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 2019  ottobre 23 Mercoledì calendario

Più cash nei portafogli italiani

A dieci anni dalla prima recessione la ricchezza finanziaria degli italiani s’è ridotta e concentrata soprattutto in liquidità. L’anno scorso ammontava a 4.218 miliardi, -0,4% in termini reali rispetto al 2008. Si tratta perlopiù di ricchezza ereditata dal passato, con una prevalenza del contante e dei depositi bancari, pari a 1.390 miliardi, il 33% del totale (+13,7% rispetto a dieci anni fa). Il contante resta anche lo strumento di pagamento prevalente, anche se lo scorso anno la crescita degli strumenti alternativi è stata dell’11%. In crescita, nei portafogli degli italiani, anche le riserve assicurative (23,7% del portafoglio, con un aumento del 44,6% rispetto al 2008) mentre si è sensibilmente ridotta la componente in titoli obbligazionari (scesi dal 21% al 6,9%) e azioni (-12,4%). Quasi azzerati i Bot e i titoli a breve termine (-98,8%).
È quanto emerge dal secondo rapporto realizzato dal Censis per Aipb (Associazione italiana private banking) presentato ieri a Roma. Mentre gli ultimi dati sui pagamenti arrivano dal Comitato pagamenti Italia diffuso in questi giorni da Bankitalia.
L’analisi Aipb-Censis è stata condotta su due campioni: il primo di mille cittadini rappresentativo a livello nazionale e il secondo composto da 654 clienti private, ovvero possessori di un patrimonio di almeno 500mila euro. Gli autori del sondaggio sottolineano l’importanza del secondo campione nelle scelte di portafoglio, visto che i possessori di grandi patrimoni rappresentano circa il 2,5% delle famiglie e affidano al private banking circa 850 miliardi di risparmi per investimenti. In questo contesto di diffusa preferenza per la liquidità, rafforzato negli ultimi anni da tassi di interesse ai minimi storici, gli italiani si sono detti fortemente contrari a una tassazione che penalizzi il risparmio in contante rispetto a scelte di investimento in imprese, infrastrutture o economia reale. Il 76% degli intervistati è contrario a una tassazione maggiore su contanti e conti correnti, forme di risparmio che rispondono a una diffusa incertezza. Secondo gli analisti Aipb-Censis nella percezione delle persone più abbienti «esiste un rischio-Paese per l’Italia», visto che per il 53,4% di loro pensare al futuro del Paese desta preoccupazione. «Sono stati d’animo che non incentivano a investire, soprattutto nel lungo periodo – si legge nel Rapporto –. Tuttavia, il 68,2% dei ricchi non ha alcuna intenzione di lasciare il Paese».
Sui pagamenti gli ultimi rilievi del Comitato segnalano invece un maggiore anche se timido dinamismo. Le carte di credito si confermano lo strumento alternativo al contante più utilizzato per le transazioni sia via web (+16%) sia sui canali innovativi. In crescita anche gli addebiti diretti (come per esempio il Rid) e i bonifici Sepa (rispettivamente +12% e +10%), mentre si avviano sul viale del tramonto gli assegni (-9%). Il raffronto con i principali paesi dell’area monetaria conferma il ritardo italiano: l’anno scorso il numero di pagamenti alternativi al cash in Italia è stato di 111 operazioni pro capite, contro una media Ue di 261, Eurozona di 246, mentre in cima alla classifica si collocavano i Paesi Bassi con 456, il Regno Unito con 453 operazioni, il Belgio con 348, la Francia con 327 e la Germania con 257.
Tornando alle scelte di portafoglio fotografate dal rapporto Aipb-Censis, negli ultimi anni è anche cambiato il punto di vista sulle destinazioni del risparmio, con una più evidente sfiducia nello Stato: il 61,2% degli italiani, infatti, se «avesse risparmi da investire, non acquisterebbe BoT, BTp o altri titoli del debito pubblico italiano (di questi, all’11% è capitato di acquistarne in passato)». Secondo il rapporto è «lontano il tempo dei “Bot people”, quando i titoli del debito pubblico erano il magnete di un circuito sovranista ante litteram, tutto italiano, con il risparmio privato che finanziava una crescente spesa pubblica che, a sua volta, foraggiava redditi privati, servizi e tutele pubbliche».