https://www.ilpost.it/2019/10/23/piatti-tipici-stati-uniti, 23 ottobre 2019
Quattro piatti "tipici" degli Stati Uniti
Le guerre al kebab e l’arroccata difesa dei piatti fatti-come-una-volta non tengono conto del fatto che quasi tutto quello che mangiamo e che consideriamo casalingo è il risultato di ingredienti importati (spesso da pochi secoli, come le patate e il mais) o di contaminazioni con altre cucine (come la carbonara, che pare non essere romana ma americana). Negli Stati Uniti alcuni dei piatti nazionali sono l’evoluzione di ricette importate dagli immigrati o appartenenti ad altre cucine ma che poi hanno preso una strada tutta loro, favorita da nuovi incroci, dall’industrializzazione, dai grandi mercati o dall’inventiva di uno chef. I giornalisti Tim Carman e Shelly Tan del Washington Post hanno scelto quattro di questi piatti e ne hanno raccontato la storia: sono il gumo, il chile con queso, i California roll e gli Spaghetti and meatballs.
Spaghetti and meatballs, cioè spaghetti con polpette
È il piatto italoamericano per eccellenza: molti americani sono convinti che si mangi abitualmente in Italia, dove invece non è nelle abitudini e nei consumi tradizionali. È il risultato dell’arrivo negli Stati Uniti, tra fine Ottocento e inizio Novecento, di milioni di migranti dal Sud Italia (accolti spesso in modo poco piacevole, come mostra questa vignetta del 1888), di come adattarono la loro cucina agli ingredienti e ai gusti locali e delle conseguenze dell’avanzata industria alimentare americana.
Spaghetti con polpette (Sara Moulton via AP)
In Italia le polpette sono piccole, fritte o al sugo, e servite come secondo mentre quelle italoamericane sono grosse, fatte con manzo, vitello e/o maiale, comunque sia con la carne che indicava la ricchezza delle famiglie che ce l’avevano fatta.
Un capitolo a parte è la storia della salsa al pomodoro, un frutto importato dall’America che in Europa venne considerato a lungo dannoso e usato solo come decorazione, motivo per cui era coltivato nell’Europa meridionale. Si iniziò a consumarlo da metà Settecento alla corte reale in Francia e in tutti gli strati popolari a Napoli e dintorni, inizialmente in insalata, arrostito o bollito, spellato e privo di semi, come raccomandava nel 1819 il manuale di cucina il Cuoco Galante, scritto dal cuoco di corte napoletano Vincenzo Corrado. Corrado descrive 28 ricette con il pomodoro tra cui 13 salse per condire la carne, il pesce, le uova ma non la pasta. Fu Francesco Leonardi nell’Apicio Moderno del 1790 a citare per la prima volta la pastasciutta condita con un sugo a base di pomodoro nel suo “Ragù di Maccaroni”. Da inizio Ottocento ci sono sempre più testimonianze che a Napoli la salsa venisse accoppiata alla pasta – come racconta anche Massimo Montanari in Il mito delle origini. Breve storia degli spaghetti al pomodoro – in particolare dagli anni Trenta divenne una consuetudine. Quando gli italiani arrivarono negli Stati Uniti, dove il pomodoro era ancora considerato tossico e poco usato, iniziarono a cuocere le polpette nella salsa spesso comprata già pronta, trasformando il tutto in un addensato di sugo, pezzi e grasso di carne.
Come per la salsa al pomodoro, anche l’accoppiata di questo nuovo condimento con la pasta non fu immediata. Avvenne nei ristoranti italoamericani che cercavano di rispondere ai gusti dei clienti non italiani, abituati a un piatto che tenesse insieme carboidrati e proteine (in un modo non diverso dalla bistecca accompagnata da patatine fritte o riso).
La nascita del nuovo piatto fu facilitata dall’industrializzazione, dall’invenzione del frigo e da un più efficiente sistema di trasporto, che permise di produrre, conservare e spostare facilmente cibi come la carne e la salsa. Il costo di questi ingredienti si abbassò e li rese disponibili anche ai più poveri: mentre nel Sud Italia le persone spendevano circa il 75 per cento dei loro stipendi in cibo, negli Stati Uniti si limitavano a un quarto. Inizialmente gli spaghetti con polpette furono osteggiati dai riformatori scolastici e dai salutisti ma vennero rivalutati con l’arrivo della Grande Depressione, quando i nutrizionisti celebrarono la pasta come nutriente e digeribile. In quegli anni la pasta si infilò anche nella cultura popolare: compare per esempio nel film Luci della città del 1931, dove Charlie Chaplin nel ruolo di Charlot mangia un piatto di spaghetti (misto a stelle filanti)
La scena più emblematica però è quella del film Disney del 1955 Lilly e il Vagabondo, dove i due cani cenano davanti un piatto di spaghetti e polpette, in grado di unire con la sua bontà ricchi e poveri. Adesso si trova comunemente nei ristoranti italiani, nelle case degli americani, surgelato al supermercato o da comprare al volo nei camioncini del cibo. Negli Stati Uniti non viene considerato un piatto italoamericano ma semplicemente italiano.
Chile con queso
Negli Stati Uniti è una ciotola di formaggio fuso condito con peperoncino in cui intingere i nachos, servito come contorno o antipasto nella cucina tex-mex, nata dalla fusione di quella texana e messicana. Per prepararlo basta un microonde, pomodori in scatola e del formaggio industriale di bassa qualità, ma in Messico, dove venne inventato, richiede una lunga lavorazione e formaggio eccellente come il queso asadero e il queso Chihuahua, entrambi usati nella versione settentrionale di chile con queso, fatto con peperoncini verdi e considerato un contorno «dove il formaggio è usato per esaltare i peperoncini e non il contrario», come spiega Lisa Fain nel suo libro di ricette Queso!. Poi vanno aggiunti pomodori freschi e peperoncini, che vengono arrostiti e sbucciati.
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Chili con queso.