«Perché ai totalitarismi non piace che le persone ridano. Il riso in quei regimi è punito».
Possiamo dire che il riso è democratico?
«Nelle antiche monarchie esistevano i clown di corte ai quali era permesso di far ridere, di giocare. I clown potevano fare quello che alle persone comuni era negato. Gli antichi romani avevano i Saturnalia, feste dedicate a Saturno durante le quali ci si poteva divertire. Ma si trattava comunque di una libertà confinata in un tempo limitato, come accade anche durante il carnevale».
Cosa la spaventa di più delle dittature?
«Che ognuno controlla l’altro».
Nel mondo dell’Ancella le spie si chiamano Occhi.
«C’è un film molto bello e molto crudo che racconta bene questa situazione, Le vite degli altri. Quel film spiega perfettamente come funzionava il lavoro della polizia segreta nella Germania dell’est. Era una società di spie, in cui si potevano tradire anche i propri genitori».
Per questo lei ama travestirsi, crede che mascherarsi sia una forma di libertà? Nella recente copertina che le ha dedicato il Sunday Times appare con i suoi ricci argentei al vento nei panni di una strega.
«Non ero necessariamente una strega, ma ha colto nel segno. Nelle dittature non si può osare, bisogna indossare sempre ciò che è prescritto».
È vero che la divertono i tarocchi e gli oroscopi?
«L’astrologia era una parte importante dell’arte rinascimentale.
L’astrologia, la lettura delle mani, i tarocchi, hanno tratti comuni. Mi dia la sua mano destra». (Lo sta facendo davvero, Margaret Atwood sta chiedendo alla sua intervistatrice di porgerle la mano per leggergliela).
«Qui c’è la linea dell’intelletto. L’altra è la linea del cuore. Molto interessante: la sua linea razionale va a finire nell’area dell’intuizione dominata dalla luna, s’insinua dentro la casa dei sogni».
Che cosa vuol dire?
«Che il suo intelletto non è separato dalla vita emotiva. Esistono dei siti per disegnare la propria mappa astrale. Comunque posso provarci anche io, le faccio vedere».
(A questo punto cerca gli occhiali nella borsa, chiede un foglio e prende una penna. Disegna un grande cerchio, lo divide in tanti spicchi che dice essere le costellazioni e continua a spiegare: lo zenit, il nadir, i pianeti…).
Il mondo attuale non sembra protetto da una buona stella. Che epoca stiamo vivendo?
«Il tempo della perturbazione».
Lei è nata nel 1939, tra poco compirà ottant’anni, e comunque sembra molto incuriosita dalla mutazione digitale del nuovo millennio. Su Twitter è attivissima.
«Voglio prendere confidenza con le nuove tecnologie, sapere come funzionano. In ogni tecnologia c’è una parte buona, una cattiva e una stupida. Mentre stavo scrivendo I testamenti qualcuno ha provato a rubare il file. Ladri della Rete, interessati ovviamente non a leggerlo ma a ricavarci guadagni. Difficile scoprirli, lavorano nel dark web.
Hanno agito mandando false mail in cui fingevano di essere altre persone».
Niente a che vedere con quanto è successo lo scorso settembre, quando un errore di Amazon ha messo in circolazione "I testamenti" prima del grande lancio a Londra?
«In quel caso non si è trattato di una frode ma di una falla tecnologica di Amazon che inavvertitamente ha liberato alcune copie».
Subito dopo l’uscita del romanzo lei ha perso suo marito, lo scrittore Graeme Gibson. Viaggiavate spesso insieme, è difficile continuare da sola?
«Graeme è morto circa un mese fa, il 18 settembre. Lei si starà chiedendo perché sia qui e perché non me ne stia a casa. La verità è che in questo momento per me è meglio stare in mezzo agli altri. Non che a casa mi senta sola, i miei familiari mi sono molto vicini, ma continuare a lavorare mi fa bene. Graeme mi manca, avevamo un rapporto strettissimo, siamo stati insieme 48 anni».
Che tipo di coppia eravate?
«Eravamo complici. D’altra parte le nostre ascendenze astrali sono molto compatibili (ride). Facevamo tante cose insieme, condividevamo molte attività, soprattutto in difesa dell’ambiente. Entrambi collaboravamo con Birdlife International, la più grande organizzazione al mondo per la tutela degli uccelli e dei loro habitat». Si alza per andare a prendere al buffet qualcosa da mangiare. Torna con uno yogurt e un po’ di uova strapazzate.
Lei è in prima linea anche sulle questioni femminili e non ha timore a definirsi femminista. Che tipo di battaglie sta facendo?
«Lotto per la difesa dei diritti delle donne insieme a un’organizzazione che si chiama Equality Now che si batte sul piano legale per mettere fine alle violenze, alle mutilazioni genitali, al fenomeno delle spose bambine».
Che cosa c’è alla base del suo attivismo?
«Credo in una tautologia: tutte le persone sono persone. L’estremismo di estrema destra invece vuole vietare ad alcuni esseri umani di essere considerati come persone».
La preoccupa l’ascesa dei conservatori nel suo Canada?
«Il loro leader Andrew Scheer è un mini Trump, sostiene una politica protezionistica e contro l’ambiente, ma bisogna considerare che in Canada abbiamo sei partiti, dunque i voti dei conservatori in termini assoluti non sono così tanti. Mi preoccupa invece quanto sta accadendo ai curdi. Sono inorridita dall’atteggiamento degli Stati Uniti e insieme a me lo sono molti americani».
Non aver vinto il Nobel, dopo essere stata data come la favorita, le è dispiaciuto?
«In realtà nessuno sa niente sui candidati, non ci sono comunicazioni ufficiali. Di Peter Handke mi dicono che ha scritto bei libri ma che le sue posizioni politiche non sono condivisibili. Non conosco la sua opera e la sua storia, dunque non posso pronunciarmi. A breve però dovrei incontrare Olga Tokarczuc per un’intervista insieme. Stiamo organizzandoci, sarà interessante».