Il Messaggero, 20 ottobre 2019
Un libro sul linguaggio di Trump
Siete rimasti colpiti dalla lettera in cui Donald Trump si rivolgeva al presidente turco come un bambino di terza elementare a un bullo di quarta: Non fare il duro, non fare il pazzo. Siete rimasti sconvolti dal suo commento post tregua: Turchi e curdi sono come due bambini che devono fare a botte, e menarsele un po’ prima di separarsi. Vi siete sbizzarriti a interpretare l’espressione della traduttrice seduta alle sue spalle, mentre sproloquiava di fronte al presidente Mattarella sui legami millenari tra Stati Uniti e Italia? Leggete il saggio di Bérengère Viennot.
I TIC
Troverete un repertorio ragionato delle prodezze verbali di Donald Trump, coi suoi tic ossessivi, il suo modo di bistrattare l’inglese, usando una sintassi sconclusionata, un lessico elementare, senza sfumature, impermeabile al pensiero complesso e costellato di invettive e sarcasmi, e dunque una lingua volgare, imprecisa, mendace, violenta, espressione di un rapporto fuorviante con la realtà e con la cultura, e implacabile specchio dei tempi.
Francese, dunque sensibile alla politica della lingua, traduttrice professionista e madre di un bambino dislessico, Bérengère Viennot, sebbene larvatamente antiamericana, ha tutte le carte in regola per una disamina severa della lingua di Trump.
IL SADISMO
E avanza nell’impresa senza censure e persino con un certo sadismo, che rende la cosa avvincente, a cominciare dalla prima esternazione del presidente americano, che in visita a Parigi di fronte all’ultrasessantenne Première Dame Brigitte Macron, esclamò: «You’ re in such good shape!» per poi voltarsi verso il presidente francese e ribadire: «She’s in such good physical shape». Molti media francofoni, all’epoca, tradussero alla lettera con un anodino Lei è in gran forma. E invece no. Bisognava tradurre Come si mantiene bene, o Lei ancora è niente male, osserva Bérengère Viennot; bisognava tener conto del contesto, del momento e della personalità del locutore, notorio sciupafemmine compulsivo, vanaglorioso teorico del grub them by the pussy (prendile per la fica), attratto dalle giovani e belle, tanto da confessare che se Ivanka non fosse sua figlia uscirebbe con lei, misogino impenitente sino a insinuare che una giornalista gli sia ostile perché ha il ciclo, e una rivale all’investitura repubblicana, alias Carly Fiorina, non sia votabile per la faccia che ha..
Altro errore imperdonabile, tradurre con topaia, come fece Libération, la metafora usata da Trump durante una riunione nello studio ovale per le migliaia di migranti che arrivavano da shitholes countries come Haiti e Salvador, mentre Le Monde tradusse giustamente paesi di merda, e i media greci ancora più giustamente paesi di cessi
I CODICI
Il fatto è con la sua elezione alla Casa Bianca, Donald Trump, il miliardario antisistema, il paladino del white trash, la feccia bianca esclusa dai giochi delle élite politicamente corrette, e dai grandi giornali, che infatti lo odiano, ha distrutto i codici politici tradizionali, sul piano sociale, morale e sul piano della comunicazione, avverte la francese. Sin dall’inizio ha dimostrato che non si sarebbe piegato agli usi formali della presidenza, rinunciando a ringraziare il suo predecessore. E ha continuato a farlo impunemente, stravolgendo usi e consuetudini, a cominciare da quelli basilari di una sintassi ferma e sicura, spazzata via da forme frammentarie e traballanti, ma di sicuro effetto, affidati ai suoi tweet.
Rem tene verba sequentur, raccomandavano gli antichi. Con Trump, siamo al trionfo del divario tra le parole e le cose, e il campo è aperto all’improvvisazione, con tutti i rischi che ne conseguono, non ultimi quelli connessi all’emulazione planetaria di un modello che è riuscito a sdoganare il peggio, non è chiaro se perché egli stesso dislessico e linguisticamente disfunzionale, o perché sin troppo adatto ai tempi in cui viviamo.