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 2019  ottobre 23 Mercoledì calendario

Mondo di mezzo, storia di 5 anni di processi

Quando la Smart di Massimo Carminati viene bloccata su un viottolo stretto di campagna a due passi dalla villa di Sacrofano, alle porte di Roma, dai carabinieri del Ros, mancano 48 ore al 2 dicembre del 2014. Comincia il ciclone dell’inchiesta sul Mondo di mezzo, chiamata poi mafia Capitale, e stravolge la città. I militari gli si parano davanti contromano. Lui è stupito, poi guarda i mitra, non c’è da scherzare, scende dall’auto, alza le mani e si arrende. Due giorni dopo tutta l’Italia guarderà quelle immagini registrate: l’ex Nar, il cecato o il pirata, per via della benda che copre l’occhio offeso dal proiettile sparato dalla polizia quando, giovanissimo, tentava di fuggire all’estero, viene arrestato. 
L’INIZIOÈ l’inizio del Mondo di Mezzo. La maxi-inchiesta della Procura di Roma di Giuseppe Pignatone. L’allora pm Paolo Ielo, oggi aggiunto, i sostituti Luca Tescaroli e Giuseppe Cascini, lavorano da anni sugli affari di Carminati. Parte una raffica di arresti, il suono delle manette scuote nel profondo la Città Eterna che si scopre marcia e corrotta. Il terremoto giudiziario investe e coinvolge mondi apparentemente diversi che, però, secondo gli inquirenti, trovano una congiunzione quando c’è da fare business. Mondi che fanno leva sulla paura e sulle intimidazioni per incassare appalti e commesse pubbliche, grazie anche alla complicità dei colletti bianchi corrotti in seno a ogni grado dell’amministrazione. Nel mirino del pool di magistrati che fanno capo all’ex procuratore Pignatone finiscono vecchi e nuovi criminali, politici di destra e di sinistra, persino le cooperative. Tutti pronti a darsi una mano se c’è da guadagnare, spolpando e drenando le risorse pubbliche. Trentasette persone arrestate (28 in carcere e nove ai domiciliari) e decine di perquisizioni eccellenti, tra cui quella nei confronti dell’ex sindaco Gianni Alemanno, indagato per associazione di stampo mafioso, reato derubricato poi in corruzione. La procura racconta un sistema collaudato in cui l’ex Nar, forte della propria capacità intimidatrice, eroe negativo di una saga che ha le radici nella destra criminale degli anni Novanta, ha stretto un patto scellerato con Salvatore Buzzi, re delle coop rosse, che gestisce milioni di euro in appalti. L’alleanza usa la chiave dell’omertà e delle minacce, per consentire a Buzzi, il rosso, di fare affari con l’amministrazione di centrodestra. I reati contestati partono dal 2010. Il manifesto dell’associazione è stampato in un’intercettazione di Carminati. La più suggestiva: «È la teoria del mondo di mezzo, Ci stanno, come se dice, i vivi sopra e li morti sotto e noi stamo ner mezzo ce sta un mondo in mezzo in cui tutti si incontrano e dici: cazzo, com’è possibile che un domani io posso stare a cena con Berlusconi? il mondo di mezzo è quello invece dove tutto si incontra». 
IL SECONDO ROUNDSei mesi dopo altri 44 arresti: 19 persone in carcere, 25 ai domiciliari, altre 21 indagate a piede libero e altrettante perquisizioni. È un altro terremoto. Gli affari riguardano anche i migranti. Buzzi ha un uomo al Tavolo del ministero del ministero dell’Interno che decide su appalti e affidamenti alle coop,è Luca Odevaine, che ha patteggiato una pena a cinque anni e due mesi per corruzione. Al telefono con una collaboratrice Buzzi spiega «Tu c’hai idea quanto ce guadagno sugli immigrati? Il traffico di droga rende meno». A Roma servizi come l’accoglienza agli stranieri, la manutenzione del verde pubblico o la gestione dei campi rom si traducono in una rete di corruttele e pressioni che, secondo la procura si esplicano con «metodo mafioso». 
STOP APPALTIGli appalti vengono congelati. Il ministero degli Interni sceglie un pool di prefetti con a capo Franco Gabrielli per stabilire se il Comune debba essere sciolto per mafia, dopo avere fatto un accesso agli atti ed esaminato la posizione di migliaia di funzionari e valutato centinaia di gare o affidamenti, l’ipotesi viene scartata. 
I PROCESSIIl 5 novembre 2015 comincia il processo davanti alla decima sezione del tribunale. Autorizzate le riprese televisive in aula «alla luce dell’interesse sociale in relazione alla natura delle imputazioni, ai soggetti coinvolti e alla gravità dei fatti contestati». Dopo 240 udienze, a luglio 2017, il Tribunale, presieduto da Rosanna Ianniello, boccia l’ipotesi della mafia. Stabilisce che Carminati è a capo di due associazioni a delinquere semplici, una dedita alle estorsioni, l’altra della quale fa parte anche Buzzi, alla corruzione. Le pene sono altissime: per il Nero 20 anni, 19 per il re delle coop. In secondo grado il collegio presieduto da Claudio Tortora decide di non riaprire il dibattimento ma a settembre 2018 ribalta la sentenza accogliendo la tesi della procura: il Mondo di mezzo è mafia. Il 416 bis viene riconosciuto per 18 su 43 imputati. Le pene però si riducono: Salvatore Buzzi dai 19 anni del primo grado passa a 18 anni e 4 mesi. Per Carminati, i 20 anni del primo grado diventano 14 anni e sei mesi.