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 2019  ottobre 22 Martedì calendario

Biografia di Alessandro Zanardi detto Alex


Alessandro Zanardi detto Alex, nato a Bologna il 23 ottobre 1966 (53 anni). Il più famoso atleta paralimpico italiano. È stato pilota automobilistico, gareggiava anche in Formula 1. Nel 2001, per un incidente sulla pista di Lausitz, in Germania, ha perso entrambe le gambe, ha rischiato di morire dissanguato, è rimasto in coma farmacologico per quattro giorni, si è fatto sei settimane di ricovero e ha subìto una quindicina di operazioni • «Vedo le mie mani che cercano di controllare il volante nel momento in cui la macchina sbanda e non mi ricordo di nient’altro» • Dopo, nel 2005, anche senza le gambe, è diventato campione italiano di superturismo; quindi, gareggiando su un particolare tipo di bicicletta a tre ruote, spinta con le braccia anziché con i piedi, ha vinto quattro medaglie d’oro e due d’argento alle Paralimpiadi (Londra 2012 e Rio 2016) e otto campionati mondiali su strada «Adesso le gambe le ho nella testa» • «Riesce a tenere uniti in modo sublime due aspetti di solito in contrasto: un’umanità incredibile e una competitività spietata tipica degli sportivi e dei vincenti. La sua vita è immensa e dolorosa. Ha perso la sorella poco più grande di lui, morta a 15 anni per un incidente stradale, il padre poco prima di vincere due Mondiali di F. Cart nel ’97 e ’98, le gambe a poche gare dalla fine di quella che aveva già deciso essere la sua ultima stagione» (Moreno Pisto, Riders, 10/2014) • «Una vita di record» (Giulia Sciola, Esquire, 23/4/2019) • «“Ma non sono un superuomo. Tutt’altro. Vedo che ci sono persone che vanno in una direzione e voglio capire dove e perché. Questa è la curiosità”. Basta? “Serve. Poi c’è l’ambizione, chiaro. Ma quello che serve per fare l’ultimo sprint è la passione, che rende perseveranti e questo permette anche di fare cose diverse”» (Claudio Arrigoni, Corriere della Sera, 22/9/2019) • «Dopo l’incidente sono diventato un personaggio strano, un misto tra padre Pio e Raffaella Carrà» • Ha partecipato a svariati Ironman e maratone • «“Io sono drogato di sport, di sfide. Anche se c’è da aprire un barattolo che non si apre: per me diventa subito un braccio di ferro col coperchio. Quanto valgo oggi? Quanto posso valere di più domani? Il mio amico Paolo Barilla dice che ho una testa da kaizen. Che non vuoi dire testa di cazzo, anche se, per carità, ci starebbe anche. È l’unione di due parole: kai, cambiamento, e zen, miglioramento. Mi ci ritrovo”» (Carlo Verdelli, GQ, 11/2012) • «È disabile chi ha poca stima di sé».
Titoli di testa «Racconto questa storia con un pizzico di orgoglio. Anche se io non l’ho fatto per cambiare il mondo, ma perché mi piace correre» (Francesca Cibrario, Vanity Fair, 6/4/2019).
