Corriere della Sera, 23 ottobre 2019
Il mistero del Salvator Mundi
La grande mostra del Louvre rilancia il secolare mistero sul presunto «Salvator Mundi» di Leonardo da Vinci: qui c’è, non c’è e forse arriverà. Nella mostra dedicata ai 500 anni dalla morte dell’artista (domani l’inaugurazione) un «Salvator Mundi» c’è, ma non è quello giusto se, per giusto, ovvero di Leonardo, si intendesse quello battuto all’asta da Christie’s nel novembre 2017 per il record di 450 milioni di dollari. Quattro esperti internazionali avevano attribuito quella tavola a Leonardo e la National Gallery la aveva esposta come autentica nel 2011. Venduta poi in asta all’erede al trono dell’Arabia Saudita, Mohammed bin Salman, l’opera doveva andare al Louvre di Abu Dhabi, ma è uscita dai radar. Per ora non è arrivata nemmeno alla grande esposizione di Parigi, e i dubbi sulla sua attribuzione aumentano. Ma i curatori non escludono che possa arrivare a mostra in corso.
In compenso, qui, c’è un altro «Salvator Mundi» proveniente da una collezione privata. È il cosiddetto «Salvator Mundi de Ganay»,dal nome della nobile famiglia francese che lo possedette nel Novecento, di provenienza da un monastero. Nessuno della famiglia de Ganay credette mai che fosse di Leonardo. Una ventina d’anni fa, però, Carlo Pedretti – allora il maggior leonardista – lo attribuì al genio vinciano, una sua allieva, Joanna Snow-Smith scrisse una monografia a riguardo l’opera fu pure presentata al Papa come autentica.
Fu questo il vero «Salvator Mundi» di Leonardo sino a quando, nel 2011, la National Gallery accreditò come del genio di Vinci quell’altro – ovvero quello allora di proprietà dell’americano Robert Simon, passato poi all’oligarca russo Dmitri Rybovlev e, infine, all’Arabia Saudita. Da allora il «vecchio» «Salvator Mundi de Ganay» scomparve: fu venduto pure dalla famiglia francese, si dice a un russo, e forse rimase in un deposito svizzero. Per ricomparire ora, improvvisamente, al Louvre.
La mossa è un bel colpo alla credibilità del «Salvator Mundi» finito ai sauditi, forse destinato a scomparire di nuovo, come è già accaduto tante volte nella sua incerta e tormentata storia, passando da Milano a Blois e da qui nella Londra di Carlo I per ricomparire nel Novecento nella collezione del borghese Francis Cook ed essere venduto dai suoi eredi, una cinquantina d’anni fa, per 50 sterline come una crosta.
Ma quella del Louvre appare anche una lotta tra grandi musei: se la National Gallery di Londra accredita il «nuovo» «Salvator Mundi» finito ai Sauditi, ecco che il Louvre ritira fuori il «vecchio» de Ganay, ma lo attribuisce ad «atelier di Leonardo»: «Crediamo che l’autore sia lo stesso della Monna Lisa del Prado» afferma Vincent Delieuvin, conservatore capo del Louvre.
I «Salvator Mundi» di analoga iconografia sono una ventina e, nel corso dei secoli, sono stati variamente attribuiti. Che esista per forza un «originale» di Leonardo è una deduzione degli storici.
Per il resto, la mostra è una celebrazione intitolata «Léonard de Vinci», alla francese, come per dire che l’artista è anche transalpino. Curata da Vincent Delieuvin e Louis Frank (catalogo Hazan da 445 pagine), espone undici dei meno di venti quadri di Leonardo esistenti, cinque dei quali sono del Louvre. In tutto sono 162 opere, tutti i taccuini dall’Institut de France quasi mai esposti (portati da Napoleone dall’Italia alla Francia). Il Paese che ha prestato di più pezzi è la Gran Bretagna con ben nove disegni di proprietà della regina; l’Italia annovera nove prestatori. Dall’Italia due pezzi sono dall’Ambrosiana, (il «Musico» e un disegno), la «Scapiliata» da Parma e l’ «Uomo vitruviano» (qui «homme de Vitruve») dall’Accademia di Venezia.
Le prenotazioni sono già 200 mila (per prenotarsi andare sul sito del Louvre). La «Gioconda» non è nel percorso della mostra «perché da sola attira 30mila visitatori e lo spazio mostra ne tiene 7mila», ma nella sua nuova collocazione su uno sfondo blu di Prussia, colore non esisteva ai tempi di Leonardo. «È un po’ gialla, un po’ scura ma ancora leggibile. Tuttavia – afferma Delieuvin – l’ultimo restauro è del 1952 e prima o poi si dovrà fare qualcosa». La «Belle Ferronnière», la «Sant’Anna» e il «San Giovanni» lì hanno già restaurati. Sono attesi più di 500mila visitatori.