Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  ottobre 22 Martedì calendario

Libra cede al dollaro

Libra mette la retromarcia. E con lei lo fa l’idea di una criptovaluta globale stabile e diffusa, quantomeno per ora. Non sono (più) solo gli analisti e gli osservatori del mercato a dirlo, ma David Marcus, il responsabile del progetto in Facebook e numero uno di Calibra, la sussidiaria con cui Menlo Park sta cercando di entrare nel mercato di pagamenti e transazioni di denaro. «Invece di avere una valuta sintetica potremmo avere una serie di stablecoin che rappresentano le valute nazionali sotto forma di token», ha dichiarato Marcus domenica, nel corso di un incontro a Washington. 
Questo vuol dire che Libra potrebbe nascere non come un’unica moneta internazionale ancorata a un paniere ma come una serie di monete legate alle singole valute nazionali. Ipoteticamente, potremmo quindi veder circolare il libra dollaro, il libra euro e la libra sterlina. «Quello che ci interessa è la missione e ci sono diversi modi per affrontarla», ha aggiunto Marcus, lasciando poi la porta aperta ad altre soluzioni e ribadendo che il debutto del giugno del 2020 potrebbe slittare a causa degli ostacoli normativi. 
Quest’ultimo è il primo motivo della possibile virata e dice molto sul destino dell’intero settore: come spiega Luca Fantacci, docente di Storia economica dell’Università Bocconi, «nel progetto iniziale la composizione del paniere di Libra avrebbe avuto un impatto sui tassi di cambio e una rilevanza geopolitica e sulla stabilità finanziaria. Così, invece, corrispondendo a ogni libra emessa tot euro o tot dollari, la moneta sarebbe più semplice e sicura (ammesso che ci siano coperture sufficienti, come sembra non essere accaduto nel caso dell’analogo – sulla carta – Tether, ndr)». E il dialogo con banche e regolatori ripartirebbe da basi più solide. 
C’è un però, anzi, più di uno: 1) parte dello scetticismo generale era dovuto al fatto che fosse un privato (con i suoi 20 partner dell’Associazione nata lo scorso 14 ottobre a Ginevra) a mettere in circolazione una valuta con una platea di partenza da più di due miliardi di utilizzatori. E questo non cambia, come non cambierà la pressante richiesta di normare il settore, di cui venerdì scorso si sono fatti portavoce i leader del G20. In attesa delle conclusioni del Financial stability board e riconoscendo i potenziali benefici in termini di innovazione, hanno ribadito che l’emissione delle stablecoin va vincolata a una valutazione dei rischi «compresi quelli relativi a riciclaggio di denaro, finanza illecita e sicurezza di consumatori e investitori». MasterCard e Visa, che erano i due pesi massimi del progetto Libra, dopo l’adesione iniziale hanno infatti preferito accantonarlo. 
2) In gioco non ci sono, ovviamente, solo gli interessi di Zuckerberg, che punta (molto) sulle transazioni di denaro per trovare modelli di business alternativi alla sola pubblicità online e difenderà le sue ragioni domani davanti al Congresso Usa. Al contrario, come spiega Fantacci, «questa vicenda sta costringendo le banche centrali nazionali a rispondere all’esigenza di avere una moneta elettronica al passo con i tempi, che permetta di inviare denaro con la stessa velocità con cui si ci scambia una foto e che sia distinta da quelle nazionali». A questo proposito, aggiunge Vincenzo Di Nicola, fondatore di Conio ed esperto, c’è da considerare «il ruolo della Cina, che ha reagito al roboante annuncio di Zuckerberg e David Marcus accelerando il suo progetto di una valuta virtuale nazionale», emessa dallo Stato. Secondo Rbc Capital Markets, la risposta americana all’e-yuan potrebbe diventare proprio il libra dollaro. Domani, dopo l’audizione al Congresso di Zuckerberg, ne sapremo di più.