Prima Suo padre Dino fa l’idraulico. «Ho avuto un papà molto saggio, anche se di cultura modesta. […] Mi diceva: “Ti auguro di diventare un pilota di F1, ma nel frattempo impara il mio mestiere che al massimo sarai un pilota che sa anche aggiustare lo scarico di un cesso”. E un’altra cosa mi diceva: “Te, Sandrino, gira la testa e guarda che cosa fanno gli altri, perché dagli altri si impara”. Ed è vero» (alla Cibrario) • «“Concentrati su quello che puoi fare oggi e fallo. Poi domani ripartirai da ciò che hai ottenuto. E così via. Passo dopo passo, otterrai ciò che vuoi”. […] Quand’ero ragazzino non gli davo ascolto» (iO Donna, 2016) • «Lui mi parlava e io, sì sì sì, ho capito, però nonostante la mia reazione, la sua lezione è arrivata» (a Pisto) • La mamma di Alex, Anna, fa la casalinga e la camiciaia: «Da piccolo, di notte, sentivo il ticchettio della sua macchina da cucire, camicie su misura, asole fatte a mano. Qualche volta la raggiungevo con una coperta, lei mi cantava qualcosa sottovoce e mi riaddormentavo lì. […] Dicono che le somiglio tanto. Oh, sì, pensi che alla sua bella età va ancora a ballare» • Da bambino non è bravo a scuola e non gli piace nemmeno lo sport: «Durante l’ora di ginnastica ero quasi sempre l’ultima scelta. Era il calcio a non piacere a me, non il contrario. Non avevo passione, ero anche grassottello» (a Carlo Santi, Il Messaggero, 11/4/2016) • Alex è un monello: traffica nella rimessa di casa, smonta pezzi del motorino della sorella • Un giorno si arrampica su un frangisole di mattone traforati fino al terzo piano del suo palazzo per andare a trovare la sorella di un amico:  «A dieci anni ho sentito uno stimolo irrefrenabile per la gnocca: non capivo una mazza ma le pulsioni c’erano. [… ] Ho bussato, lei mi è venuta ad aprire. La guardavo con occhio da pesce lesso, nient’altro. Nelle mie intenzioni c’era dedicarle l’impresa e poi tornare giù. Ma all’attacco della discesa sua madre mi ha sgamato e ha pensato bene di telefonare alla mia dicendo: “Anna, metti la testa fuori dalla finestra e guarda tuo figlio”. A momenti sviene» (su Sportweek, 2016) • Gli piacciono i go-kart: «Me ne ero costruito uno da solo, con dei tubi da mezzo pollice che papà teneva a casa, più quattro ruote rubate a un cassonetto dell’immondizia. Quando l’ha visto, papa si è incazzato come un puma per via delle ruote: le ho riportate subito al cassonetto. Poi però il primo vero go-kart me l’ha regalato lui: meglio quello che il motorino, diceva, si sta più sicuri, si guida in pista, col casco. Era un uomo forte e speciale, mio padre. Mi ha seguito ovunque, ha lavorato con me ai motori, alle modifiche dei telai, delle sospensioni. […] Se prendo una pinza a pappagallo, ormai vedo che la mia mano è come era la sua. E mi emoziono» (a Verdelli) • «Quando avevo dodici anni è morta mia sorella, in un incidente d’auto con il suo fidanzato. Forse il momento più brutto in assoluto, soprattutto per il dolore enorme imposto ai miei genitori» (su Sportweek) • Alex comincia a gareggiare a tredici anni e non si ferma più. A diciotto diventa campione italiano di Cart, a ventuno esordisce in Formula 3, a ventiquattro in Formula 1 con la Jordan, poi con la Lotus • A venticinque «ero collaudatore Benetton in Fl ma non avevo quasi mai girato. Poi si sono ricordati di me per un test a Le Castellet. Al quinto giro ho fatto il miglior tempo assoluto, e c’erano tutti i team. La considerazione nei miei confronti cambiò di colpo, mi diedero anche la giacca nuova della squadra e fu lì che Schumi mi ci ruppe dentro un uovo. Ci rimasi malissimo...» (a Sportweek) • «Nel 1993 fece un terribile incidente durante il Gran Premio del Belgio, ma già un anno dopo ritornò a correre nel Gran Premio di Spagna. Quando però alla fine di quell’anno la Lotus fallì, Zanardi si ritirò una prima volta dalla Formula 1 […] venne infatti assunto come pilota di Formula Cart [oggi Camp Car, ndr]. […] vinse le due stagioni successive: 1997 e 1998. […] Nel 1998 Zanardi ritornò alla