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 2019  ottobre 21 Lunedì calendario

Il giorno dell’addio di Draghi

È un commiato che riguarda la dose di continuità da mantenere in futuro almeno tanto quanto l’omaggio al passato. Tra sette giorni Mario Draghi entra nell’ultima settimana da presidente della Banca centrale europea e per quel giorno, lunedì prossimo, è fissata a Francoforte la cerimonia dell’addio. Sarà a suo modo politica, a giudicare dai partecipanti: fra gli altri il capo dello Stato Sergio Mattarella, la cancelliera tedesca Angela Merkel, il presidente francese Emmanuel Macron. 
Qualcosa di simile accadde otto anni fa, al passaggio fra Draghi e il suo predecessore Jean-Claude Trichet. Anche allora c’erano Merkel e il leader francese del momento, Nicolas Sarkozy. Si era a uno dei passaggi drammatici della crisi dell’euro e la presenza dei leader fu l’implicita conferma del loro impegno e – per Merkel – una garanzia offerta al pubblico tedesco riguardo a un presidente italiano della Bce. 
Il linguaggio dei simboli conterà anche fra sette giorni all’arrivo di Mattarella, Macron e Merkel a Francoforte. Il cambio della guardia da Draghi alla francese Christine Lagarde cade mentre attorno all’economia europea e al palazzo della Bce si moltiplicano i segnali di tensione. È di settembre l’ultima decisione voluta da Draghi per sostenere l’inflazione e una crescita sempre più flebili in area euro: nuovi acquisti di titoli a oltranza, enorme liquidità a condizioni vantaggiosissime per le banche, rendimenti ancor più negativi per il denaro depositato e non investito. Quella linea ha prevalso a maggioranza su un’opposizione molto dura, fra gli altri, dalla Bundesbank, dalla Banca d’Olanda e – meno tagliente – dal governatore francese François Villeroy de Galhau. 
Da allora un gruppo di notabili in pensione delle banche centrali, quasi tutti nordeuropei, ha pubblicato una lettera aperta contro Draghi, quindi una fuga di notizie (senza precedenti) ha permesso di scoprire che alcuni comitati tecnici della Bce avevano sconsigliato certe misure poi deliberate in settembre. 
Non è semplicemente voglia regolare i conti da parte degli sconfitti degli anni di Draghi. È il tentativo di influenzare o intimidire Lagarde quando prenderà il posto dell’italiano in novembre. E non è solo uno scontro fra dottrine: Eiopa, l’autorità europea dei fondi pensione aziendali e delle assicurazioni, ha fatto capire che alcune aziende del settore sono in serie difficoltà, dati i rendimenti zero o negativi dei titoli offerti sul mercato. Di qui la pressione tedesca e olandese sulla Bce perché alzi i tassi, anche se l’area euro nel 2020 rischia di fermarsi o andare in recessione. 
Per l’Italia è una partita essenziale: qualunque mossa della Bce in discontinuità con Draghi può far salire ancora di più il debito pubblico in proporzione al prodotto lordo, perché spingerebbe l’inflazione verso il basso. Il calo del debito promesso dal governo per l’anno prossimo dipende tutto da un aumento dei prezzi previsto all’1,9%. E già oggi che l’inflazione viaggia appena allo 0,3% quella stima appare assai precaria.