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 2019  ottobre 22 Martedì calendario

All’interno del carcere di Bologna una sala cinematografica (150 posti) aperta al pubblico

Angelina Jolie in carcere a Bologna. Ma solo sullo schermo e, non a caso, nei panni della Signora del male (Maleficient). Infatti il 24 ottobre sarà inaugurata una nuova sala cinematografica, aperta al pubblico, ricavata all’interno del carcere, una piccola cittadella inaugurata nel 1986 nell’hinterland della città, per ospitare 500 detenuti: in realtà ve ne sono circa 800 di cui 80 donne, 546 stanno scontando una pena definitiva, passata in giudicato. Il 60% sono stranieri, 52 frequentano corsi universitari.Alla sala è stato messo nome Cinema Atmosphera ed è il primo cinema italiano in un carcere aperto al pubblico, una sala con 150 posti, schermo fisso, un impianto audio-video professionale, pannelli fonoassorbenti, proiezioni tutti i giorni. Niente da invidiare alle multisale. Nelle scorse settimane (vedi ItaliaOggi dell’8 ottobre) nel carcere minorile, sempre a Bologna ma ubicato in zona centrale, è stata aperta, con le prime cene sperimentali, un’osteria in modo che i giovani detenuti possano mettere in pratica, in cucina e in sala, quanto apprendono nei corsi professionali di ristorazione. A orari prestabiliti e dietro prenotazione sarà quindi possibile accedere ai tavoli di questo singolare locale, denominato La Brigata del Pratello. Adesso il carcere per i maggiorenni risponde col cinema. Anche in questo caso si tratta dello sbocco di un corso di lezioni (tra gli insegnanti, Ivano Marescotti) per imparare i mestieri legati alle riprese televisive e cinematografiche che si svolgono all’interno della struttura. Poi è stato organizzato un piccolo festival, a cura dell’associazione Cinevasioni, volontari che si occupano di cinema per persone disagiate. Ora entra in attività una vera e propria sala, sostenuta anche da Rai-Cinema che ha donato oltre 700 dvd. «L’iniziativa», spiega Angelita Fiore, presidente di Cinevasioni, «nasce non solo per consentire ai detenuti di guardare i film appena usciti nel circuito cinematografico, ma soprattutto per mettere in relazione attraverso il cinema il carcere con la città, le scuole e l’università. È importante sottolineare che si tratta di un cinema in carcere, non di film sul carcere, portiamo il linguaggio e la cultura cinematografica all’interno della realtà carceraria e la apriamo ad autori e studiosi di cinema».
L’esperimento di Bologna è unico in Italia perché la sala è aperta al pubblico. Ma il cinema sta entrando nelle carceri. In quello milanese di Bollate vi è una sala cinematografica e teatrale (214 posti a sedere) destinata ai detenuti (il pubblico esterno non è ammesso). È stata inaugurata a settembre da Gabriele Salvatores: «Il cinema», dice, «è evasione, cultura, rievoca i fantasmi buoni e cattivi che abbiamo dentro di noi e ne rende consapevoli, è questo il senso del progetto». Mentre a Roma la Festa del cinema ha organizzato il Rebibbia festival, che si concluderà il 27 ottobre con la proiezione all’interno del penitenziario del documentario «Viaggio in Italia, la Corte Costituzionale nelle carceri», presenti i detenuti e il presidente della Corte, Giorgio Lattanzi. Nel carcere di Poggioreale (Napoli) in occasione della manifestazione Il cinema ci racconta tutti gli anni si svolgono proiezioni e incontri. «Oltre ad avere riaperto e difeso vecchie sale di città e aver insistito sul valore e la bellezza del cinema all’aperto nei parchi pubblici», dice Roberto D’Avascio, presidente di Arci Movie, che coordina l’iniziativa, «cerchiamo di portare il cinema in luoghi ancora più difficili e lontani come le carceri, con l’obiettivo di riattivare forme di educazione e di socialità attraverso la cultura». Infine anche a Parma è stata allestita una sala di 140 posti e vengono realizzate due proiezioni al mese, una per gli stranieri in regime di media sicurezza e una per gli italiani con lunghe pene detentive. «Il cinema», dice Laura Rossi, assessore al Welfare del Comune, che sostiene il progetto, «è uno strumento che restituisce un senso di normalità anche a una situazione estrema quale può essere la vita carceraria».
Insomma se fino a ieri era soprattutto la musica a varcare i cancelli delle prigioni, adesso anche il cinema si fa avanti. E l’amministrazione penitenziaria si ripromette di aprire sale aperte al pubblico in altre città, dove possibile, se l’esperienza bolognese avrà dato esito positivo. Dice Claudia Clementi, direttrice del carcere di Bologna: «Siamo abituati a pensare il carcere fuori dai circuiti cittadini, invece in questo modo diventa un polo di aggregazione di energie. Realizziamo così il nostro mandato, consentendo ai detenuti di utilizzare il tempo in maniera proficua, fornendo strumenti attraverso cui potersi costruire un futuro diverso».
Oltre alla Rai collaborano alla gestione della sala cinematografica l’università, il Comune, il gruppo Hera, Legacoop, la Fondazione del Monte («è l’esempio» dice la presidente della Fondazione, Giusella Finocchiaro, di quello che deve essere il lavoro di una Fondazione di origine bancaria oggi»). I film programmati saranno per lo più in prima visione, l’orario delle proiezioni è previsto ovviamente nel periodo diurno, compresa la mattina per consentire la partecipazione delle scuole. A organizzare, anche tecnicamente, le proiezioni sono una ventina di detenuti, coloro che frequentano i corsi e che al termine di ogni film parteciperanno al cineforum insieme ai presenti. «Solo con la cultura», aggiunge Claudia Clementi, «si realizza l’idea di carcere come riabilitazione, è dimostrato che diminuisce la recidiva. Il fatto di aprirci al pubblico esterno è una rivoluzione culturale, anche se avviene ovviamente nel rispetto delle norme di sicurezza ed evitando l’effetto “visita allo zoo”».
Il carcere si sforza di avere un volto umano. È un luogo certamente di dolore, che ora chiede aiuto anche al cinema. Con una dose d’ironia, poiché il film che giovedì inaugurerà la sala (alla presenza dei suoi registi, i Manetti Bros, ovvero i fratelli Marco e Antonio Manetti) sarà Ammore e malavita.