Formula 1, ma come nella precedente esperienza continuò a non ottenere grandi risultati. Fece un incidente sulla pista di Imola e chiuse la stagione 1999 con 0 punti (in tutta la sua carriera di Formula 1 ha ottenuto soltanto un punto)» (Il Post, 8/9/2012) • Si sposa, ha un figlio, torna di nuovo alla Formula Cart • «La prima vita è finita il 15 settembre 2001, quattro giorni dopo lo Strazio delle Torri Gemelle. […] “Una volta ho visto quel film, Nato il 4 luglio, con Tom Cruise ridotto su una carrozzella dalla guerra. Ricordo di aver pensato: se succede a me, mi ammazzo”. […] Il 15 settembre 2001 è un sabato tedesco, pioggia a raffiche, vento che l’asciuga, e ovunque la scia d’angoscia del dopo New York. Il circuito è quello del Lausitzring, fra Dresda e Berlino. Quattro mesi prima ci ha lasciato la pelle Michele Alboreto, ex pilota della Ferrari: stava facendo un test con la Audi, gli è scoppiata una gomma. Brutto clima, in generale. Sei gare alla fine del Mondiale di Formula Cart […]. Che amano molto anche Zanardi, per il suo modo spavaldo di guidare, per i due titoli che ha conquistato, perché è uno che ha solo la sesta marcia in testa e non molla, non calcola, si infila in ogni fessura pur di provare a passare l’avversario. […]  È pilota da ormai quasi vent’anni, ha vinto tanto, perso tanto, “appiccicato” un sacco di macchine ai muri, tentato sorpassi che l’hanno reso leggendario e fallito posti sul podio per sfighe o cazzate che sono il sale e le ferite di questo mestiere. […] Potrebbe lasciar correre le ultime corse. Potrebbe. A 13 giri dalla fine è in testa alla grandissima. Si ferma ai box per l’ultimo rabbocco di benzina, tutto perfetto, meccanici col pollice sollevato, si va verso la vittoria. Ma la sua Reynard Honda la pensa diversamente. All’improvviso gli scappa di mano nella corsia di accelerazione, si gira, si rigira, finisce di traverso sulla pista, orizzontale, con la parte più fragile, il fianco, esposta come Cristo in croce. Alex Tagliani, un canadese di origini bresciane, gli arriva dentro a 320 chilometri allora e lo apre in due. “Devo aver realizzato qualcosa solo quando, a un certo punto, ho guardato davanti: non c’era più la macchina e nemmeno le mie gambe”. Amputazione bilaterale. Fine della prima vita» (Verdelli).
Dopo «La seconda comincia in un ospedale di Berlino, appena un litro di sangue rimasto in corpo, la moglie Daniela che gli sussurra “amore, resisti”. Zanardi resisterà. A tutto. Sette arresti cardiaci, 15 interventi chirurgici, la coscienza di quel che gli rimane, di quel che ha perso» (Verdelli) • Nessuna delle protesi esistenti lo soddisfa, lui se ne fa realizzare un paio apposta • «Ricordo quando i miei obiettivi erano semplicemente fare una doccia da solo o la pipì da in piedi. In quei momenti la mia ispirazione erano gli altri pazienti. Persone meravigliose che, senza titoli sui giornali, hanno fatto cose ben più grandi di me» (alla Cibrario) • Un mese dopo l’incidente, tiene una conferenza stampa: dice di voler tornare a camminare e, soprattutto, a correre • «La famiglia, in particolare mia moglie, è stata un po’ la regista, con alcune scelte che ha fatto e che sono state tutte migliori di quelle che avrei preso io. Quando sono tornato a casa dopo la mia degenza a Berlino di quaranta giorni, nel garage c’era già un’auto con i comandi al volante» (a Fulvia Degl’Innocenti, Famiglia Cristiana, 18/2/2019) • Già nel 2003 partecipa a una corsa a Montecarlo • «Zanardi, come si fa? “Non sono Superman e nemmeno Padre Pio. Ho patito l’inferno nei centri di riabilitazione, ho visto molti altri patirlo. Persone che si arrendono sfinite dal dolore, dalla disperazione. Ma le cose possono essere fatte. L’importante è desiderare. E io ho desiderato tanto”» (Verdelli) • «Mai avuto paura? “Non ci sono poi così tante ragioni per non tornare a guidare. Che cosa c’è di diverso tra me e chi non ha ancora fatto un incidente? E statisticamente è molto più probabile che accada a un altro» (Degl’Innocenti) • Sempre