La Stampa, 21 ottobre 2019
Amore e boxe, Piaf e Cerdan 70 anni dopo
La notte in cui è morto Marcel Cerdan è nata una canzone, quel che resta di un amore, ancora vivo nonostante sia stato interrotto 70 anni fa.
Il 27 ottobre 1949 il pugile che deve combattere contro il toro Jack La Motta lascia Parigi, destinazione New York. Manca più di un mese all’incontro e il viaggio viene anticipato perché negli Usa c’è lei, Edith Piaf. Cerdan non ne può più di stare senza la donna che ormai tutto il mondo sa legata a lui. Ha una moglie e due figli, ma gli basta entrare in un ristorante, in un bar e subito parte «La vie en Rose». La Francia ha scoperto la relazione e approva, anzi adora questa coppia recente che unisce due idoli del Paese. Cerdan non fa che sentire quelle note e decide di partire, così sceglie la data del suo destino. L’aereo si schianta nella notte, prima delle 3: 48 morti, nessun sopravvissuto. La tragedia raggiunge Piaf in una camera d’albergo diverse ore dopo. Ha un concerto in programma e mentre si ubriaca per reggere il dolore rimette mano a «Hymne à l’amour» che ha scritto 4 mesi prima, dedicata al suo uomo. L’amore ormai morto. Canterà e sverrà sul palco, distrutta e spenta dai farmaci con cui si era imbottita. Da lì sarà sempre nebbia, fino alla scomparsa nel 1963. Non solo per la brutale fine della storia con il pugile, ma di certo perché quello è stato il colpo di grazia a ogni speranza di felicità.
Campione del mondo
I due si erano conosciuti solo un anno prima, proprio in America in una serata di rappresentanza. Passano poche settimane e Cerdan diventa campione del mondo, batte Tony Zale, a Jersey City. Un trionfo, il sogno di una carriera iniziata per mantenere la famiglia, papà di Roussillon, Provenza, e mamma spagnola trasferiti in quella che allora era Algeria in territorio francese. Lui nasce lì e cresce a Casablanca, il bombardiere marocchino: la boxe piazza etichette facili di cui la gente in strada si invaghisce. Cerdan rappresenta la Francia e il Nord Africa insieme, diventa un ponte tra Europa e colonie, uno di quegli sportivi che hanno costruito identità comune: fino ad allora di certo il più famoso.
Si batte di continuo perché ha bisogno di soldi, l’Italia lo scopre al Velodromo Vigorelli quando Cerdan si prende il titolo di campione europeo dei pesi medi contro Saverio Turiello, la pantera. È l’incrocio che dà la svolta, un match furioso in cui il pubblico capisce subito a chi andrà la cintura, è il 1939: da lì solo ascesa fino allo schianto di un decennio dopo. Neanche la sconfitta contro La Motta turba il campione. Perde mentre è rapito dalla cantante e si arrende prima della fine, al decimo round, proprio per non incassare inutilmente, per stabilire subito la data della rivincita: 2 dicembre 1949, nel tempio di Madison Square Garden. C’è tempo per riprendersi e seguire lei e la sua voce incredibile, c’è tempo per ispirare quell’inno all’amore «avremo per noi l’eternità» e così è andata.
Sono passati 70 anni e Cerdan è sempre il pugile senza paura. Il peso medio che ha vinto più di 100 sfide e non si è curato di quella che ha perso perché pensava a lei ed era sicuro di rifarsi purché fosse con lei, con Edith Piaf.
Restano due carriere indimenticabili, immagini struggenti, una valigia con la scritta «la Motta arrivo» e le iniziali E.C. (sintesi di Edith e Cerdan), ritrovata dopo il disastro aereo e andata all’asta nel 2013, lettere commoventi e un inno all’amore e alla boxe. Una canzone legata a una storia che forse non avrebbe retto al matrimonio di uno e all’inquietudine dell’altra, pure nel testo lei si chiede se si amano davvero. Solo per rispondersi che non è una domanda importante «nel cielo più nessun problema» ed è lì che sono rimasti nella notte tra il 27 e il 28 ottobre del 1949. Un anno in cui continuavano a cadere stelle.