Libero, 21 ottobre 2019
Professione ghostwriter
Il libro Le corna stanno bene su tutto. Ma io stavo meglio senza (Mondadori Electa) era in cima alla classifica Amazon per le prevendite dagli inizi di settembre, una quindicina di giorni prima che venisse pubblicato. Arrivato in libreria ha venduto 53mila copie in una sola settimana, ha battuto persino l’ultima e attesissima fatica di Stephen King, L’Istituto, e continua a macinare incassi. Il libro è firmato dall’influencer Giulia De Lellis che ha un bottino di quasi quattro milioni di followers su Instagram e che, qualche tempo fa, ha candidamente ammesso di non aver mai letto un libro in vita sua. Ma la De Lellis un libro non lo ha neanche mai scritto perché dietro il suo successo c’è la ghostwriter Stella Pulpo, 33 anni, autrice del blog Memorie di una vagina. Tramite la penna brillante della scrittrice, la De Lellis ha raccontato tutte le fasi del tradimento subìto da Andrea Damante fino alla sua decisione finale di rompere la relazione. Guido Saraceno, docente di Filosofia del Diritto all’Università di Teramo, ha attaccato la Pulpo perché, secondo lui, accettando di scrivere il libro della De Lellis «ha messo un’analfabeta in cima alla lista dei libri più venduti». L’editoria è piena di ghostwriter, autori di cui normalmente non si conoscono i nomi e che scrivono romanzi su richiesta. C’è chi ha trasformato quest’attività in un vero lavoro. In alcuni casi la firma dello sconosciuto compare in copertina con un carattere talmente piccolo rispetto a quello del personaggio famoso che solo un occhio molto attento riesce a notare. Eppure, questi sconosciuti sono dietro a molti grandi successi editoriali: Donald Trump deve molta parte della notorietà a The Art of The Deal, la sua biografia scritta dal giornalista Tony Schwartz: pubblicata nel 1987, rimase per 48 settimane nella classifica dei libri più venduti del New York Times e diventò un bestseller. Trump lesse un articolo firmato da Schwartz (tutt’altro che benevolo nei suoi confronti) e rimase così colpito dal talento del giornalista che decise di affidargli la stesura della sua biografia. Uno dei più incredibili casi editoriali internazionali è Open che racconta la vita di André Agassi: è stato scritto da J.R. Moehringer, un giornalista che ha iniziato la carriera come fattorino al New York Times e a 35 anni ha vinto il premio Pulitzer.
UN’INTERA SQUADRA
Wilbur Smith e James Patterson, sempre in cima alle classifiche di mezzo mondo (Smith è l’autore contemporaneo più venduto in Italia con quasi 30 milioni di copie), hanno assoldato nel corso degli anni una vera e propria squadra di autori che scrive al loro posto anche perché sarebbe materialmente impossibile avere una produzione letteraria così intensa senza alcun aiuto. La letteratura e il cinema ci hanno regalato straordinarie figure di ghostwriter, da quella struggente di Cyrano de Bergerac nella pièce di Edmond Rostand che scriveva per Cristiano le lettere d’amore rivolte a Rossana di cui era segretamente innamorato, a Nick Carraway, il narratore del Grande Gatsby di Francis Scott Fitzgerald, fino al Ghostwriter di Robert Harris che Roman Polanski ha portato al cinema nel 2010 con il film L’uomo nell’ombra. Negli ultimi vent’anni, da quando reali, attori, calciatori, imprenditori, politici e vip vari hanno cominciato a pubblicare le loro biografie, la figura del ghostwriter è diventata sempre più centrale nell’editoria. Alcuni non sono più fantasma, anzi sono diventati delle vere celebrità, come l’inglese Andrew Croft, lo scrittore ombra più richiesto e quindi più pagato: «Al cliente chiedo 130 mila euro per ogni lavoro, ma ho raggiunto anche il record di 780mila euro», ha detto in un’intervista qualche anno fa. Croft cominciò per caso a 17 anni quando lavorava come giornalista freelance e, mentre intervistava uno scrittore, questi gli propose di aiutarlo perché non riusciva a produrre tutti i libri che l’editore gli chiedeva. Da allora Croft non ha più smesso: su circa ottanta libri che ha pubblicato decine sono diventati bestseller. Ma voi, aspiranti scrittori, che inondate le redazioni di articoli e intasate la posta elettronica delle case editrici con i vostri manoscritti, non fatevi facili illusioni: la vita da ghostwriter, soprattutto in Italia, non è sempre scintillante come quella di Croft. Del resto, fino a qualche anno fa i francesi che mai si piegano agli inglesismi, chiamavano i ghostwriter “nègres littéraires” (recentemente, questo termine è stato sostituito da prête-plume che vuol dire penna in prestito). Da noi la paga media di uno scrittore-fantasma ingaggiato da una grande casa editrice si aggira sui 5mila euro, quelle più piccole offrono dai 1500 ai 2000 euro, ma ci sono anche penne che producono duecento o trecento pagine per soli 500 euro lordi. Nella maggior parte dei casi non sono previste percentuali sulle copie vendute a meno che non sia l’autore-fantasma a trattare direttamente con il vip e a proporre la biografia a un editore.
LA TESTIMONIANZA
Simona Camporesi è una ghostwriter che recentemente si è trasferita alle Canarie. Era assunta in una casa editrice, ma diversi anni fa ha deciso di licenziarsi e ha cominciato a lavorare come editor freelance, poi è diventata una scrittrice ombra. Simona spiega perché, nonostante le sue capacità, non ha mai pensato di pubblicare un libro con il proprio nome: «Se fai la ghostwriter hai un guadagno sicuro. Io prendo dai 6 agli 8 mila euro per 200 pagine, mentre per le biografie di personaggi famosi uno scrittore fantasma può chiedere anche 20mila euro. Se pubblichi un libro come esordiente, salvo casi eccezionali, guadagni meno. Scrivo soprattutto per piccoli imprenditori. La difficoltà maggiore è far capire che non siamo nel film The Ghostwriter dove il protagonista si trasferisce a casa del committente. Devi mettere dei limiti: il cliente non può pensare che sei in sua balìa, reperibile 24 ore su 24. Un buon ghostwriter è anche un po’ psicologo, deve cercare di cogliere la personalità del cliente attraverso parecchie ore di interviste su internet. Io cerco di immedesimarmi nel committente, di scrivere come farebbe lui, ma ci metto anche un po’ di me». I clienti? «Arrivano attraverso il sito web e la pagina facebook, ma soprattutto grazie al vecchio passaparola».