nel 2003 torna a Lausitz. Viaggia a oltre trecento all’ora e completa i tredici giri che gli mancavano • «Non è poi così male. Se mi infortunerò di nuovo alle gambe, per risolvere tutto basterà una chiave a brugola» • Nel 2005, è a Valencia, sulla Bmw: «Quando Mario Theissen, responsabile della Casa tedesca, mi disse: “Congratulazioni, sei il primo uomo senza gambe a provare una Fl”. E io: “Congratulazioni, sei il primo manager così matto da far guidare una Fl a uno senza gambe”» (a Sportweek) • «Ora uso un volante in cui è inserito l’acceleratore e una leva-freno che aziono con la mano destra» (in Cibrario) • «Mi sento un po’ come Jimi Hendrix: suono con tutte e due le mani» (in Bedel Saget e Grant Gold, New York Times, 25/1/2019) • La handbike la scopre per caso: «Stavo in un grill verso Ventimiglia, sarà stato il 2007. Incontro un tipo con una lesione spinale. Sul tettino dell’auto ha quella strana bicicletta. “Questa qui, se la provi, non scendi più”. L’ho provata su un argine del Po, aveva ragione lui» (a Verdelli) • «Metti più testa o più cuore nelle tue scelte? Assolutamente più cuore. Poi certo, le cose devi farle bene, e allora subentra la testa. Alla fine del 2009 stavo correndo il campionato velocità Gran Turismo. Venivo pagato molto bene, correvo per un grande marchio e l’idea di lasciare tutto per gareggiare in handbike sembrava una follia. Eppure per me era interessante fare quel percorso» (Sciola) • «Quando correvo fino ai 400 allora sulle piste di tutto il mondo, ero io da solo. Adesso, su quell’handbike, c’è mezza Italia che spinge con me. Sento che la gente mi vuole bene. Ma, in fondo, non ho fatto niente di speciale. Ho preso la bicicletta. E ho pedalato» (Verdelli) • Tre anni dopo, a Londra, vince l’oro Paralimpico • «Se il genio della lampada mi proponesse di restituirmi le gambe, gli direi: “Un attimo, parliamone, io così me la sto godendo alla grande...”» • Ma non gli basta: al paraciclismo e alla Bmw aggiunge l’Ironman, gara che prevede 3,8 chilometri di nuoto, 180 con la sua bicicletta speciale e 42 di maratona in sedia a rotelle • «Hai chiesto un boccaglio per affrontare la parte del nuoto, perché per respirare dovrai tirare su la testa ed essendo senza gambe il bacino si sbilancerebbe e finiresti sott’acqua. Te lo daranno? “Boh, spero di sì, sennò vorrà dire che ne berrò un sacco e farò scorta di sali minerali”» (a Pisto) • «Ma come le è venuto in mente di provare una gara così estrema? “Il primo a parlarmene fu Tony Kanaan, pilota brasiliano con il quale correvo. Mi aveva affascinato. Però mi disse subito: Zio - perché mi chiama così - per te è impossibile. Non potevo dargliela vinta: guarda che se provo lo faccio in due ore meno di te. E lui: impossibile. Alla fine è arrivato 3 ore dopo di me”» (a Arrigoni) • Si prenota per i Giochi Paralimpici di Tokio del 2020. Saranno i suoi quarant’anni di attività agonistica • «Era la prima settimana del settembre 1980 quando feci la mia prima gara con i go-kart. Pensare di essere ancora a questi livelli è meraviglioso» (a Arrigoni) • «Manca solo la Luna. “Me lo proponessero, perché non provarci?”» (Serena Gentile, La Gazzetta dello Sport, 13/10/2016).
Famiglia Sposato a Las Vegas con Daniela, conosciuta che lui era pilota e lei lavorava per una scuderia di Formula 3. Un figlio, Nicolò • «Passa Emma, la suocera: “Sandrino, ti ha visto in tv una mia amica, che ti ha trovato bellissimo. Continuava a ripetermelo: ma è bellissimo! Ha 70 anni, la mia amica, ma è pur sempre il complimento di una donna e vale doppio”» (Verdelli).
Agonismo «“Sa come si dice nel nostro ambiente: dal secondo posto in giù è come le balle dei cardinali” Prego? “Le balle ai cardinali non servono a niente, o almeno dovrebbe essere così”» (Verdelli) • «Mi piace allenarmi, sentire il sudore sulla fronte, spostare il limite della fatica sempre più in là» • «Mi mettevo in discussione anche quando vincevo con tutti gli accessori forniti da madre natura, figurati oggi» (alla Cibrario).
