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 2019  ottobre 23 Mercoledì calendario

Il Made in Germany va a picco

La Germania è in crisi? Se per tre trimestri il Pil è in segno negativo, sia pure dello 0,1%, tecnicamente si entra in recessione. Quanti detestano i tedeschi gioiscono, ma il contraccolpo sull’Europa, e soprattutto sull’Italia, sarebbe duro. Le percentuali possono ingannare, l’economia è a un livello altissimo, gli italiani dovrebbero augurarsi una crisi alla tedesca. E le previsioni per il prossimo anno vedono comunque un aumento dello 0,5%. Troppo poco? Più grave, forse, la perdita del fascino, dell’ammirazione incondizionata per il Made in Germany. I prodotti tedeschi godono all’estero ancora di una stima incondizionata, un pregiudizio positivo che però lentamente si appanna. Diversi amici italiani sono felici di poter guidare una Mercedes, segno di successo. Il modello più semplice a Berlino o a Amburgo viene giudicata una «auto per tassisti». Io non ne ho mai guidata una, neppure a noleggio, sarà affidabile, non ne dubito, ma per anseatici e prussiani non è un simbolo di prestigio sociale. Vicino a casa mia, a Charlottenburg, c’è una storica Kneipe, un’osteria, sopravvissuta alle bombe e alle mode. Ma nella patria della birra, gli affezionati clienti, a quanto vedo, preferiscono una birra di Praga.
Il Made in Germany fu imposto il 23 agosto del 1887 dai britannici come un marchio per segnalare prodotti non di prima qualità. I tedeschi nell’Ottocento erano considerati come i giapponesi di oggi, maestri nel copiare, in particolare l’acciaio inglese. Per la verità i «copioni» cominciavano a essere un pericolo. Nel 1862, all’Esposizione di Londra, Sir James Whitworth, con il mitico e ormai scomparso fair play britannico, aveva giudicato le macchine utensili prodotte a Chemnitz come «very good indeed», molto buone veramente. Il marchio Made in Germany si trasformò in un boomerang, e divenne sinonimo di ottima qualità. Quasi un secolo dopo, fu uno dei fattori principali del boom tedesco nel dopoguerra, quando la Germania era in rovina.
Secondo il Trust Barometer dell’agenzia americana Edelman, il Made in Germany attraversa una preoccupante perdita di fiducia: in meno di un anno ha perso 15 punti scendendo al 44%. «È un campanello d’allarme», ammoniscono gli americani, come scrive la Welt am Sonntag, il domenicale della Welt. Di questi tempi la Germania è poco amata nell’America di Donald Trump? Ma il sondaggio è stato condotto in otto diversi paesi, dal 22 luglio al 5 agosto, non solo negli Usa, in Francia, Gran Bretagna, Brasile, Cina, India, Messico, e perfino nella stessa Germania: anche i tedeschi non sono più patriottici come in passato.
Quel che preoccupa è che il giudizio non è limitato a qualche settore, come le auto dopo lo scandalo dei gas di scarico truccati. Riguarda, i prodotti chimici, l’industria farmaceutica, le macchine utensili. E, oltre al Truste Barometer, anche secondo un altro istituto internazionale, il Brand Finance, il Made in Germany ha perso sei punti nell’indice di fiducia. I risultati, ovviamente, variano: negli Stati Uniti appena il 37% continua ad avere fiducia nei prodotti tedeschi, in Cina la stima è sempre alta, al 77%.
Un segnale preoccupante: in Germania quasi un posto su due dipende dall’export. Nel 2018 si è esportato per 1319 miliardi di euro, con un aumento di solo il 3%, la metà rispetto all’anno precedente. Forse, a parte gli scandali, l’errore è stato di voler aumentare le vendite a tutti i costi, come la Volkswagen che voleva essere la prima al mondo, invece di mantenere la qualità, e di conservare i clienti.