ItaliaOggi, 23 ottobre 2019
Periscopio
All’ircocervo si affianca la «falomba», un quarto falco e tre quarti colomba. Dino Basii. Uffa news.
Il personaggio del mio cast che sento oggi più vicino è la Luisa, la moglie che cucina mentre il marito dice stupidaggini. Altan. (Simonetta Fiori). la Repubblica.
Il potere è idiota quando è affidato a idioti che non hanno passioni. I grandi uomini, al contrario, fanno avanzare il mondo anche senza il potere. Vittorio Sgarbi. (Alessandro Gnocchi). il Giornale.
Sarò in Giabbone. Magari ad Halloween, vestido da zugga. Giuseppi Gonte, il Diagontiguo. Tweet.
E adesso vuoi il posto di Berlusconi? «Sono un soldato. Non mi do obiettivi personali. Arrivo dove mi portano gli italiani». Giorgia Meloni, segretario di Fratelli d’Italia. (Claudio Sabelli Fioretti). il venerdì.
Dentro il vagone della metropolitana di Roma, l’aria condizionata è rotta. Tutto è sudicio. Sarebbe anche vietato fumare. Due criminali casertani di passaggio in città spaccarono il cranio a un povero cristo che aveva provato a dirglielo. Infatti, la regola è: fai finta di niente (la presenza dei vigilantes è impalpabile). Fabrizio Roncone. Corsera.
A proposito del ministro dell’Istruzione, Fioramonti, c’è grande apprensione alla Farnesina perché sembra che da Tel Aviv stia arrivando una nota sulla sua attività in Sudafrica, con atteggiamenti antisemiti che non si conciliano proprio con quelli di un ministro della Repubblica di un Paese tradizionalmente vicino a Israele come il nostro. Luigi Bisignani. Il Tempo.
Di amori ne ho avuti, e alcuni molto più giovani di me: ciò che mi attirava in loro era la forza vitale, mentre loro erano attirati dal mio microcosmo, umano e artistico, che desideravano esplorare. Mitchum fu un caso a parte: all’epoca molto più grande di me, eppure dotato di un fascino straordinario. Ero talmente attratta da quell’attore, che gli scrissi una lettera: naturalmente non l’avrebbe mai ricevuta, se non fosse accaduto che la mia amica Lina Wertmüller riuscì ad averlo ospite a Roma e, sapendo della mia cotta, mi invitò a cena a casa. Sulle prime, pensai a uno scherzo di Lina, invece era proprio vero! Vederlo seduto di fronte a me in salotto e provare nel petto un terremoto fu tutt’uno. Gli lessi la mia lettera, tradotta simultaneamente da un’interprete. Lui ascoltava e sorrideva divertito dalle mie parole. Alla fine ci prendemmo mano nella mano e ci baciammo: un bacio vero... Il mio sogno si era realizzato. Piera Degli Esposti. (Emilia Costantini). Corsera.
Io lavoro con la gioia e l’entusiasmo del primo giorno. Tutti mi stimano. I titolari mi hanno detto che posso rimanere finché voglio. Li ho presi in parola. Ho compiuto 75 anni e resto qui a lavorare in agenzia dove sono responsabile amministrativa, tengo la contabilità, organizzo il lavoro delle ragazze. In tutti questi anni me ne sono passate sotto ottanta. Cerco di insegnare loro tutti i miei segreti: più sono brave, più facile è anche per me. Anna Rosa Pavan, 75 anni, lavora in un’agenzia delle Generali e non va in pensione. (Enrico Ferro). la Repubblica.
Ho parlato alla Confartigianato di Vicenza. I padri si lamentavano perché i figli non vogliono saperne di portare avanti le loro aziende. Per forza, quando compiono 18 anni gli regalano la Porsche! Si è mai chiesto perché, su 5 milioni d’immigrati, 500 mila siano imprenditori? Vedo negli africani una potenza biologica che noi abbiamo perso. Umberto Galimberti. (Stefano Lorenzetto). Corsera.
Sono stato considerato un uomo di destra. Dicevano che i miei film incoraggiavano il peggiore sessismo. Poi quando, non tanti anni fa, ho interpretato il ruolo di un padre il cui figlio è gay, da destra hanno cominciato a dire che ero diventato di sinistra. La verità è che ho avuto la fortuna di poter scegliere. E io scelsi «Il merlo maschio», 1970. Le femministe insorsero senza capire che quel film era la tomba del machismo. Pasquale Festa Campanile aveva preso spunto da un racconto di Luciano Bianciardi. Mica l’ultimo arrivato. Lando Buzzanca. (Antonio Gnoli). la Repubblica.
C’è chi si chiede com’è possibile amare e disprezzare con la stessa veemenza un unico Paese? Qui arriviamo al cuore dell’arroganza tedesca verso l’Italia. Arte, storia e cultura sono trattate come un paesaggio: ci si dimentica che le città, le chiese, le statue e i dipinti d’Italia sono opera di italiani, sono il prodotto stesso della vita degli italiani. E c’è anche di peggio perché la tesi di fondo è che la stessa cultura italiana raggiunga il suo apice solo nell’interpretazione tedesca. Ancora nel Novecento lo storico dell’arte Wilhelm Waetzold sostiene che l’arte italiana può essere compresa appieno solo dai non italiani! Klaus Bergdolt, storico, già direttore del Centro di studi tedeschi di Venezia. il venerdì de la Repubblica.
C’è chi si lamenta che un visitatore che va al MoMa si trova in mezzo a una folla che rende difficile riuscire a vedere un’opera d’arte. Il problema esiste ma mi auguro che le nuove gallerie consentano esperienze più confortevoli. L’entrata molto più grande permetterà una migliore circolazione. Ci saranno poi le mattine durante le quali i visitatori soci del museo potranno visitarlo in tutta tranquillità. Ma, tornando alla questione del museo sempre pieno, vorrei chiedere: si preferisce entrare in un ristorante vuoto o in uno affollato? In quello affollato, credo. Se un ristorante è vuoto significa che il cibo non è granché. Quello che il MoMa mette nel piatto è sempre di altissima qualità. Glenn Lowry, direttore del MoMa di New York. (Francesco Bonami). la Repubblica.
Nelle Marche, se chiedi informazione di una strada, non è raro che ti chiedano premurosamente: «Ma tu chi cerchi?» E, se fai un cognome, ti chiedono ancora «ma come gli si dice?» (cioè com’è soprannominato). Dove i barbieri regalano ancora il calendarietto alla cipria. Dove la domestica montanara, alla signora che le dà del lei, si rivolge «tu signò». Dove la maestre, prima di rispondere a un quesito sul sesso, chiedono autorizzazione ai genitori. Luca Goldoni, Viaggio in provincia. Mondadori, 1984.
M’è venuto come un tarlo: quando cominci a dubitare di te stesso, del tuo lavoro, di tutto, non sarai per caso in fondo alla strada? È una sensazione strana, come se dentro si fosse accesa una lucetta rossa, quella del carburante in riserva. Nantas Salvalaggio, Il salotto rosso. Mondadori, 1982.
Con le tenebre anche il freddo è sceso sul campo crociato. Un firmamento di fuochi rischiara una notte intrisa di profonda tristezza. Pupi Avati, I cavalieri che fecero l’impresa. Mondadori, 2000.
Di Maio: mi piego, mi spezzo, ma non mi spiego. Roberto Gervaso. il Giornale.