Malintesi «Marchionne o Montezemolo? “Non li conosco, anche se a uno gli ho dato del busone da combattimento e non era Marchionne”. Cosa? “Ero col mitico Candido Cannavò, l’ex direttore de La Gazzetta dello Sport, e avevamo passato molto tempo a parlare di Gianluca Gasparini che lui chiama affettuosamente Luca. A fine giornata mi fa (imita la voce acuta di Cannavò): ‘Ma che giornata mi hai fatto passare, Alex, mi sono proprio divertito. Aspetta che chiamiamo Luca e lo salutiamo’. Fa il numero e gli sento dire: ‘Luca, sono Candido, come stai, son qua col nostro amico Alex, aspetta che te lo passo’. Me lo passa e io subito: ‘Busone da combattimento!’. Sento: ‘Pronto, ma chi parla?’. Merda, era Luca sì, ma Luca di Montezemolo… Gli spiegai la cosa e lui si mise a ridere» (Pisto).
Dice di sé «Ho un ego molto sviluppato, lo ammetto» (alla Degl’Innocenti) • «Io sono un disabile molto particolare, alla fine le barriere architettoniche sono quasi più per mia moglie quando mi viene dietro» (Massimo Pisa, la Repubblica, 24/9/2016) • «La vita è come il caffè. Puoi metterci tutto lo zucchero che vuoi, ma se lo vuoi far diventare dolce devi girare il cucchiaino. A stare fermi non succede niente».
Curiosità Ha presentato E se domani e Sfide, su Rai3Vive a Padova • Le medaglie le tiene in cucina, ha doppiato il personaggio di Guido nei film Cars e Cars 2 (che nella versione italiana parla in dialetto bolognese), ha un’associazione che realizza protesi per bambini mutilati (Bimbi in gamba), dice di commuoversi facilmente e non sopporta gli sportivi dopati • Cavaliere di Gran Croce dell’Ordine al Merito della Repubblica: «Gran cerimonia al Quirinale, lui dritto sulle sue gambe di riserva, Ciampi che legge compunto la menzione ma poi mette da parte i fogli che gli avevano preparato, va da Sandrino, lo accarezza e gli dice: “Lei è un faro per i giovani, e non solo per loro. Ma la prego, Zanardi, d’ora in avanti si voglia un po’ di bene”. Sa che circola una raccolta di firme per convincere Napolitano a nominarla senatore a vita? “Ma no, non mi sento pronto, non è il mio. Pensi che la prima volta ho votato Craxi perché mi sembrava uno con la faccia onesta... E poi, se scambio il Darfur per una scatola di cioccolatini, da uomo di sport ci sta anche. Ma da politico, dai, che figura di merda”» (Verdelli, 2012) • «Ti sei mai ubriacato? “Per come la sbronza viene descritta nei film o come l’ho vista addosso a qualcuno, no. Però ricordo una sera in cui ci sono andato molto vicino, a Las Vegas. Eravamo a casa di Jimmy Vasser, mio compagno di squadra ai tempi dell’Indycar. Jimmy ha il manubrio di un Harley-Davidson con tanto di fanale, motore a scoppio, avviamento a strappo, solo che al posto del contachilometri ha l’attacco del frullatore ed è fatto apposta per fare il Margarita. Tu devi tirare la frizione, mettere la marcia, poi lasci la frizione e il frullatore comincia a girare. Mi sono ritrovato più tardi in un night mentre una lap dancer con ste due robe enormi artificiali mi ballava davanti agli occhi e ho detto: dove sono finito, in paradiso?” […] Come vorresti morire? “Contento”. Sulla lapide cosa ci scriviamo? “Aveva la testa più dura del marmo di questa lapide”» (Pisto) • «La fede ha un ruolo nella sua vita? “Perbacco! Non ho mai chiesto a nostro Signore di aiutarmi per problemi in cui potevo cavarmela da solo, ma ci sono stati dei momenti di confronto in cui sono certo di essere stato ascoltato. Mi rifiuto di credere che la nostra presenza in questo mondo sia solo il risultato di una combinazione chimica”» (Degl’Innocenti) • «Zanardi, su di lei abbiamo finito le parole, ci aiuti. “Una mi viene in mente. Quella che ho pensato quando ho tagliato il traguardo a Cervia e ho sentito di aver stabilito il nuovo record del mondo dell’Ironman: ‘Wow!’. È stato impagabile”» (Arrigoni).