ora la sveglia è alle 6 e poi comincia la pazza corsa per prepararsi per andare a scuola. In pratica posso scrivere dalle 9 alle 15. Certo, ho ridotto il tempo per le ricerche, però ho trovato uno stratagemma: porto i bambini con me a visitare le gallerie e vedere i quadri. Sarà per questo che ultimamente mi occupo tanto di arte”» (Fava).
Cosa serve per scrivere un romanzo  «Leggere molto, leggere di tutto, soprattutto quando si è giovani» • Alla fine di NW, nei ringraziamenti, ha citato Freedom e Selfcontrol, due applicazioni che bloccano l’accesso a internet.
Libri Quelli che le hanno cambiato la vita: «La morte di Ivan Il’ič, Tolstoj, Gli anni, Annie Ernaux, Memorie di uno schiavo fuggiasco, Frederick Douglass» (a Giannetta) • Non crede nel potere edificante della letteratura: «Anche i nazisti leggevano Anna Karenina e ascoltavano Bach».
Film I suoi preferiti: Scandalo a Filadelfia (George Cukor); Taxi Driver (Martin Scorsese); Pulp Fiction (Quentin Tarantino); Brian di Nazareth (di Terry Jones, con i Monty Python); L’eclisse (Michelangelo Antonioni) • «Non sono una cinephile. Ad esser sinceri i film che mi piacciono sono generalmente robaccia e quelli ritenuti grandi film non hanno su di me un grande effetto. Ma L’eclisse mi ha colpito molto: ha cambiato il modo in cui ragionavo rispetto alla narrazione. In qualche modo ha riorganizzato il mio cervello» (a Antonio Monda, la Repubblica, 6/8/2010) • Le piace da sempre l’attore James Stewart: «È stato la mia prima idea di uomo attraente, e la sua silhouette ha ossessionato la mia vita romantica» • Non le piace L’aviatore di Eric Rohmer.
Curiosità I suoi due fratelli, Ben e Luc, fanno i rapper. Ben – con il nome d’arte di Doc Brown -  ha recitato anche in Law&Order:Uk, ha fatto il comico ed è diventato un personaggio televisivo in Inghilterra: «Lui sì che è famoso» • Ha anche un fratellastro e una sorellastra • Non sopporta i social network, i cellulari moderni, Tinder, Donald Trump • Quando abitava a Roma ha imparato l’italiano: «Ora lo mantengo guardando i film di Alberto Sordi e trasmissioni tipo L’eredità o Sanremo» • Il suo quartiere a Londra si sta imborghesendo • Sulla scrivania tiene una foto di Virginia Woolf • Le piace Kanye West • Sa a memoria la poesia Animals di Frank O’Hara e parti dell’Amleto, di Macbeth, dell’Enrico V • Non rilegge i propri libri • «La scrittura non è un gesto che ha una difesa a partire dal senso comune; non è come fare bambini, costruire macchine o salvare vite, che hanno scopi pratici difendibili, quindi a un certo punto devi essere in grado di sentire un certo orgoglio per quello che fai, per ciò che pensi».